Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Parroco a caccia del sabotatore delle campane
Le campane non suonano più a Santa Maria nel piccolo centro vicentino di Monteviale Alto. Il silenzio ha insospettito il parroco: c’è stato un sabotaggio.
Il guastatore, MONTEVIALE (VICENZA) non digiuno di elettrotecnica, munito di guanti e tronchese, forse poeta («non chiederti per chi suona la campana, essa suona per te», John Donne) ha agito alle sei di sabato pomeriggio, col sole alto, in piena vista, sul sagrato della chiesa di Santa Maria a Monteviale alto. Un colpo ben assestato e zac, le campane sono state messe fuori uso. Taglio professionale, competenza tecnica oltre a un fastidio acustico che provava solo lui a quanto pare - lo spiegherà ai carabinieri che sono sulle sue tracce - certo che il sabotatore sapeva dove passano i cavi di alimentazione della torre campanaria – su un muro, sotto la base – e come tagliarli senza restare fulminato. Tre i cavi, alimentazione, servizi Internet, uno dei quali con la corrente a 400 volt.
Alle 19 don Antonio Uderzo era in canonica e, come sempre, aspettava il rintocco delle 19. Non sentendolo è uscito, è andato al quadro di controllo e, in effetti, visto che il pulsante salvavita era staccato, l’ha ricollegato. Quindi si è rimesso in ascolto. Ancora niente, il campanile era muto. Gli è venuto in mente che c’è un secondo quadro di controllo. Ha controllato anche questo, l’ha sistemato. Di nuovo niente. Le campane erano sorde. Esperto di anime ma non di circuiti elettrici si è rassegnato.
La società di servizi Telemar che gestisce l’impianto – un meccanismo programmato, scampanata per 30 secondi ogni mattina alle 7, tanti rintocchi ad ogni ora quante sono le ore, un rintocco alla mezza e altra scampanata alle 12 e alle 8 sera – ha registrato l’interruzione del servizio esattamente alle 18 e 10 secondi. Il giorno dopo, la domenica, i tecnici sono usciti per controllare. Anche i carabinieri sono usciti e ora don Antonio è un po’ avvilito, il paese è sottosopra e tutti si chiedono chi tra loro è il reprobo che ha osato tanto. «Le campane ci sono sempre state, io non le sento neanche più, sono un’abitudine – dice una signora – quello che ha tagliato i cavi deve essere uno nuovo».
È una pista, ma non è l’unica: la platea dei possibili insofferenti all’antico stormire si è allargata con la modernità, i tempi sono cambiati e anche i gusti assieme alle reciproche tolleranze, siamo abituati ai trilli del telefonino, alle voce di Alexa (la robotina casalinga che ora va per la maggiore), agli elettrodomestici che ci parlano e nessuno più sui campi va a regolarsi con il suono delle campane, il giardinaggio non ne ha bisogno, sicché anche le campane possono dare fastidio tanto che le loro intemerate sono regolate per legge e le curie fanno attenzione a non disturbare. Don Antonio ieri ha raccontato alla stazione dei carabinieri di Montecchio Maggiore quello che più o meno ha detto a noi. «C’è stata una lamentela un mese fa su Facebook, qualcuno ha avuto da ridire. Qualcun altro ha risposto e non era d’accordo, questo cose mi sono state riferite, io non sono connesso a Facebook. Circa venti giorni fa un signore mi telefona e mi dice che le campane disturbano lui, la moglie e i figli che vanno a scuola. Io ribatto che non è poi così un disturbo, qui suonano per 30 secondi mentre a Gambugliano vanno avanti anche per tre minuti. Lui ha detto che non capivo niente e ha borbottato qualcosa sulle campane a morto non so se per me o per chi».
Monteviale non è il paese di don Camillo e sor Peppone, qui in alto, su uno dei colli più esclusivi di Vicenza, governa una lista civica amica della Chiesa, l’assessore Dino Cagliaro era un dirigente dell’Azione Cattolica prima di essere eletto e la sindaca, Elisa Santucci, è una «campanara» convinta: «Mi sono iscritta alla scuola Campanari di San Marco per imparare a suonarle e quello che è successo è inqualificabile».
I primi a essere sospettati sono stati un gruppo di ragazzini che alle sei di sabato impennavano le bici sul sagrato della chiesa. Uno di questi, sguardo basso e apparecchio tra i denti, nega di essere stato lui, lui ha l’alibi, «alle sei ero al campo da calcio». L’Arma che ha il cuore d’oro ma deve fare il suo mestiere ha interrogato lui e anche la madre: «Non so chi ha fatto il nome di mio figlio che però per tagliare quei fili doveva avere un tronchese più grande di lui, i carabinieri sono stati i primi a riconoscerlo». Le ricostruzioni sono fumose. Le telecamere a circuito chiuso potrebbero mettere fine al mistero ed è probabile che sia quel che accadrà.