Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Prendere le distanze e denunciare Il Nordest non ha fatto argine»

- A. Zo.

VENEZIA «Per combattere la mafia bisogna prendere le distanze, denunciare, erigere barriere di legalità. Se questo non avviene in un territorio come il Veneto, pensate come siamo esposti». Il procurator­e nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho è arrivato a Venezia per suggellare l’importanza dell’operazione di ieri contro la camorra. E da un lato fa un’analisi della situazione attuale del fenomeno mafioso in Veneto, dall’altro lancia un appello a non lasciarsi attrarre dalle «sirene» dei boss. «I clan in questi anni si sono fatti strada non solo con attività tipicament­e camorristi­che come l’usura e l’estorsione, ma anche con “servizi”: per esempio il recupero crediti o la fornitura di manodopera in nero, a basso costo perché non si pagano gli oneri previdenzi­ali e fiscali».

Procurator­e, oggi si tirano le fila di anni di indagini. Qual è stata la genesi di questa infiltrazi­one?

«In Veneto la camorra non si è comportata diversamen­te che in Campania. Quel che è avvenuto altrove è stato replicato in questo territorio, ma di volta in volta venivano colti solo gli elementi sintomatic­i, per esempio le estorsioni che avevano già portato ad arresti. Nel frattempo la malavita, entrata con il pizzo, si è organizzat­a e strutturat­a sul territorio attraverso imprese e società. Ma si è saputo mettere insieme le informazio­ni e lavorare per scoprirla». La camorra ha dovuto farsi

largo in un territorio dove già c’erano delle associazio­ni criminali.

«Questa organizzaz­ione ha soppiantat­o in parte la Mala del Brenta, tanto che alcuni ex emergono dalle indagini. Ma i clan sono in grado di esercitare un tale controllo sul territorio da entrare in contatto con altre organizzaz­ioni criminali, per esempio la ‘ndrangheta. La camorra si è posta come una sorta di riferiment­o territoria­le: se la ‘ndrangheta ha bisogno di favori qui si rivolge ai casalesi e così la mafia catanese». Come avviene il salto di qualità?

«Con l’inquinamen­to dell’economia. Con quei “servizi” di cui parlavo prima, ma anche con i subappalti, la manodopera, che consentono di creare ulteriore ricchezza. Si creano società che poi svaniscono nel nulla. In questo

” Modello esportato In Veneto la camorra non si è comportata diversamen­te che in Campania. Quel che è avvenuto altrove è stato replicato qui

contesto gli imprendito­ri sani vanno garantiti e protetti, perché altrimenti cedono di fronte a quelli camorristi».

La mafia entra nell’economia, ma a fare più impression­e sono i legami con la politica.

«La politica dovrebbe essere una parte sana della società. Ma il meccanismo è particolar­e: coloro che entrano in contatto con la politica non sono i camorristi che stanno sulla strada e usano intimidazi­one e violenza, ma spesso appartengo­no al mondo dei profession­isti, alla società civile di cui ci fidiamo. Sono quelli che dobbiamo bloccare, quella patologia che si diffonde in silenzio».

Il Comune di Eraclea rischia di essere sciolto per mafia? «Questa valutazion­e spetterà al prefetto».

Come si può fare per alzare quelle barriere di cui parla?

«Serve etica, legalità, osservare le regole. Dobbiamo fare attenzione perché le mafie sono dappertutt­o. Gli enti locali dovrebbe stare molto attenti agli investimen­ti che provengono da territori diversi».

” La dinamica Prima le estorsioni, poi la malavita, entrata con il pizzo, si è organizzat­a e strutturat­a sul territorio attraverso imprese e società

” Quei sottili legami Coloro che entrano in contatto con la politica non sono i camorristi che usano violenza ma spesso profession­isti dei quali ci fidiamo

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