Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Cottarelli apre all’autonomia «uniforme»
L’uomo della spending review: «Lega e 5s non faranno cadere il governo»
CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) «L’autonomia? Di per sé non è una cattiva idea. Ma deve essere uniforme, non differenziata su base regionale. Altrimenti è un casino». Parola di Carlo Cottarelli, l’uomo della spending review.
La sala di Cortina d’Ampezzo è piena all’inverosimile per l’ex commissario (nominato da Enrico Letta) alla revisione della spesa pubblica, invitato sabato da «Una Montagna di Libri» per la presentazione di «I sette peccati capitali dell’economia italiana» (Feltrinelli), in una conversazione con Alessandro Russello, direttore del Corriere del Veneto.
Sono venuti in tantissimi ad ascoltare l’uomo che Sergio Mattarella aveva incaricato, nei giorni convulsi del maggio 2018, a provare a formare un governo, in attesa che Lega e Cinque Stelle si mettessero d’accordo. L’accordo ci fu, la nomina sfumò: Cottarelli resta ascoltato esperto e professore di economia, oltre che autore apprezzato, anche quando le sue ricette suonano drastiche.
«Se mi chiedete quali sono le tre urgenze per riformare l’Italia, nomino queste su tutte: tagliare la burocrazia, tagliare la burocrazia, tagliare la burocrazia», dichiara in esordio.
Chiamato da Russello a commentare il dibattito sul federalismo differenziato e sulla «autonomite» che ha preso un po’ tutte le regioni, Cottarelli è ugualmente sicuro: «L’autonomia tutti la vogliono per sé ma nessuno la vuole per gli altri. Veneto e Lombardia hanno proposto che li si lasci gestire la spesa storica, un elemento che mi sembra più che ragionevole. Chi si occupa di finanza pubblica sa che il decentramento è in genere una cosa buona: a livello locale si controlla meglio la spesa, si conoscono meglio le necessità e si vede subito chi è più bravo. Altra cosa è la cosiddetta autonomia differenziata: se ogni regione adotta una propria forma di autonomia è un casino. L’autonomia deve essere uniforme. Le regioni del Nord chiedono due cose: la prima, lasciateci tenere un pezzo della base imponibile. Questa è la più difficile, perché spezza il vincolo di solidarietà nazionale. La seconda è invece più praticabile, ovvero chiedono che ciascuna regione gestisca i propri soldi, cosa che in parte già avviene. È un meccanismo “buono”, che produce un premio nell’efficienza amministrativa. Ad esempio, la sanità calabrese è diversa da quella lombarda non perché prenda meno soldi, ma perché quegli stessi soldi sono gestiti in maniera diversa, e peggiore».
Il problema, tuttavia, ragiona Cottarelli, è che le due forze politiche al governo difficilmente potranno mettersi d’accordo anche sulla linea più ragionevole. «Questo perché, per quanto Salvini si sia sforzato di renderla “nazionale”, la Lega mantiene il suo cuore al Nord, mentre i Cinque Stelle rappresentano maggiormente gli interessi del Sud. È un divario insanabile. Tuttavia, non credo che stiano per rompere il patto di governo. Non subito, almeno. Ogni giorno se ne dicono di tutti i colori, poi recuperano in corner».
Tra le cose buone del governo gialloverde, Cottarelli mette, ironicamente, la fatturazione elettronica: «Sì, lo so che era una misura decisa dal governo precedente. Ma è stato bravo il governo attuale a confermare tale misura. Non era una scelta scontata. La fatturazione elettronica sta riducendo l’evasione fiscale per l’Iva. Il gettito aumenta, in modo imprevisto».
Per il resto, il quadro disegnato dall’economista è impietoso, e gli fa guadagnare un’ovazione dalla platea: «Nessuno vuole proporre di tagliare la spesa, perché è impopolare. I nostri governanti sono schiavi del consenso. Ad esempio: è cosa generalmente riconosciuta che sia necessario abbassare il livello di tassazione in Italia, che ci rende poco competitivi. Ma bisogna comunque trovare fonti di finanziamento permanenti. Invece sento continuamente dire: finanziamo in deficit. Finanziare in deficit vuol dire prendere le cose in prestito. E sapete da chi? Dalle tasche degli italiani».
” Esiste una via ragionevole che non spezza l’unità nazionale
Ci sono differenze di gestione dei beni pubblici da Regione a Regione