Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Revocare la concessione? Ci rimetterebbe il sistema Paese»
L’economista Colli: la politica tende a sostituirsi al lavoro dei giudici
TREVISO Se Atlantia sta cercando di tenere vivo un contatto diplomatico con i palazzi del potere politico per negoziare su Autostrade - e, sotto questo aspetto, non ci sarebbe persona più indicata per l’incarico di Gianni Mion, manager di lungo corso e di stretta fiducia di casa Benetton -, cosa ne sarebbe del suo ricco business
(11 miliardi di euro di ricavi nel
2018) nel caso in cui la concessione venisse per davvero revocata dal governo giallo-rosso?
«Di sicuro, nel portafoglio della holding - risponde Andrea Colli, docente di Storia economica alla Bocconi e autore di un libro molto approfondito sulla storia di Edizione, la controllante di Atlantia attraverso Sintonia Spa - ci sono anche altri asset di valore, e mi riferisco in particolare ad Aeroporti di Roma, che sono una parte non piccola del suo business. Ma è chiaro che, senza le autostrade italiane, perderebbe una fetta consistente del suo valore».
Questo è il problema di Atlantia. Ma non esiste un problema anche per la controparte, e cioè il governo nazionale?
«Credere che la questione costituisca un rischio soltanto per la società controllata dai Benetton è del tutto miope. Le conseguenze di una revoca della concessione riguardano l’intero sistema-Italia. Mi spiego: ne va della reputazione del Paese davanti alla comunità degli investitori internazionali, già non particolarmente alta di questi tempi. Se alle note difficoltà procurate dalla burocrazia si aggiungono anche quelle derivanti dalla politica, la considerazione del Paese non può che peggiorare ulteriormente».
A cosa si riferisce in particolare?
«Voglio dire che la magistratura deve fare il suo lavoro e accertare le diverse responsabilità nel crollo del Ponte
Morandi di Genova, ma vedo una politica che tende a sostituirsi ai giudici o ad accelerare il giudizio, per evidenti ragioni di consenso. Non soltanto nei 5 Stelle ma anche in una parte del Pd si sta affermando un’idea di anticapitalismo, per cui bisogna colpire la famiglia Benetton».
Come se Atlantia fosse soltanto cosa loro.
«Per l’appunto. Dentro Atlantia c’è un nucleo di soggetti finanziari internazionali (Lazard Asset Management, Hsbc, Gic Private Limited, ndr) che sono stati convinti a investire in Italia proprio dal management della società dei Benetton. Per intenderci: l’Italia non sta in piedi da sola, ce la fa se rimane agganciata all’economia internazionale. Da parte di chi urla ossessivamente alla revoca “punitiva” della concessione, non c’è una valutazione sul lungo periodo degli effetti di questa decisione, anche riconoscendo che i Benetton non hanno gestito benissimo questa vicenda, anzi».
Ammettiamo che la risoluzione finale del governo sia per la revoca: in quale mani finirà la nostra rete autostradale?
«Gli scenari che intravedo sono due. Il primo, quello che piace tanto a una parte dell’attuale governo, anche di matrice Pd: le autostrade vanno all’Anas. Ora, a parte il fatto che la rete stradale gestita già oggi da Anas non è che brilli particolarmente per efficienza, a me sembra che questa soluzione sarebbe una nazionalizzazione mascherata. Mi chiedo perciò come la prenderebbe l’Unione Europea, ma penso non troppo bene». L’alternativa?
«Il secondo scenario segue una linea più pulita: lo Stato rimette sul mercato la concessione delle autostrade, facendo una bella gara europea per il nuovo gestore».
In questo secondo caso, il governo potrebbe impedire ad Atlantia di partecipare alla nuova gara per la concessione?
«Non credo proprio».
In definitiva, esiste una terza via negoziale?
«Un’ipotesi che mi sembra ragionevole potrebbe prevedere che il governo lasci la concessione ad Atlantia, ma imponga come contraccambio una rimodulazione delle tariffe al ribasso che riduca i profitti del gestore. Sarebbe un modo elegante per uscirne, anche verso l’opinione pubblica».
Le due parti, magari a fari spenti, stanno già trattando?
«Io so che il management di Edizione e di Atlantia sa fare molto bene il suo mestiere, che consiste anche nel fare lobbing sulla politica. Certo, con l’attuale sistema fare lobbing è molto più complicato...».