Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Integralista e pieno di vizi Lei voleva divorziare»
L’amica-testimone: la voleva meno occidentale
STANGHELLA (PADOVA) In casa c’è ancora uno scatolone pieno di vestiti e orsetti di peluche. «Li avevo messi da parte per Samira e la sua bambina. Spero ancora di poterglieli consegnare, un giorno...».
Anche se si conoscevano soltanto da pochi mesi, Marika (il nome è di fantasia «perché la famiglia di quell’uomo mi fa ancora paura», spiega) si è dimostrata una delle migliori amiche di Samira El Attar. La sua vera identità compare nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Rovigo: è anche grazie alla sua testimonianza che i carabinieri di Padova hanno raccolto prove sufficienti per accusare di omicidio il marocchino Mohamed Barbri. E ora, per la prima volta da quando la donna è scomparsa, Marika accetta di raccontare al Corriere del Veneto ciò che sa.
Se spera di consegnare i giocattoli a Samira, significa che crede sia ancora viva...
«Diciamo che non riesco a immaginarla morta, costretta a stare lontana per sempre dalla sua bambina. Ma più passano i giorni e più mi rendo conto che è soltanto un modo di illudermi...».
Quando l’ha conosciuta? «La scorsa primavera. Samira era una donna molto intelligente, innamorata della vita. Tutti, qui in paese, le volevano bene. E anch’io mi sono subito affezionata a lei».
Le confidò se qualcosa non andava tra lei e Mohamed?
«All’inizio non mi parlava dei suoi fatti privati. Sapevo solo che era sposata con un marocchino e che aveva una figlia piccola. Poi successe un fatto incredibile, e da lì cambiò tutto... Era il 7 settembre. Mohamed mi telefonò, era furioso. Disse di essere certo che Samira lo stesse tradendo con diversi uomini e che per farlo utilizzasse la casa di un anziano del paese. Rimasi senza parole: erano sospetti senza alcun senso».
Su cosa si basava l’ossessione di Mohamed?
«Su nulla di concreto: era solo un uomo molto geloso e molto stupido. Samira non lo avrebbe mai tradito: lei aveva occhi esclusivamente per la sua bambina».
Samira come reagì a quella telefonata?
«Dopo quell’episodio i nostri rapporti cambiarono. Cominciò ad aprirsi con me, raccontandomi ciò che accadeva quando tornava a casa».
Cosa le confidò?
«Che il suo non era soltanto un marito geloso, che voleva controllarla e che in alcune occasioni arrivò a darle del sonnifero per stordirla e avere il tempo di controllare i messaggi nel telefonino. C’era dell’altro. Mohamed beveva e sperperava lo stipendio alle slot machine. Era morboso e integralista: la rimproverava per motivi stupidi, l’accusava di vestirsi con uno stile troppo occidentale. Ma erano abiti normalissimi, che le regalavo io... E poi c’era la questione della gestione del denaro: Mohamed avrebbe voluto mettere le mani su tutto, perfino sulla piccola pensione d’invalidità che la famiglia riceveva per affrontare alcuni problemi di salute della figlioletta».
Samira temeva che il marito le facesse del male?
«Non credo: si sentiva più forte di lui, credeva di poter anticipare le sue mosse. Ma la verità è che lo stava sottovalutando».
Poi cosa accadde?
«Mi annunciò l’intenzione di separarsi: voleva trovare un lavoro fisso che le garantisse l’indipendenza, anche economica. Le consigliai un buon avvocato e lei discusse dell’idea anche con un assistente sociale. Ero pronta a sostenerla in tutti i modi: le dissi che, con la bimba, poteva trasferirsi a casa mia».
Come andò a finire? «Dopo due settimane disse che ci aveva ripensato perché lui, all’improvviso, era diventato buono. Non le ho mai creduto. Ho sempre pensato che Mohamed l’avesse convinta che da sola non ce l’avrebbe mai fatta a mantenere se stessa e la figlia».
A questo punto, era già ottobre...
«Le mandai un messaggio e lei non rispose. Due giorni dopo venni a sapere che il marito ne aveva denunciato la scomparsa. Mi parve subito assurdo: Samira non sarebbe mai andata via senza portare con sé la sua bambina»».