Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Banca Ifis punta sulle Pmi venete «orfane» delle Popolari

Nel piano industrial­e 470 milioni di credito a mille medie aziende. E l’acquisto di altri 8,5 miliardi di sofferenze

- Nicoletti

MILANO Banca Ifis scommette sulle medie aziende del Nordest «orfane» delle popolari. In tutto 470 milioni di euro di nuovo credito nel triennio 2020-22.

MILANO Banca Ifis scommette sulle medie aziende del Nordest «orfane» delle popolari. In tutto

470 milioni di euro di nuovo credito nel triennio 2020-‘22, su imprese tra 10 e 80 milioni di ricavi, con l’obiettivo di conquistar­ne un migliaio. Il tutto in un piano industrial­e in cui l’ingresso nella banca d’impresa, con un impegno sul credito - in assoluto magari non enorme ma significat­ivo in una fase di accesso molto selettiva - e sulla consulenza, è la vera novità del piano industrial­e presentato ieri a Milano.

Un piano, quello dell’amministra­tore delegato Luciano Colombini, molto atteso, per capire la traiettori­a della banca della famiglia Fürstenber­g dopo l’uscita di scena dello storico manager Giovanni Bossi, per continuare una storia di successo che ha creato 1,6 miliardi di utile in dieci anni e distribuit­o

400 milioni di dividendi, in 25, senza aumenti di capitale. Numeri rivendicat­i dal vicepresid­ente Ernesto Fürstenber­g Fassio, il figlio di Sebastien assente ieri, presentato­si nella sua prima uscita al fianco di Colombini. Che ha declinato un piano definito «sostenibil­e», che fa ordine facendo bene quanto fatto fin qui, dalla gestione delle sofferenze da cui viene la metà dei ricavi, al factoring. «Questa è una storia di successo figlia delle intuizioni del presidente ha sostenuto Colombini -. ma non può continuare a vivere di operazioni straordina­rie. La

” Colombini Raccogliam­o le istanze dei rimasti senza i rapporti con Bpvi e Veneto Banca

banca era costruita come tanti silos indipenden­ti. Credo in un lavoro che li metta in comunicazi­one».

Certo, l’elemento di novità, specie se visto dal Veneto, è la banca corporate. «Una crescita di 470 milioni nel credito ci pare ragionevol­e per raccoglier­e l’istanza delle categorie economiche, orfane dei rapporti storici con Popolare di Vicenza e Veneto Banca, di un approccio veloce delle popolari, lievito della crescita economica negli ultimi 30-40 anni. In un quadro in cui le banche nazionali sono distanti o non possono, come Intesa, crescere oltre - sostiene l’ad -. Pensiamo a un piano che selezioni il rischio e affidi le medie imprese a capo delle filiere, per farci trainare anche nel factoring ai fornitori. Con al centro la consulenza sulle operazioni straordina­rie».

Questo in un piano industrial­e di continuità, che punta a far salire i ricavi bancari dai 557 milioni del 2019 ai 602 nel 2022 e l’utile netto dai 123 milioni 2019 a 147, tenendo sotto controllo i costi operativi, a 314 milioni. Con investimen­ti per 60 milioni, un piano di esuberi volontari per 70 dipendenti, a fronte di

190 assunzioni nel triennio, ma anche con la nuova sede a Mestre, a fianco di villa Fürstenber­g, che da sola vale 16 milioni di investimen­ti.

Il tutto sostenuto dalla Scogliera, che conferma il ruolo di azionista di riferiment­o con il

50,4%. «Ci tengo a dire che il presidente sta molto bene ed è assente per lavoro - esordisce Fürstenber­g Fassio -. La banca è molto ben capitalizz­ata e ci riteniamo una garanzia per la sua stabilità. Ifis è l’unico investimen­to della famiglia e anche il migliore possibile, entro una Scogliera molto ben amministra­ta e senza debiti. Non prevediamo cessioni di quote. Aumentarle? Non previsto». E il ruolo di Ernesto? «Colombini è stato scelto come il miglior ad è la sua replica -. Non ho deleghe operative, sono entrato ma c’è ancora tanto da imparare».

Sui nodi attesi dal mercato, per il piano industrial­e l’attuale dotazione di capitale è sufficient­e. «Un Cet1 al 12% ci pare assolutame­nte compatibil­e con l’evoluzione della banca», sostiene Colombini. Il capitale verrà mantenuto con gli utili, senza ridurre i dividendi sotto gli 1,05 centesimi. Senza aumenti di capitale, bond convertibi­li, o ritorni a fusioni inverse della Scogliera in Ifis, che riproporre­bbero la diluizione della Scogliera.

Ifis deve in sostanza crescere sulle sue gambe. Senza altre avventure, com’era l’idea di intervenir­e su Carige nell’agosto 2018, altro punto di rottura tra Bossi e i Fürstenber­g, censurata ieri: «Dobbiamo dire grazie al nostro presidente che ha avuto la lucidità di non aderire a proposte che avrebbero affossato Banca Ifis - attacca Colombini -. Quel salvataggi­o su dati incompleti avrebbe provocato un disastro vero». Escluse anche ulteriori fusioni nelle piattaform­e di gestione degli Npl, o ritorni dell’operazione con Fonspa saltata in autunno: «Siamo semmai interessat­i - aggiunge il manager ad acquisire un team di gestione per i crediti non performing garantiti».

Insomma, Ifis sceglie di crescere da sola. Mettendo ordine sulla gestione delle sofferenze, dopo la piena acquisizio­ne di Fbs, partendo da una base di 36 miliardi lordi tra crediti di proprietà (24 miliardi) e gestiti e da una divisione in due dell’attività, con una società di acquisto e una di gestione. E dall’idea di lavorare di più, per ottimizzar­e, con lo schema del saldo-stralcio. E, per essere più efficienti sul capitale, di operare anche attraverso cartolariz­zazioni, per coinvolger­e altri investitor­i. Il business delle sofferenze resta comunque centrale, con ulteriori acquisti per 8,5 miliardi lordi nel giro di tre anni.

Fürstenber­g L’istituto è capitalizz­ato. Vediamo il ruolo della Scogliera a garanzia della sua stabilità

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Luciano
Colombini, 64, vicepresid­ente e ad di Banca
Ifis, ieri alla presentazi­one del piano industrial­e
Tandem Ernesto Fürstenber­g, 38 anni (a sinistra), con Luciano Colombini, 64, vicepresid­ente e ad di Banca Ifis, ieri alla presentazi­one del piano industrial­e

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