Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
MARCIARE DIVISI E CONTENTI
C’è chi non parteciperà alle elezioni in Regione. Ma è tenuto lo stesso a fare un suo bilancio degli ultimi cinque anni.
E’ il ricco mondo delle rappresentanze sociali e civili del Veneto. Ricco di uomini, mezzi e numeri. Presente ad ogni evento ed evenienza e presentissimo nei tanti tavoli di consultazione e gestione. In Regione, poi, è di casa.
Dove ha portato questa ricchezza di rappresentanze, citata come il grande capitale sociale di questa nostra Regione? Che bilancio può essere fatto?
Il Veneto ha perduto le sue banche più grandi. Il Veneto è solo socio di piccola minoranza nelle grandi società che hanno acquisito le sue municipalizzate. Il Veneto conserva a fatica una sola Fiera, vendute o distrutte le altre. Il Veneto cede i suoi laureati a Emilia Romagna e Lombardia, oltre che all’estero. Il tutto, nel breve giro degli ultimi cinque anni.
In tutte queste vicende, le rappresentanze sociali c’erano, chi più e chi meno. Nei Consigli di Amministrazione, nelle Giunte. E’ cronaca. Ma se le responsabilità sono diverse, un tratto accumuna tutte le rappresentanze: l’assenza di ogni comune sentire.
Si prenda l’ultima e più recente vicenda: per una Confindustria di Veneto centro (ossia Padova e Treviso) che rilancia il tema che fu di PaTreVe, risponde il silenzio glaciale delle Confindustrie di Vicenza e Verona e il rifiuto di Confartigianato Veneto, mentre gli altri attori sono in tutt’altre faccende affacendati.
Emblematica infine la storia di Arsenale 2020: aperto in pompa magna, si è chiuso senza nulla all’attivo. Non c’è, e lo sappiamo tutti, alcun livello di cooperazione tra le rappresentanze sociali e civili. Spesso neppure al loro interno. Il Veneto, da questo punto di vista, è solo uno spazio, spesso un ring. Dove ciascuno, autonomamente, fa semplicemente quel che gli pare. Se è così e così è, hanno poco da reclamare con le forze politiche che mettono la faccia nelle prossime elezioni regionali.
Non potranno denunciare i silenzi di Zaia su banche, fiere e multiutility, quando loro facevano solo chiasso tra di loro. Magari le opposizioni hanno detto qualcosa, ma per riprodurre al loro interno le stesse contrapposizioni della società civile. Incredibile su tutte la posizione del Pd di Verona quando ha reclamato il ruolo di capitale per Verona: oggi sembra una fake, ieri si sarebbe detto «veronesi tuti mati».
Ma da tutto questo si può trarre una conclusione e magari una lezione: le supplenze sono un problema, mica la soluzione. In Veneto viviamo di supplenze: ad ogni giro di lancette ci si inventa un nuovo soggetto politico; toccò anche ai Sindaci, per lo spazio di un mattino e adesso pare il turno delle «sardine». La società civile vuol supplire la Regione e la Regione lo Stato, in un mondo tutto all’incontrario. E il Veneto ha smesso di correre e fatica anche solo a tirare avanti.
Si torni all’antico. Che è la sola novità del giorno. I partiti di una volta avevano fior di relazioni con la società civile. Dc e Pci arrivavano in ogni angolo della società civile. Ma offrivano una visione, una soluzione generale, per questi e i prossimi giorni. Ma anche richiedevano, alla società civile, di condividere una visione, dove mettere l’interesse, il bisogno.
Questa dovrebbe essere la domanda, della società civile. E l’offerta, della politica. Altrimenti, il Veneto finisce come l’Italia.