Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Inverno caldo, ma è allarme gelate per la frutta
Tre gradi sopra la media a febbraio. Confagricoltura: «A rischio ciliegie, pesche e albicocche»
VENEZIA Anche Arpav tende a confermare che l’inverno 2019-2020 è uno dei più caldi degli ultimi anni anche se non ai livelli di quello record del 2006-2007. Il rischio è che gli alberi da frutto ormai carichi di gemme possano essere martoriati da gelate tardive.
VENEZIA Le cronache dei «cambiamenti climatici» ci raccontano, troppo spesso, di allarmi che arrivano da parte degli esperti e che vengono sistematicamente ignorati. Negli ultimi giorni, dopo un lungo periodo secco e mite, gli appelli sono arrivati da parte delle categorie produttive, in particolare da quelle legate al mondo dell’agricoltura. Ma questa volta, pur con cautela e limitandosi alla situazione attuale, non certo a quella in prospettiva, sono proprio gli addetti ai lavori a rassicurare. Sì, l’inverno 20192020 è uno dei più caldi da quando vengono raccolti i dati, non lontano da quello del
2006 — 2007 che, per l’Italia e il Veneto, detiene ancora il record di mitezza. Sì, gennaio e febbraio sono stati particolarmente avari di precipitazioni. Ma la situazione non è ancora tale da evidenziare un rischio siccità. Lo dice il livello dei fiumi veneti, tutti ancora attorno alla media (in molti casi sopra, come nel bacino del Brenta), con la sola eccezione dell’Astico a Pedescala, la cui portata è ridotta a circa la metà a causa delle nevicate scarse a quota prealpina. Lo dice il livello delle riserve nivali oltre i 1.500 metri, sopra la media in particolare nelle Dolomiti. Merito del mese di novembre e di dicembre che, dal punto di vista delle precipitazioni sono stati entrambi sopra la media. «L’ultimo mese è stato secchissimo — spiega Italo Saccardo, dirigente del servizio idrologico dell’Arpav — e gli apporti pluviometrici risultano molto ridotti, se non del tutto assenti. Ma considerando il periodo da ottobre in poi siamo ancora sopra la media e non si può parlare di allarme. Quello che preoccupa sono le temperature elevate, soprattutto per fattori legati all’agricoltura e alla fioritura anticipata di alcune piante».
Coldiretti, Cia e Confagricoltura sono state le prime associazioni a lanciare l’allarme in questo senso, dopo aver notato i primi mandorli in fiore già a San Valentino, in anticipo persino sulle isole più meridionali del Giappone. «Si nota– afferma Francesca Aldegheri, referente per il settore frutticolo di Confagricoltura Verona — un grande movimento nelle piante e un ingrossamento delle gemme. Non c’è ancora una vera e propria fioritura, ma se le temperature continuassero su questi standard cominceremmo a preoccuparci. Pensiamo a ciliegie, peschi e albicocche, che rischierebbero grosso in caso di gelate. Già un grado sotto zero può portare grossi danni, bruciando i fiori e di conseguenza riducendo le produzioni. Di solito il rischio dura fino ad aprile». La speranza è che temperature più consone possano almeno rallentare questa tendenza alla primavera anticipata.L’inverno in Veneto, dal punto di vista della temperatura è stato finora un «crescendo rossiniano».
Secondo Marco Rabito, dell’associazione Serenissima Meteo, l’anomalia di dicembre è stata di 1.6 gradi sopra la media degli ultimi trent’anni. Gennaio ha fatto di peggio, 2.6 gradi mentre febbraio potrebbe risultare il più anomalo del trimestre, sfiorando i tre gradi sopra media: una forbice degna dei mesi più anomali, come quelli, tanto per capirci, dell’estate 2003. Al momento, però, non è stato superato il record di temperatura mensile, che resiste dall’anno scorso con 23 gradi il 27 febbraio. Lo scorso 11 febbraio, però si sono superati i 19 in molte località di pianura, e si tratta di un valore straordinario per la prima metà del mese. Nuove impennate della colonnina di mercurio sono ora attese per il weekend, mentre le previsioni a lungo termine lasciano trasparire la possibilità di un inizio marzo più «normale».