Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Indagine di Trento, gli ordini impartiti da Vicenza e Verona: 35 in carcere
TRENTO I viaggi avvenivano esclusivamente in treno, niente auto, nessun carico nascosto tra la merce su camion. Troppo rischioso. Gli «aiuti» esterni non erano graditi, nell’organizzazione c’era posto solo per i nigeriani. Un gruppo di fedelissimi, votati al silenzio, che obbediva direttamente ai capi Iron Boss, Bobo, Ken e Ukua, diminutivo di Samuel in dialetto nigeriano. Tra di loro parlavano in dialetto, più difficile da decodificare. Solo il certosino e paziente lavoro degli investigatori della squadra mobile di Trento, guidata dal vicequestore Tommaso Niglio, ha permesso di sfondare il muro di omertà e togliere il velo ad un’organizzazione di presunti spacciatori che gestiva il traffico di cocaina, marijuana, ma soprattutto eroina, tra il Veneto, il Trentino e l’Alto Adige. Sono 35 gli arresti effettuati, 31 le persone finite in manette, di queste 27 sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere chiesta dal pm Davide Ognibene e firmata dal gip Enrico Borrelli per associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga. L’indagine, denominata «Sommo Poeta», perché proprio in piazza Dante a Trento dove si erge, imponente, la statua dedicata a Dante Alighieri, era il punto di raduno, è partita a inizio anno. La droga viaggiava nascosta nello stomaco dei corrieri o tenuta in bocca, pronta per essere ingerita, se arrivavano le forze dell’ordine. Una banda ben organizzata, stando agli inquirenti, con regole ferree e una precisa suddivisione dei compiti che aveva collegamenti anche con Bari dove viveva un altro dei presunti personaggi di spicco, Osasco Akhigbe, con stretti contatti con la malavita nigeriana di Napoli, anche se al momento non sono stati trovati collegamenti con la mafia nigeriana radicata nel sud Italia.
Tutti gli ordini venivano impartiti da Verona e da Vicenza dove vivevano i due fratelli Anthony Unabor e Endurace Unabor, di 26 e 25 anni. Ma è dalla città scaligera che venivano organizzati i viaggi. Esosa Agho, 24 anni, aveva trasformato il negozio dei gegiovani nitori, l’African Shop, in base logistica. È lì che avvenivano le riunioni. Poi i pendolari dello spaccio, i corrieri, partivano di buon mattino con il primo treno utile diretto a Trento per portare la droga e distribuirla al dettaglio. La domanda, soprattutto di eroina, era sempre più pressante sulla piazza trentina tanto che la vendita al dettaglio sulle piazze era in grado di far incassare all’organizzazione anche 5-6.00 euro al giorno. Si stima un giro d’affari di circa 200mila euro al mese. Il blitz della squadra mobile, che ha operato insieme ai colleghi di Milano, Bari, Brescia, Verona, Cremona, Mantova, Piacenza, Ferrara, Vicenza(in città c’è la casa di uno dei collaboratori dei nigeriani, Alex John, casa che serviva per nascondere la droga), Treviso e Rovigo, oltre al Reparto prevenzione crimine della Lombardia, è scattata ieri mattina all’alba. Nel corso delle perquisizioni sono state trovati soldi, sostanze stupefacenti, ma anche altro materiale che ora è al vaglio degli investigatori. Si cerca di ricostruire i collegamenti della banda, la struttura organizzativa e i canali di approvvigionamento.
I giovani nigeriani che trasportavano la droga partivano da Verona con fermata a Trento, ma anche ad Ala e Rovereto. Poi alcuni carichi superavano il confine trentino per «sbarcare» in Alto Adige. Una vita da pendolari quella dei corrieri che partivano in treno al mattino, poi, arrivati a Trento, si dirigevano verso un appartamento che fungeva da punto di ritrovo per suddividere le dosi trasportate in ovuli. Poi iniziava il lavoro di vendita al dettaglio dello stupefacente, infine verso sera riprendevano il treno per tornare in Veneto.Le piazze dello spaccio Il quadrilatero di Torre Vanga, piazza Dante e le vie del centro, ossia il cuore pulsante della città era stato trasformato in un mercato dello spaccio. Le cessioni avvenivano spesso nell’oscurità dei vicoli, lontano da occhi indiscreti. È da qui, dalla vendita sulla piazza, dal piccolo spaccio, che è partita l’indagine della squadra mobile di Trento. La polizia aveva arrestato un giovane nigeriano. Gli investigatori, come ha sottolineato il questore Giuseppe Garramone, hanno capito che non si trattava di un pusher isolato e «attraverso un’indagine tradizionale — ha evidenziato — sono riusciti a risalire i gradi dell’organizzazione».