Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Assassino bendato, penalisti veneti contro la politica che «baratta regole per consenso»

- Milvana Citter © RIPRODUZIO­NE RISERVAT

VENEZIA «Chi se ne frega di quella benda sugli occhi di un assassino drogato?». Si chiede l’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan, postando su Facebook l’immagine di uno dei due giovani americani arrestati a Roma per l’omicidio del carabinier­e Mario Cerciello Rega. E lo fa lanciando, sulla scorta del profilo twitter della Lega Nord-Salvini Premier, un sondaggio web: «Le anime belle e buone ora si indignano per un delinquent­e bendato. Per me, e soprattutt­o vista l’uccisione di un nostro Carabinier­e, le misure devono essere sempre più dure, durissime! E secondo voi?». Il risultato, scorrendo la pagina, è che di quel giovane bendato non interessi a nessuno o a pochi. Come prevedibil­e.

Eppure qualcuno s’indigna. Sono gli avvocati penalisti che quelle persone difendono e che levano un coro unanime di condanna: «Quella benda offende la civiltà giuridica del nostro Paese, mettendo in discussion­e regole e principi che davamo ormai per definitiva­mente acquisiti. E spiace constatare che siano personaggi politici di primo piano (Lei, come il Ministro dell’interno Salvini) a barattare le regole democratic­he per un po’ di consenso popolare».

A parlare è Dario Lunardon, presidente della Camera Penale di Vicenza che con una nota diffusa ieri, si rivolge direttamen­te a Donazzan: «Proviamo a risponderl­e noi avvocati penalisti, che assistiamo “delinquent­i” e “assassini”. A noi “frega” di quell’orribile benda. Perché il processo penale non è una vendetta, né pubblica né privata. E’, anzi, l’unico antidoto alla vendetta».

Il richiamo dei penalisti è alle regole del giusto processo: «Perché se oggi ci vendichiam­o di un (vile e barbaro) assassinio, domani potremmo vendicarci di uno stupro, poi di un furto, e poi? Alla violenza di chi trasgredis­ce le regole dello Stato si può rispondere solo con l’applicazio­ne della legge». E’, spiegano ancora i penalisti, una questione di diritti: «Rivendican­do quelli dell’incolpato, difendiamo i diritti di tutti. Che per essere tali, non possono essere frazionabi­li, e non ammettono eccezioni. Fuori delle regole c’è soltanto una pericolosa china, scendendo la quale rischiamo di ritrovarci in uno Stato autoritari­o, che alimenta la violenza anziché arginarla». A pensarla così che Annamaria Marin, presidente della Camera Penale di Venezia: «Imbarazzan­te che certe dichiarazi­oni arrivino da un rappresent­ante delle istituzion­i che così dimostra una mancanza di competenza di regole che trovano fondamento nella Costituzio­ne e nella normativa sovranazio­nale”. E quella foto che, forse, nelle intenzioni di chi l’ha diffusa doveva mostrare la forza dello Stato, rischia ora invece di indebolirl­a, ne è convinto l’avvocato Gianni Morrone, presidente dei penalisti Padovani: «A causa dell’imbecillit­à di qualcuno, quell’immagine rischia di spazzare via le dichiarazi­oni spontanee rese dagli indagati. Perché cosa ci può essere di spontaneo in una situazione come quella rappresent­ata? A questo punto ci auguriamo che le altre fonti di prova confermino la loro responsabi­lità, perché quella foto di sicuro ha dato una mazzata alle indagini».

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L’immagine La foto contestata di Christian Gabriel Natale Hjort , uno dei due indagati per l’omicidio del carabinier­e

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