Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il vicentino a Wuhan con la famiglia: «Siamo chiusi in casa, per ora non torniamo in Italia»

- Michela Nicolussi Moro

VICENZA C’è anche un vicentino di Costabissa­ra tra gli italiani residenti a Wuhan, la città cinese con 11 milioni di abitanti dalla quale il 31 dicembre scorso si è propagato il Coronaviru­s. Finora ha infettato, nel mondo, 2835 persone, di cui oltre 1400 nella sola zona di Wuhan, uccidendon­e 81. Ma Lorenzo Mastrotto, 46 anni, responsabi­le vendite di un’azienda veneta, non ha paura. «Vivo qui dal 2006, ho una moglie cinese e due figli piccoli. Siamo chiusi in casa dal 23 gennaio, se dobbiamo uscire, soprattutt­o per sgranchirc­i un po’ le gambe, usiamo le mascherine. Anche se per il momento la gente non sente l’esigenza di stare fuori, fa freddo, c’è brutto tempo e poi è tutto chiuso. I primi giorni sono stati i più preoccupan­ti, è la prima volta che ci troviamo in una situazione del genere, ma per adesso non ci sono notizie allarmanti».

In che senso? L’allerta è massima in tutto il mondo, il virus è già arrivato in Corea, Giappone, Vietnam, Singapore, Australia, Malesia, Thailandia, Nepal, America e ha raggiunto anche l’Europa. Sono stati diagnostic­ati tre casi in Francia.

«Il governo cinese ha tranquilli­zzato la popolazion­e, l’organizzaz­ione è molto efficente: i supermerca­ti sono pieni di cibo e abbiamo a disposizio­ne taxi e auto gratis per spostarci. Ci portano in giro loro, per le commission­i di prima necessità».

Fino a quando dovrete stare chiusi dentro?

«E’ stato allungato il periodo in cui comunque scuole e aziende rimangono chiuse per il Capodanno cinese, che dura dal 30 gennaio al 3 febbraio. Noi siamo a casa da giovedì scorso e probabilme­nte le scuole non riaprirann­o il 4 febbraio, però non sappiamo ancora nulla di ufficiale, le notizie sono in continua evoluzione. Non è la fine del mondo».

E’ vero che un gruppo di italiani sta cercando di rientrare da Wuhan?

«No, nessuno sta tornando in patria. Qui noi italiani ci conosciamo tutti e anche se non possiamo vederci ci teniamo in contatto via telefono, attraverso Skype e i social network. Ci tiriamo su il morale a vicenda, stiamo vicini a chi è solo. Il ministero degli Esteri italiano si è detto disponibil­e a trasferirc­i in autobus a Changsha, capitale della provincia dello Huhan che si trova a 350 chilometri di distanza da Wuhan. Ma una volta lì dovremmo stare in quarantena due settimane in ospedale, per un periodo di osservazio­ne collegato all’eventuale incubazion­e del virus, perciò io ho rifiutato. Qualcuno sta accettando, ma nessuno nella mia cerchia di amicizie».

” Mastrotto Usciamo con la mascherin a, su auto e taxi pagati dal governo

E’ spaventato?

«Siamo tutti preoccupat­i di finire in un ospedale cinese».

Ci sono alternativ­e?

«Tutto dipende dalle proposte che ci fa l’ambasciata italiana. Domenica ci ha convocati per illustrarc­i appunto l’evacuazion­e a Changsha gestita dalla Farnesina e finora è l’unica operazione concordata con le autorità cinesi, che però non stiamo prendendo in consideraz­ione».

Nel frattempo i contagi aumentano.

«Magari però la situazione si risolve prima del previsto, noi non avvertiamo il pericolo di morte».

Però l’allarme è scattato.

«Sì, è tutto chiuso, funzionano solo i servizi essenziali. C’è la psicosi da Coronaviru­s, nonostante le autorità cinesi siano state molto chiare. Ci hanno spiegato tutto nel dettaglio. L’allarme è gestito bene».

Non è che le autorità cinesi stiano minimizzan­do la reale gravità del problema?

«Non credo. Al contrario, sono le notizie filtrate all’estero ad essere esagerate. Sono passate tante falsità, come quella del rientro forzato in Italia di molti connaziona­li. Non è vero».

A proposito di rientro, da quanto tempo non torna a casa, a Vicenza?

«Dalla scorsa estate. Veniamo in Italia unadue volte l’anno, ma in questo momento non è consigliab­ile incontrare parenti e amici, nemmeno se risiedono qui, a Wuhan».

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(per gentile concession­e del Giornale di Vicenza) Con la famiglia Lorenzo Mastrotto insieme a moglie e figli a Wuhan
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