Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Falliscono i proprietari veneti di Mercatone Uno: 130 a casa
Fallisce Shernon Holding, detenuta dalla Maiora di Padova: «In soli sei mesi 80 milioni di debiti» Ai dipendenti solo un whatsapp nella notte: «Non venite a lavorare». La rabbia di clienti e fornitori
VENEZIA Chi era sveglio e ha aperto Whatsapp ha passato il resto della notte in bianco. C’era scritto che Mercatone Uno è fallita. Faceva capo a Shernon Holding, società di Maiora Invest, con sede a Padova, e riferibile all’imprenditore Valdero Rigoni, 58 anni, di Creazzo: 130 i dipendenti veneti.
VENEZIA I messaggi sullo smartphone lasciato acceso sono arrivati in successione fra le 3 e le 6 del mattino. Chi era sveglio e ha aperto Whatsapp ha passato il resto della notte in bianco. C’era scritto, in buona sostanza, che era inutile più tardi presentarsi al lavoro, perché Mercatone Uno è fallita. Stamattina non si apre. Hanno agito così, indistintamente, inviando ai dipendenti un messaggio sul telefonino, tutti i direttori dei 55 punti vendita rilevati nell’agosto scorso da Shernon Holding, società che appartiene interamente a Maiora Invest, con sede a Padova, e riferibile all’imprenditore vicentino Valdero Rigoni, 58 anni, di Creazzo. A decretare il default è stato giovedì il Tribunale di Milano dopo un’istanza presentata il 30 marzo da due società fornitrici, una delle quali iscritta all’associazione di creditori istituita pochi giorni fa a Bassano del Grappa su iniziativa di William Beozzo, presidente di Confimi industria Veneto. Eppure sono passati solo sei mesi da quando Rigoni, dalle colonne di quotidiani nazionali, annunciava investimenti per 30 milioni sul pacchetto di negozi acquisiti dall’amministrazione straordinaria del gruppo della distribuzione di Imola (altri 13 erano andati con effetti più fortunati a Cosmo Globo) e un progetto di rilancio per raddoppiare il fatturato entro il 2022.
«Invece da allora i debiti hanno superato gli 80 milioni e le perdite si calcolano in 5,5 milioni al mese – fa presente Beozzo – e il giudice di Milano ha assunto la migliore decisione con grande velocità. Adesso auspichiamo che la gestione torni al più presto in mano all’amministrazione straordinaria, che i negozi riaprano quanto prima sia per non perdere l’avviamento sia per non danneggiare i dipendenti. Quasi 130 famiglie vivono grazie ad un posto di lavoro in Mercatone Uno (che in Veneto ha i quattro magazzini di Noventa Padovana, Occhiobello, Carrè e Legnago ndr). Senza considerare tutta la catena della fornitura, un indotto che coinvolge in Italia quasi diecimila persone».
E senza generare ansie anche nei consumatori dato che sono numerosi, almeno a leggere gli interventi nella pagina Facebook dell’azienda, coloro i quali ieri si erano recati ai negozi trovando porte sbarrate. «C’è un problema serio anche con la clientela – ha fatto presente ad esempio Luca Chierici, della Cgil di Reggio Emilia –. Molta gente si è presentata nei punti vendita per ritirare merce si cui aveva già versato acconti nei giorni scorsi per migliaia di euro». Ma gli ordini erano questi, ricevuti dai direttori direttamente da Rigoni, a quanto pare anche in questo caso tramite un canale video Whatsapp creato dal presidente per comunicare con i suoi dirigenti.
«Noi abbiamo detto ai lavoratori - spiega Margherita Grigolato, segretaria Filcams Cgil del Veneto - di presentarsi comunque ai loro posti. Erano sbigottiti peraltro per il fatto di aver ricevuto, appena pochi giorni fa, sempre con messaggini personalizzati, ampie rassicurazioni dello stesso Rigoni rispetto alla stabilità della situazione, assieme ad esortazioni a non dare alcun credito ai segnali invece molto preoccupati, vista la nuova richiesta di concordato in continuità presentata in aprile da Shernon, sollevati da sindacati». Sindacati che hanno chiesto subito, ieri mattina, di anticipare il confronto con la proprietà al Ministero dello sviluppo economico. Istanza colta al volo dal ministro Luigi Di Maio che ha convocato le parti per domattina. E sempre domani,nel punto vendita di Legnago, il sindacato ha organizzato un primo presidio, sperando che nel frattempo la magistratura di Milano riaffidi le redini agli amministratori straordinari e che i negozi possano riaprire.
A non convincere i sindacati, tuttavia, sono anche alcune fasi in cui i commissari sono rimasti inerti di fronte alla realtà che non tornava rispetto ai piani presentati: «Già nei primi mesi – spiegano - buona parte dei soci di Shernon sono usciti; e con il passare del tempo, la mancanza di finanziamenti e liquidità ha fatto scarseggiare la merce nei magazzini già a fine 2018». Siamo di fronte ad un nuovo caso di società opaca che sfrutta gli spazi aperti dalle leggi fallimentari? «Se Shernon è una lavatrice di denaro dubbio – è la chiosa di Beozzo – siamo certi che la magistratura di Milano saprà esporre i panni al sole».