Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Coca nel sangue, non era vero: causa per danni
Cocaina nel sangue, ma non era vero. Parla il papà
PADOVA Una caduta dal seggiolino, la corsa in ospedale e gli esami che rivelano la presenza di tracce «infinitesimali» di cocaina nel sangue di una bambina di 40 giorni. E’ iniziato così l’incubo dei genitori, ai quali il tribunale dei minori ha tolto la patria potestà. Sospettati di essere drogati e di aver maltrattato la figlia. Solo grazie al loro avvocato sono riusciti a dimostrare la loro innocenza e a riavere la bambina. Ora hanno fatto causa all’azienda ospedaliera di Padova.
PADOVA «Per tre mesi ci è sembrato di stare in un girone infermale, la nostra parola non contava più niente, contavano solo i medici e le loro perizie, quello che abbiamo passato è agghiacciante, mia moglie è ancora sotto choc. Certi medici hanno agito in malafede, ora vogliamo i danni ». Le parole sono quelle di un padre cui è stata ingiustamente tolta la patria potestà per ciò che definisce un clamoroso errore dei medici. E’ il febbraio del 2016 quando nel sangue della sua bambina di quaranta giorni, finita in ospedale per un taglio alla bocca provocato da una caduta accidentale dal seggiolino, vengono ritrovate tracce infinitesimali di cocaina, una contaminazione che, come hanno portato alla luce le indagini difensive, non sarebbe imputabile nemmeno ai genitori. Ma nell’aprile del 2016 i medici del reparto di pediatria dell’ospedale di Padova hanno scritto una perizia che per i genitori rischiava di essere «tombale»: c’era il sospetto che la piccola fosse stata maltrattata. Per questo il tribunale dei minori ha tolto la piccola ai genitori, affidandola a una struttura della Casa del bambino maltrattato. Tutto è accaduto in pochi giorni, la madre è stata «sospesa» dal suo ruolo di mamma, ha avuto il permesso stare con la bimba perché stava ancora allattando, ma ogni sua mossa è stata passata ai raggi “X” da uno staff che valutava le sue capacità genitoriali. Dopo qualche mese la verità è venuta a galla: i genitori sono risultati negativi alla cocaina. Non sono nemmeno stati indagati dalla procura di Venezia, competente per territorio. E il motivo è presto detto: non sono tossicodipendenti e non vi è traccia di maltrattamenti sulla piccola, «a parte quella caduta, che era, appunto una caduta» spiega il papà. Ora i genitori si sono affidati all’avvocato Matteo Mion e hanno intentato una causa civile all’azienda ospedaliera di Padova. Lo stesso consulente del giudice, il professor Francesco De Ferrari,non parla di errori diagnostici anche se ritiene che i medici abbiano applicato una «eccessiva sospettosità sugli eventi accaduti». E gli effetti di questa eccessiva sospettosità sono stati tre mesi d’inferno per la famiglia. «Chiediamo 100mila euro – dice il papà – ma ora che ci penso sono anche pochi per quello che abbiamo vissuto». E’ lui a raccontare quei mesi «che sono stati come un film dell’orrore - spiega -. Il 24 febbraio 2016 nostra figlia è caduta dal seggiolino dell’auto mentre mia moglie la stava assicurando con la cintura di sicurezza. L’abbiamo portata in ospedale a Mirano, ci hanno detto che non era nulla di grave, ma per stare più tranquilli hanno preferito che la piccola venisse visitata a Padova. Siamo arrivati in pronto soccorso alle 10 del mattino, con la piccola che ancora sanguinava e alle 16 l’hanno visitata, ci hanno pure sgridati perché, dicevano, avevamo impiegato troppo tempo. Le hanno sistemato il labbro che si era lacerato per la caduta, e hanno deciso di ricoverarla per farle riprendere la suzione del latte materno». Sembrava che le cose andassero per il meglio, poi il tracollo. «Abbiamo passato tre mesi in ospedale - continua -, ogni giorno alla piccola facevano nuovi esami, sempre più invasivi, poi un esame tossicologico, e io non capivo perché. Nessuno ci spiegava nulla. Poi ci hanno detto che era positiva alla cocaina, siamo caduti dalle nuvole. Com’era possibile?». Una «contaminazione», si sarebbe scoperto in seguito, che a ancora oggi resta inspiegata. «Anche noi abbiamo fatto gli esami, e siamo risultati negativi, questo però non bastava, dopo qualche giorno è arrivata una dottoressa a dirci che il tribunale dei minori ci toglieva nostra figlia. Eravamo disperati». E’ stato l’avvocato Mion, al quale la coppia si è affidata, ad avviare un’istruttoria in procura a Venezia. Il pm non ha mai indagato i genitori per maltrattamenti e nel giro di tre mesi la piccola è stata restituita a mamma e papà. «Quando ho sentito i fatti di Bibbiano, bambini tolti ai loro genitori senza motivo, solo per alimentare il giro di cooperative, abbiamo rivissuto il nostro incubo» dice ancora il padre. «Mia figlia oggi ha tre anni, sta bene, la sua mamma ancora non si è ripresa del tutto. Abbiamo patito l’infermo in terra e posso solo ringraziare i nostri datori di lavoro che ci hanno dato il tempo per combattere e riprenderci nostra figlia. Tutti sanno che siamo persone perbene. Ma adesso qualcuno deve pagare per questi errori».
” Il papà Abbiamo vissuto l’inferno. Qualcuno ora deve pagare