Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Bignamini, dalla Fenice al podio di Detroit
Il personaggio In questi giorni dirige «L’Elisir d’Amore» a Venezia. «L’orchestra Usa è tra le prime dieci del Paese»
Lascia il podio al ciarlatano Dulcamara, per poi apparire a sorpresa tra i sorrisi del pubblico in costume e parrucca aranciata per riappropriarsi della bacchetta. È Jader Bignamini, 43 anni, originario di Crema, a dirigere l’orchestra della Fenice nella ripresa dell’Elisir d’Amore di Gaetano Donizetti, melodramma giocoso in due atti con regia del veneziano Bepi Morassi. Le prossime recite saranno stasera, domani e sabato 22 (ore 19), domenica 23 (ore 17) e martedì 25 febbraio (ore 19, www.teatrolafenice.it). Nato clarinettista, Bignamini ha studiato al conservatorio Giuseppe Nicolini di Piacenza e debuttato alla direzione con la Quinta Sinfonia di Mahler a Milano. Lo scorso gennaio è stato nominato direttore della Detroit Symphony Orchestra negli Stati Uniti.
L’«Elisir d’Amore» è il suo ritorno alla Fenice dopo «La Bohème» nel 2014 e «Madama Butterfly» nel 2015, è un’opera che la sta appassionando? «Dirigo quasi sempre drammi, soprattutto di Verdi e Puccini: l’Elisir d’Amore è un’opera che trovo molto divertente, con trama leggera e la cui partitura ha colori che l’orchestra fenicea rende alla perfezione. È la prima volta che vedo Venezia a Carnevale, è una scoperta. Alla Fenice poi sono molto affezionato, il sovrintendente Ortombina e io
siamo in perfetta sintonia».
È il terzo italiano alla guida della Detroit Symphony Orchestra, perché gli americani scommettono su direttori d’orchestra italiani?
«La lirica e la sinfonica sono nel nostro dna, ma probabilmente gli americani hanno più coraggio nel dare ruoli di grande responsabilità ai giovani. È tra le prime dieci orchestre degli Stati Uniti, la quarta più antica: è una nomina molto prestigiosa e mi porta a continuare la direzione italiana dopo Ghione e Ceccato. Inizierò il programma a Detroit con la Nona di Beethoven, che ho suonato tante volte ma non ho mai diretto».
Il pubblico americano è diverso da quello italiano?
«Gli americani hanno un’attitudine diversa: vanno a teatro o nelle sale da concerto per divertirsi, ridono alle battute, godono e partecipano di quel momento. In Italia, e in generale in Europa, il pubblico è più composto».
Artisti a cui è molto legato?
«Lavoro moltissimo con il soprano Anna Netrebko e suo marito Yusif Eyvazov. Yusif l’ho conosciuto a Milano, ancora prima che incontrasse Anna. Lei ha una voce incredibile, è diva perché è diva ma vuole sempre migliorarsi. Quando tutti e tre siamo sul palco, basta uno sguardo: è come se fossimo tra amici».