Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Pasta Zara, i ricorsi sul concordato da Sace, Finint e Banco Tre Venezie
TREVISO (f.n.) La sigla più nota è quella di Sace. E insieme le opposizioni di Banco delle Tre Venezie e di Finint, doppia perché giunte da banca ed Sgr. Si precisano i contorni delle quattro opposizioni al concordato preventivo di Pasta Zara, che hanno fatto slittare dal 22 novembre al 19 dicembre l’udienza di omologa sul piano di salvataggio, rimettendo in dubbio un via libera che pareva scontato dopo il sì del 70% dei creditori in settembre. Tra le opposizioni, quella più visibile riguarda Sace, la società di assicurazione delle operazioni commerciali all’estero di Cassa depositi. Rilevante perché la società è socia di Pasta Zara, con Simest, al 14% e per il valore del ricorso, 21 milioni di euro di operazioni di factoring. La questione Sace era già emersa a luglio, all’adunanza dei creditori. Sulla restituzione dei 21 milioni Sace ha già aperto una causa con Pasta Zara a Milano, con un’udienza interlocutoria a dicembre e non definita prima di due-tre anni. E mentre Sace, per il tipo di credito, chiede il rimborso integrale in prededuzione e la segregazione rispetto al concordato, Pasta Zara aveva considerato Sace tra i creditori chirografari da soddisfare al 33%, senza accantonamenti in caso di sentenza avversa. La questione ritorna ora, con l’opposizione all’omologa, che punta, senza intenti persecutori, a tutelare il credito.
E poi ci sono Banco Tre Venezie e Finint (crediti per 4 e 5 milioni, nel secondo caso collegati anche al minibond da 5 milioni del 2015), che avevano già fatto valere le critiche sulle restituzioni dei fondi da Pasta Zara alla holding Ffauf tra 2016 e 2017, per 21 milioni solo nel secondo anno. E poi l’operazione Casillo, con cui la Ffauf si era accollata un debito da 6 milioni, con il risultato di scambiare un debitore solvibile con uno che tale non era, e i 25 milioni di nuova finanza immessi da Sga, tuttavia da restituire in via prioritaria, in prededuzione. Per parte sua, da quel che si può ricostruire, l’azienda non può che confermare la linea espressa in estate con i commissari, secondo cui sono poco credibili, sul fronte del livello di restituzione ai creditori, soluzioni alternative al concordato preventivo. A partire dalla cessione a Barilla dello stabilimento di Muggia, architrave dell’operazione di salvataggio, con i suoi 118 milioni di incasso.