Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
INCIDENTI, STRAGE SENZA ETÀ
Al di là dei disastri naturali motivati dalla stupidità umana, al di là dei femminicidi di cui la cronaca ci dà notizia quotidiana, al di là delle malattie che la scienza ha imparato a contenere se non a sconfiggere, non c’è fine settimana in cui non s’interrompano esistenze umane a causa di incidenti d’auto, ormai una delle più frequenti cause di morte. Quasi sempre in autostrada, di notte, in corsa verso una discoteca o di ritorno dopo qualche ora di alcol e droga, quando agisce un’altra droga, quella della velocità che fa sentire potenti, eroi che s’immortalano in selfie cercando la gloria dei like. Proviamo pena per le vite stroncate, certo, pensiamo che sarebbe potuto capitare a chi ci è caro; però proviamo anche rabbia per la follia degli «attori» di queste tragedie in cui caso e imprevedibilità si confondono con il rischio suicida, con la (inconsapevole?) pulsione di morte che va a braccetto con una fittizia allegria di vivere. In un solo fine settimana, oltre ad altre imprese catastrofiche, c’è stata quella particolarmente tragica e gratuita in cui due giovani (uno padovano) in Bmw, nel tratto modenese della A1 e diretti a Rovigo per festeggiare un compleanno, han lanciato la macchina come un missile fino a 220 km all’ora, l’uno guidando l’altro filmando e postando su Facebook l’impresa poi risultata mortale. E lo scopo era «fargli vedere», agli amici di rete, quanto la macchina-mostro era in grado di correre.
Sempre nella stessa serata, nel Vicentino, un’altra auto ha centrato sulle strisce un ragazzo, stavolta fortunatamente senza esiti mortali. Ma anche in questi casi c’entra il brivido della velocità. Dell’arrivare prima, magari solo di qualche secondo, neanche si trattasse di salire sul podio di Formula 1. Vittoria su se stessi? Sulla vita? Spesso chi guida così è una persona giovane, dunque non è del tutto vero che è l’età anziana la madre dei più gravi incidenti. Di solito gli anziani guidano piano, non parlano al cellulare, non sono sballati. Possono però essere più portati alla disattenzione o colpiti da malore, come la padovana morta alla guida giorni fa, o imboccare contromano senza accorgersene una strada a senso unico. In genere però usano l’auto per far sempre la stessa strada, per andare al supermarket o a far da baby sitter ai nipotini. Margherita Hack ha protestato vivacemente quando s’è vista rifiutare il rinnovo della patente che le permetteva di raggiungere l’ufficio (però aveva novant’anni, due bastoni e una badante al seguito). Insomma a tutte le età i motori possono essere pericolosi, per cui l’uso dei mezzi pubblici sarebbe spesso più opportuno di quelli privati. E soprattutto chi guida i mezzi destinati a trasportare bambini dovrebbe essere controllato - così come gli scuolabus (ab)usati-, e non dovrebbe darsi alla fuga, per senso di colpa, in caso di ribaltamento. Insomma guidiamo male, peggio che in altri Paesi europei. E se le penalità inflitte a chi guida male sono servite a qualcosa, evidentemente non basta. Forse sarebbe utile anche il ripristino dell’educazione civica a scuola, scioccamente abolita negli ultimi anni. È calato il senso di responsabilità. Va recuperato subito.