Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Che favola il caviale di Treviso
Un allevamento a San Bartolomeo di Breda sfida le perle nere russe in tutto il mondo
resto queste erano terre della Serenissima e qui, fino agli anni ‘70, racconta Jenny Giaveri, una delle figlie di Rodolfo, direttrice del marketing dell’azienda, lo storione selvaggio prosperava tra le acque del fiume caro alla Patria. E poi? Poi la specie andò in crisi, probabilmente per l’inquinamento, la pesca dello storione selvaggio venne bloccata, ma non si persero gli esemplari di quei pesci. «È da lì — racconta Jenny Giaveri — che è iniziata la raccolta. Mio papà ha incrociato le specie e oggi abbiamo dieci varietà diverse il che permette di scegliere tra una ricca varietà di tipi di caviale eco–sostenibile. Tutti gli storioni allevati da Caviar Giaveri sono specie di origine russa. Abbiamo l’ Huso huso (Beluga), l’ Acipenser persicus (Osietra), l’Acipenser stellatus (Sevruga) o l’Acipenser baerii (Siberiano)».
Da queste parti, quando
Rodolfo decise di puntare le sue carte sugli storioni, questi pesci erano allevati solo per la pesca sportiva o per la carne. Poi passarono gli anni: nel ‘95 la specie fu dichiarata in estinzione in tutto il mondo, intorno agli anni 2000 la pesca dello storione è stata resa illegale, dunque oggi tutto il caviale che si mangia proviene necessariamente da storioni allevati, non più dalla fonte naturale. È questo lo spartiacque che permette all’impresa trevigiana di incunearsi tra i russi e il mercato mondiale del caviale: visto che nessuno può più fregiarsi dell’etichetta di produttore di caviale selvaggio, le differenze sono sul metodo di allevamento, ed è lì che l’azienda trevigiana sa di poter fare la differenza. «Nessuno prima di quegli anni faceva il caviale — spiega infatti Jenny — poi la situazione si è ribaltata e chi commercializzava caviale ha dovuto rivolgersi a noi. Nel nostro allevamento ogni esemplare è accudito e seguito in ogni fase della sua crescita: ogni aspetto è curato minuziosamente per ricreare il miglior habitat, garantendo il massimo rispetto per l’equilibrio dell’ecosistema. L’alimentazione, la temperatura dell’acqua, le condizioni di ogni storione, sono monitorati da sistemi computerizzati e dal controllo del personale. La qualità dell’acqua, di risorgiva, contribuisce al gusto e il nostro caviale è completamente tracciabile e risponde alle regole sull’etichettatura». Insomma, i trevigiani danno del filo da torcere ai russi? «Diciamo che nella produzione siamo stati superati solo dai cinesi! Ad ogni modo non siamo in competizione con i russi — spiega ancora la Giaveri — perché ormai loro hanno una produzione interna, anche se hanno un forte ammanco nel consumo. La fama del caviale russo è una storia che non risponde più alla sostanza. Ovviamente noi non possiamo vendere in Russia perché c’è l’embargo». Altrimenti chissà, la Giaveri sarebbe capace di vendere il caviale trevigiano anche a loro.