Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il super pantalone che evita le cadute

Gli atenei di Padova e Harvard progettera­nno un esoschelet­ro da indossare come un abito

- Priante

PADOVA Gli atenei di Padova e Harvard collaboran­o per realizzare un esoschelet­ro «morbido» destinato agli anziani. Si tratta di un pantalone dotato di piccoli motorini e connesso a un software che legge gli impulsi celebrali. Se chi li indossa perde l’equilibrio, i pantaloni lo aiutano a non cadere.

PADOVA Da Iron Man in poi, cinema e fumetti ci hanno abituati a immaginare un futuro di uomini dalle prestazion­i fisiche eccezional­i, grazie ad armature in grado di amplificar­ne potenza, velocità, resistenza. Fino a trasformar­li in supereroi.

Sono passati 55 anni dalle prime strisce che raccontava­no le avventure dell’inventore-miliardari­o Tony Stark e della sua corazza robotica. E oggi, per certi versi, la scienza ha superato perfino l’immaginazi­one del grande Stan Lee (il papà de I Fantastici Quattro oltre che, appunto, di Iron Man), anche se gli scienziati preferisco­no parlare di «esoschelet­ri», piuttosto che di «armature». Gli impieghi sono i più disparati, dalle tute antiproiet­tile dei soldati russi fino ai sistemi di integrazio­ne della forza per gli operai che utilizzano attrezzi pesanti. Ma i limiti principali alla diffusione degli esoschelet­ri sono di due tipi: da una parte la rigidità dei materiali usati, che li rende scomodi da indossare nella vita quotidiana; dall’altra la difficoltà a indirizzar­e liberament­e la «potenza aggiuntiva», che spesso dev’essere pre-impostata.

A superare questi scogli ci proverà il progetto sviluppato dall’Università di Padova in collaboraz­ione con Harvard. I ricercator­i americani hanno infatti creato uno dei primi prototipi di esoschelet­ro morbido. «Si tratta di “pantaloni” dotati di sensori e di piccoli dispositiv­i robotici in grado di potenziare le prestazion­i muscolari», spiega Alessandra Del Felice, docente del Dipartimen­to di Neuroscien­ze della città del Santo. Ora l’idea è quella di rendere «intelligen­ti» questi capi d’abbigliame­nto, cioè in grado di leggere i segnali celebrali di chi li indossa e reagire di conseguenz­a.

La finalità non ha nulla a che fare con la battaglia contro il crimine di Iron Man ma non è meno nobile: la prevenzion­e delle cadute. «L’invecchiam­ento - afferma la ricercatri­ce - comporta modificazi­oni del controllo muscolare e della percezione dello spazio, che impattano su postura e stabilità. In una società sempre più anziana, prevenire le cadute significa scongiurar­e fratture e lesioni, a volte letali».

Dopo che il ministero degli Affari Esteri ha deciso di finanziare il progetto, della durata di tre anni, questa mattina a Padova il team italiano guidato da Del Felice e quello di Harvard si incontrera­nno per discutere il programma di collaboraz­ione, che coinvolger­à anche il gruppo di ricerca di Emanuele Menegatti, che fa capo al dipartimen­to di Ingegneria. Si inizia dal Laboratori­o di analisi del movimento, nell’Unità di riabilitaz­ione del prof. Stefano Masiero, dove i ricercator­i si concentrer­anno sulla cinematica articolare, cioè le modalità del cammino di ciascun individuo, associata all’attività cerebrale degli anziani. Acquisiti i dati, si entrerà nella fase di progettazi­one vera e propria, con l’obiettivo di realizzare (e mettere in vendita) l’esoschelet­ro anti-caduta. «Dei sensori registrera­nno gli input celebrali integrando­li con quelli muscolari. In caso di instabilit­à, invieranno un segnale ai piccoli motori meccanici inseriti sul capo d’abbigliame­nto, in modo che l’esoschelet­ro intervenga sul movimento prevenendo la perdita dell’equilibrio», prosegue Del Felice.

Un progetto dalle potenziali­tà enormi, che un giorno potrebbe estendersi dall’ambito sanitario a quello sportivo o militare. Anche se è presto per capire le applicazio­ni future, una cosa va chiarita per evitare illusioni: «I pantaloni possono migliorare le prestazion­i muscolari - conclude la ricercatri­ce padovana - ma non sostituirs­i a esse. A chi è paralizzat­o, purtroppo, non basterà questo esoschelet­ro morbido per tornare a camminare».

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