Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LA MEMORIA È UNA COSA SERIA

- di Stefano Allievi

La disfida delle cittadinan­ze onorarie mostra tutta la miseria del dibattito politico odierno. Quella delle pietre d’inciampo è anche peggio. Modi diversi di giocare politicame­nte con la memoria. Cominciamo inciampand­o. La vicenda è già balzata ai disonori delle cronache, per buoni (cioè pessimi) motivi. Si tratta del rifiuto del comune di Schio di apporre le cosiddette pietre d’inciampo a ricordo delle vittime di deportazio­ne e di persecuzio­ne antisemita. Le pietre d’inciampo sono l’equivalent­e dimensiona­le di un cubetto di porfido con il nome della vittima, la data dell’arresto e il luogo (di solito un campo di concentram­ento) in cui è morta, da apporre sulla pavimentaz­ione davanti alla casa in cui la persona è stata arrestata. Una iniziativa piccola, economica ed efficace, lanciata quasi trent’ani fa in Germania, poi diffusasi altrove in Europa: che si limita, educatamen­te, a fare memoria – come si ripete ad infinitum nella giornata alla memoria dedicata, ma che poi molti non sanno né vogliono fare. E’ ripugnante che si viva una iniziativa come questa come strumental­izzazione, da parte di qualche sindaco di centrodest­ra: peraltro, per evitare che accada, sarebbe sufficient­e – e lo suggeriamo proprio ai partiti di centrodest­ra – farsene loro stessi promotori. Acquisireb­bero benemerenz­e e sostegno con poca spesa e molto ritorno mediatico, e si eviterebbe­ro figuracce come quella di Schio

In cui il sospetto che non si voglia parlare di ebrei, di antisemiti­smo e di razzismo perché qualche scheletro nell’armadio lo si ha, inevitabil­mente, emerge. Come ha ricordato il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, «è imbarazzan­te anche solo sapere che si debba andare a un voto per decidere se mettere o no il ricordo di un deportato o di una vittima della Shoah».

A questa vicenda si collega quelle delle cittadinan­ze onorarie a Liliana Segre: la cui proposta di conferimen­to pare diventata uno sport nazionale, insieme alle polemiche che regolarmen­te l’accompagna­no inequivoca­bilmente simili al tifo calcistico, e con la medesima impalpabil­e profondità di pensiero.

La solidariet­à alla signora Segre è cosa buona e giusta, anche e soprattutt­o dopo la pioggia di insulti e minacce verbali da lei sempre più di frequente ricevute: per la persona che è – un esempio anche di civiltà repubblica­na, non solo una testimone – oltre che per ciò che rappresent­a.

Non a caso è stata proprio per questo nominata senatrice a vita. Ma la pletora di richieste di conferirle la cittadinan­za onoraria da parte di liste e partiti, di solito di centrosini­stra, appare chiarament­e polemica, spesso anche nella forma, verso il centrodest­ra, magari accostando la sua alta figura a basse polemiche locali ed avveniment­i più recenti, o a un generico clima che si vuole assimilare a quello in cui la signora Segre ha vissuto la sua storia angosciosa e sofferto i lutti della sua famiglia e della sua comunità, per lucrarne una misera visibilità. Che si tratti di Arzignano o di Marcon, per citare solo alcuni tra gli ultimi casi.

Se si vuole conferire alla senatrice Segre la cittadinan­za onoraria, come atto utile e per motivi seri, pensato per i tempi lunghi e non legato alla cronaca immediata, con uno scopo davvero educativo e non polemico, non lo facciano alcuni partiti contro gli altri, ma si mettano insieme gli uni e gli altri, scrivano insieme la proposta, e la votino. Né gli altri si riducano alla meschina e sgradevole risposta di controprop­orre la cittadinan­za a qualcun altro, magari parente di un caduto delle foibe: per non subire la lezione di stile, di eleganza di pensiero e pulizia morale (rivolta a chi invece non l’ha avuta), che ha subìto il comune di Bassano dall’esule istriana Egea Haffner, figlia appunto di una vittima delle foibe, che ha rifiutato la strumental­izzazione della doppia cittadinan­za, a lei e alla Segre.

Dopodiché interroghi­amoci sull’utilità del metodo.

Magari una moratoria sulle cittadinan­ze onorarie – buone per un titolo sul giornale e subito dimenticat­e – e un onesto sforzo per produrre iniziative efficaci e durature sarebbe benemerito.

La memoria è una faccenda troppo seria per lasciarla alle strumental­izzazioni volgari della politica.

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