Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Le donne Bortolomiol fanno il Prosecco
Il 2019 è un anno importante per la storica azienda, quello dell’anniversario E per festeggiarlo oltre al vino e l’arte anche un disciplinare interno green
Qui abbiamo recentemente ospitato Susken Rosenthal, land artist tedesca che, ispirandosi alle nostre colline, ha creato l’installazione Cocoon, un’opera che prende ispirazione dal lavoro della filanda e dal ruolo della seta nell’economia locale di Valdobbiadene». La sua forma sinuosa ricorda il baco ma anche il fuso e la figura della donna. «Per realizzarla ho chiesto alla famiglia e a tutte le donne dell’azienda un proprio foulard di seta, che poi ho intrecciato con i rami per far sì che emergesse l’energia femminile», spiega l’artista.
Grazie anche a questa iniziativa, Bortolomiol è stata scelta per il progetto The Grand Wine Tour, circuito che riunisce alcune delle più prestigiose cantine italiane, che abbinano accoglienza di alto livello ai propri vini. «Obiettivo è intercettare un turismo enogastronomico internazionale interessato a conoscere meglio l’Italia attraverso uno dei suoi prodotti simbolo, il vino», dicono dall’azienda.
Ma non basta. L’azienda, che ha fatto della propria dirigenza rosa un tratto distintivo, è pure ai vertici nazionali sul fronte della biodiversità grazie al protocollo «green mark», un disciplinare interno sul quale stanno lavorando dal 2011 per delineare una serie di indicazioni tecniche a cui i conferitori si devono attenere. Un modo per festeggiare anche un altro importante traguardo ottenuto dal sistema-Prosecco: il tanto ambito riconoscimento Unesco. «Il nostro disciplinare — spiegano le donne di Bortolomiol — si aggiunge al protocollo viticolo del Consorzio del Conegliano Valdobbiadene, migliorando la difesa fitosanitaria, attraverso l’abolizione dei prodotti più nocivi e l’utilizzo di prodotti meno impattanti».
Nel 2008 era peraltro iniziato il processo di conversione dei vigneti di proprietà per creare una sorta di distretto del biologico nel cuore della denominazione. «Abbiamo voluto tutelare la biodiversità del vitigno Glera attraverso il ripristino di materiale genetico di vecchi ceppi di vite autoctoni, recuperando le piante di oltre sessant’anni capaci di portare a un miglioramento della qualità e della produttività del vigneto», chiude Elvira Bortolomiol. «In questo modo, i conferitori possono piantare delle barbatelle nei vigneti provenienti da piante autoctone, in grado di garantire una varietà genetica che risponda meglio alle varie annate. Settant’anni sono passati dalla nostra nascita, stiamo già pensando ai prossimi settanta».