Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Trapiantati sulla costa da anni le radici e la rete del clan veneto
Da Casal di Principe a Eraclea: quando Donadio diceva «non sono un camorrista»
ERACLEA (VENEZIA) All’epoca, nel 2013, Luciano Donadio protestava la propria innocenza. Affioravano, insistenti, le voci sempre più insistenti di affiliazione alla camorra. Ieri mattina suo figlio Adriano usciva di casa scortato dagli agenti. Parka blu col cappuccio calato fino a metà volto. L’altra metà coperta da una uno sciarpone grigio. Direzione carcere. Nel frattempo, affiora ben altro dall’ordinanza di custodia cautelare. «Il sindaco è nostro», gongolano Donadio e i suoi.
«Vengo discriminato ma non sono un camorrista», si lamentava nel 2013 Donadio. Imprenditore edile di 53 anni originario di Casal di Principe e da oltre 20 anni a Eraclea, in un’intervista prendeva le distanze dalle voci che lo additavano come camorrista. Suo nipote aveva presentato domanda per partecipare al bando per uno stabilimento balneare e in paese non si parlava d’altro. Ieri, invece, Donadio è stato arrestato perché considerato uno dei referenti dei Casalesi. Alle spalle ha «solo» un patteggiamento di un anno e otto mesi per usura. Accusa, questa, dalla quale si è sempre difeso proclamandosi innocente e dicendosi costretto a patteggiare per tutelare le sue società. Quell’episodio se lo è lasciato alle spalle ma adesso Donadio è accusato di aver «costituito, finanziato e diretto l’associazione» e di aver mantenuto i rapporti con il gruppo Schiavone e le altre famiglie del clan dei Casalesi, collaborando con Raffaele Buonanno, 59enne di Eraclea. Arruolava, stabiliva i compensi e quando non poteva occuparsi di qualcosa si affidava ai suoi più stretti collaboratori. Tra loro ci sono Christian Sgnaolin, 45 anni di Jesolo, titolare della «Imperial Agency», azienda di tutela e sicurezza sul lavoro. Era lui a dirigere tutto se Donadio e Buonanno non c’erano: dalla gestione delle società al reimpiego dei proventi all’estero alle estorsioni. Gli altri due fedelissimi erano Antonio Basile, napoletano trapiantato a Mestre di 58 anni, ex imprenditore e poi «direttore» dell’attività dei prestanome delle società e persona che procurava armi, che commetteva estorsioni e che gestiva la prostituzione, e Giuseppe Puoti, commercialista 61enne di Villa di Briano.Il nome di Donadio era emerso anche alcuni anni fa dopo il fallimento dell’azienda di Graziano Poles, jesolano di 69 anni, altro indagato. Poles teneva i rapporti con l’amministrazione comunale di Eraclea, in particolare con Graziano Teso, finanziando la sua campagna elettorale nel 2006 in cambio di favori.
Luciano, però, non è l’unico Donadio al centro dell’inchiesta: ci sono anche il figlio Adriano, che da giovanissimo faceva il modello e oggi gestore di una sala scommesse a Eraclea, e Claudio, che si intestava quote societarie e conti correnti.Tra i ruoli di spicco c’era anche quello di Vincenzo Chiaro, napoletano, in passato collegato allo scandalo della Banca Carige e ritenuto legato alla ‘ndrangheta, in particolare alla cosca RasoGullace-Albanese. E poi Antonio Pacifico, imprenditore del cartongesso ritenuto già in passato legato alla camorra nell’ambito della truffa da 4 milioni di euro ai danni del Banco di Napoli, indagine che aveva fatto spiccare i nomi di altri indagati tra cui Luigi Vigliero, il leccese Luigi Paolì e i fratelli Raffaele e Antonio Buonanno. Tra gli altri affiliati Raffaele Celardo, 34enne di San Donà che nel 2009 era stato arrestato dopo aver sparato contro la vetrina di un bar; Tommaso Ernesto Pizzo, 52enne di Zero Branco, denunciato qualche anno fa dopo aver procurato un falso allarme bomba in tribunale a Treviso per far saltare l’udienza di messa all’asta della sua villa; Mauro Secchiati, jesolano di 39 anni che in passato aveva favorito il traffico di droga con una società di vigilanza; Paolo Valeri, agente immobiliare di Eraclea già indagato per truffa; Andrea Giacoponello, legato al clan Santapaola; Fabio Sartorel, che ha patteggiato per un traffico di droga diretto da Lino e Luciano Maritan; Pietro Nicolosi e Angelo Primo Sciortino, catanesi ritenuti in passato legati alla mafia e i due albanesi di Jesolo Lefter Disha ed Elton Koka, coinvolti in un tentato omicidio a gennaio nella località balneare.
1,8 Donadio ha un solo precedente: 1,8 anni patteggiati per usura ‘06 Nel 2006 sarebbe stata finanziata la campagna di Teso