Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Permasteelisa, ora spero in un progetto industriale»
Parla Marchetto (Somec): «Contatti con i giapponesi, ma interrotti subito»
TREVISO Permasteelisa, 20 anni di interessi finanziari speculativi senza un piano industriale degno di questa definizione. E questo ha portato a perdere uomini e credibilità. L’analisi è di Oscar Marchetto, presidente di Somec, di San Vendemiano, società degli involucri vetrati per le navi da crociera, ma anche per l’architettura, dunque con un core business ampiamente sovrapponibile al gruppo di Vittorio Veneto, a meno di 10 chilometri di distanza in linea d’aria. Somec (169 milioni di ricavi 2018 e 123 nel primo semestre 2019, con 302 milioni di euro di commesse acquisite quest’anno) negli Usa sta crescendo in modo velocissimo grazie a Fabbrica, società acquisita a nel 2018 ma fondata da personale uscito dalla divisione Usa di Permasteelisa. La quale, al contrario, negli Usa perde commesse e margini, e nel resto del mondo non va meglio (1,5 miliardi di ricavi nel 2018 con 421 di perdite nel 2018 e seimila addetti). Passare per il concorrente che toglie la terra sotto i piedi al vicino di capannone è l’ultima cosa che Marchetto vorrebbe sentir dire di sé. Di intervenire direttamente per salvare un’azienda passata di fondo in fondo fino ai giapponesi di Lixil, tuttavia, nemmeno parlarne. «Le aziende sono fatte di persone – ricorda - e già la nostra crescita ci porta via molte energie. Abbiamo grandi progetti anche per Fabbrica Usa, siamo già al secondo stabilimento con cinque linee di produzione, e questo ci proibisce distrazioni». Discorso chiuso per sempre a compartimenti stagni? Non proprio, Primo, perché lo stesso Marchetto non nega di avere avuto contatti con i giapponesi di Lixil, impegnati nella ricerca serrata di un soggetto a cui cedere il gruppo dopo il naufragio del contratto con i cinesi di Grandland. «Prima che iniziassero tutte queste chiacchiere – ammette - sono stato a parlare con gli attuali proprietari. Evidente che quello di Permasteelisa non è il business per cui sono tagliati. Sta perdendo fatturato e ordini, ha gli stessi costi di quando i ricavi erano del 40% in più. Penso che solo con una grossa ristrutturazione possa riprendere, ma è molto difficile. Nella discussione non siamo arrivati ad alcuna proposta, il dialogo si è interrotto alle fasi preliminari. Spero in un progetto industriale e non speculativo come nel passato».
Secondo, perché comunque nella lettura dell’imprenditore trevigiano c’è una diagnosi che sottintende un’attenzione particolare e, magari, il profilo di una condizione. «Al mio territorio ci tengo e ci tengo anche a Permasteelisa. Ma è necessario che, dopo 20 anni, torni un piano industriale gestito da un imprenditore attuale. Dunque non da persone fuori dal business da troppo tempo. Siamo in un mercato talmente in evoluzione che bastano pochi anni di assenza per perdere il passo». Resta da capire come il ragionamento si possa rapportare alla notizia che prefigura l’ipotesi di un rientro, sotto qualche forma, del fondatore di Permasteelisa, Massimo Colomban. Anche lui, due giorni fa, aveva parlato di «contatti epistolari» con Lixil ritenendo probabili incontri diretti. Senza scartare a priori, avendo dati più precisi, un o ruolo da superconsulente. Colomban aveva anche parlato di sollecitazioni giunte da fondi e cordate di imprenditori per avviare riflessioni su un possibile acquisto e rilancio.
Tutto questo dopo che l’accordo con Grandland, che avrebbe condotto alla cessione di Permasteelisa alla holding cinese per 467 milioni di euro, era andato a monte pochi mesi fa a causa del fermo no opposto dalla Commissione per gli investimenti esteri negli Usa. Lixil si è trovato a dover ricominciare e, da quotata zavorrata da una controllata in profondo rosso, oggi ha un’urgenza sempre più acuta di sganciare l’asset veneto. La questione tempo sta diventando prioritaria e probabilmente non è un caso se negli ultimi giorni si stanno moltiplicando rumors che suonano tanto di pretattiche.
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