Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ha ammazzato la sua ex ora rifiuta la Cassazione
Delitto di Grisignano, 30 anni di carcere per l’imprenditore
GRISIGNANO (VICENZA) Il suo legale aveva già perfezionato il ricorso per Cassazione, pronto a dare battaglia per ottenere uno sconto di pena sui 30 anni di carcere, ma Davide Tomasi che ha ucciso la sua ex Monica De Rossi nel 2016, non vuole.
VICENZA Il suo legale aveva già perfezionato il ricorso per Cassazione, pronto a dare battaglia anche in terzo grado per ottenere uno sconto di pena, per insistere sulla gravità del disturbo della personalità che avrebbe influito anche quando ha deciso di togliere la vita alla sua ex, la sua ossessione.
Ma lui, Davide Tomasi, non ne ha voluto sapere. E non per mancanza di stima e riconoscenza verso il suo legale, l’avvocato Letizia De Ponti. Anzi. Semplicemente, ha voluto rinunciare. Forse anche in considerazione dell’esito dei primi due gradi di giudizio. Sta di fatto che non si è mosso dalla sua decisione. «Non intendo continuare, mi metto l’anima in pace e sconto la mia pena a trent’anni», le parole del 40enne di Grumolo delle Abbadesse, determinato quanto rassegnato. Remissivo.
E ha anche messo per iscritto la sua scelta. Ponderata. Ben sapendo che è destinato ad invecchiare in una cella. Che dovrà attendere trent’anni (tre di fatto gli ha già scontati) per ottenere un biglietto di ritorno alla vita normale, senza più restrizioni e vincoli. Perché tanti sono gli anni di carcere confermati dalla Corte d’Appello di Venezia l’estate scorsa, quando per la prima volta davanti a un giudice Tomasi ha usato parole di pentimento. «Mi dispiace per il dolore arrecato, avrei voluto morire io», ha detto, contrito, l’ex titolare di palestra e body builder.
Nei suoi progetti doveva infatti morire con Monica De Rossi quel 4 aprile 2016, nella villetta in vendita di Pojana di Granfion, a Grisignano di Zocco. Quella villetta disabitata che la bella agente immobiliare di 47 anni, madre di tre figli, gli stava mostrando per lavoro: solo una trappola dell’uomo per riuscire a rimanere solo lei, che lo aveva lasciato, esasperata dalla sua assurda gelosia. La possibilità, l’ultima, per il 40enne, di parlarci ancora una volta viso a viso. Di mettere in atto il suo terribile piano di morte. Così l’ha pugnalata alle spalle con un coltello da combat, trascinata in uno sgabuzzino e si è chiuso dentro a chiave con lei, svenendo accanto al cadavere, in uno stato comatoso per la dose massiccia di insulina e ansiolitici assunti.
Un omicidio premeditato che sarebbe valso all’40enne l’ergastolo se non avesse scelto il rito abbreviato che gli ha concesso lo sconto di un terzo della pena. Una sentenza che di fatto è definitiva: per quanto non sussista il passaggio in giudicato, manca solo un passaggio burocratico, quello all’ufficio esecuzioni.
Così come sarà definitiva la provvisionale stabilita dal giudice di Vicenza e confermata in secondo grado per i tre figli della vittima e i sei fratelli, di oltre un milione di euro complessivi (destinati a rimanere sulla carta detto che quanto in possesso di Tomasi, circa 50mila euro, sono già stati liquidati al figlio più piccolo dell’ex, all’epoca rimasto senza mamma quando era ancora minorenne).
Non è invece definitiva la struttura detentiva: Tomasi verrà probabilmente trasferito a stretto giro nel carcere di Padova, dove potrà scontare la lunga pena (cosa che non è possibile al carcere di Vicenza, casa circondariale). Lì, sempre seguito anche nella fase esecutiva dall’avvocato De Ponti, potrebbe chiedere di lavorare nei laboratori della pasticceria interna, la Giotto. Dove da quindici anni a questa parte ogni giorno quaranta detenuti pasticceri sfornano prodotti artigianali che hanno ottenuto anche dei riconoscimenti. Le basi, Tomasi, le ha già: nel corso della sua detenzione al San Pio X ha infatti seguito un corso di pasticceria e a Padova avrebbe la possibilità di mettere in pratica quanto imparato.