Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Aim, l’ex amministratore Lago «Terzo partner? Serve la gara»
«Solo così San Biagio può rinforzarsi anche dopo l’aggregazione con Agsm»
VICENZA Lo dice in modo chiaro e diretto: «Se si vuole valorizzare al massimo un gioiellino come Aim si dovrebbe scegliere il prossimo partner industriale tramite gara, come fatto da Ascopiave». Umberto Lago,
55 anni, è dottore commercialista, professore universitario a Bologna e consulente (anche dell’Uefa). Ed è stato amministratore unico di Aim tra il
2017 e il 2018: nominato da Achille Variati si è dimesso dopo l’elezione a sindaco di Francesco Rucco.
Si parlava della fusione tra Aim e la veronese Agsm quando lei era a San Biagio e se ne parla ancora, ma senza passi avanti. Come mai?
«Non mi sorprende: se ogni volta che arriva un nuovo sindaco si riprende tutto in mano con analisi e due diligence, il risultato è questo».
A suo tempo cosa frenò la fusione tra le multiutility?
«Dopo l’elezione di Federico Sboarina a sindaco di Verona il Comune mise in discussione la governance, che prevedeva due amministratori delegati e il concambio. Sulla governance penso che avessero ragione, perché un’azienda non funziona con due persone al comando. Ma in realtà il vero nodo era il concambio, ed è una questione attuale».
In che senso?
«La teoria di Vicenza è sempre stata quella di creare un soggetto nuovo dove far confluire Aim e Agsm ma dove in sostanza ci fossero parità di condizioni. Poi, siccome le due società hanno valore e dimensioni diverse, ci potevano essere compensazioni su altri piani, ma a Vicenza conviene solo se è un’operazione paritaria. Altrimenti, se dobbiamo farci assorbire, tanto vale andare con grandi gruppi come A2a o Hera».
In ogni caso la strategia ora guarda proprio a un terzo partner, sulla base dell’assunto che le due venete assieme non sarebbero grandi a sufficienza per il mercato attuale. Lei che ne pensa?
«In linea di massima è un’idea che condivido, perché essere parte di un complesso aziendale più grande significa essere più solidi, specie per Aim, che è un gioiellino con l’unico neo di essere di piccole dimensioni. Ma ritengo discutibile il metodo scelto».
In che senso?
«Visto che sono arrivate diverse manifestazioni d’interesse, perché Vicenza e Verona non dovrebbero provare a fare quello che ha fatto Ascopiave, portando a casa un’offerta a cui non si poteva dire di no? Su quale base diciamo che va bene A2a ma non, per esempio, Hera o Dolomiti?»
Si parla di asset precisi, specie sul fronte ambientale.
«Non credo proprio che Hera porti in dote meno asset di A2a, anzi. Il gruppo emiliano è già molto forte in Veneto e possiede un termovalorizzatore a Padova, mentre con A2a i rifiuti dovrebbero andare fuori regione, con i costi correlati».
Quindi meglio una procedura di gara?
«Direi di sì, almeno se si vuole valorizzare al massimo un bene comune dei vicentini. Altrimenti sembra molto un’operazione dettata dalla politica e si rischiano pure risvolti di altra natura».
Si spieghi meglio.
«A fronte di diverse manifestazioni d’interesse, se si sceglie di andare con un partner industriale senza conoscere cosa possono offrire gli altri, penso che si possa palesare il rischio di danno erariale. I consiglieri comunali che lo decidono a mio avviso dovrebbero chiedersi se stanno facendo il bene della città»
Si dice però che la strategia di Hera sia acquisire le società, non aggregarsi.
«Anche il disegno che è stato prospettato con A2a non va molto distante, visto che l’ipotesi è che il gruppo lombardo abbia la maggioranza in Cda, nomini l’amministratore delegato e abbia quote societarie non inferiori agli altri partner. Capisco che formalmente questa non sarebbe un’acquisizione, ma la sostanza è la stessa».
«Si è ancora fermi a mesi fa per la questione del concambio»