Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Senza Confini» In un volume gli scatti di Aprile
In «Senza Confini» gli scatti del fotografo padovano scomparso 2 anni fa
Questo tempo sospeso, a casa, permette di recuperare quel che lo stesso tempo ha travolto, quand’era tiranno. E capita che una più tranquilla perlustrazione di biblioteca domestica faccia riemergere cose non sfuggite, ma rimaste lì, dormienti. Così è il tempo giusto per restituire ad Angelo Aprile, fotografo padovano, quel che è di Angelo Aprile. Che è scomparso giovane un paio d’anni fa ma ci ha lasciato, grazie ai suoi amici, un libro fondamentale per la storia della fotografia padovana e non solo: si intitola Senza Confini, e merita una meditazione che va al di là della fotografia.
E chiamiamola ancora fotografia, se vogliamo. Ogni immagine catturata dalla realtà ha bisogno di una superficie: la pellicola, la scheda elettronica, la carta sulla quale viene stampata, lo schermo che la proietta. Aprile la supera, la superficie è solo un tramite. Ogni sua fotografia va «dentro». E ci sono molti dentro: il nostro innanzitutto, quello di chi guarda. Noi che oltre al solito guardare/vedere, con le foto di Angelo «sentiamo», è impossibile non farlo, è una tempesta di sentimenti quella che ci investe, ci scava, lascia sensazioni e tracce, pensieri nostri e suoi, forse pensieri di chi è ritratto. Questa fotografia va oltre la tecnica, l’estetica - molti, moltissimi bravi a fare i «quadretti» – il suo essere innanzitutto messaggio predomina, comanda, impone una fruizione più profonda. Inevitabile e obbligatoria, non le si sfugge: la tentazione di disquisire sugli equilibri dei bianchi e dei neri, sul linguaggio del colore, sulla nettezza delle inquadrature, sul miracolo dell’attimo scelto è facilmente superata. C’è qualcosa di più bello, eticamente più bello, e più profondo. Queste foto vi parlano immediatamente di giustizia e ingiustizia, di umanità individuale e collettiva, di lotta, vittoria e sconfitta, di guerra e raramente pace. La scelta di Angelo non è mai stata quella di rassicurare i pochi privilegiati, ma al contrario quella di far vedere donne, uomini, situazioni in cui la quiete non c’è, perché il mondo è crudele, ingiusto, in gran parte sbagliato. Non servono parole, ad Angelo, per dircelo. Serve soprattutto la sua comprensione, servono i suoi occhi. «Dentro» alla macchina fotografica va questa capacità: capire. Testimoniare è quasi secondario. Parlando di fotografia, sembra quasi paradossale: ma con Angelo saltano i diaframmi, noi vediamo con i suoi occhi, non con la sua fotocamera. Se siamo bravi, sentiamo con il suo sentire.
E poi i bambini: la purezza più totale, non c’è stato il tempo per sovrastrutture, è l’esistenza senza aggettivi che si identifica con le emozioni. Le loro, le nostre, e questa è commozione diversa.
Ancora un «dentro»: è quello delle situazioni. Anche qui una scelta precisa, esserci, e non da spettatore. Le manifestazioni, i cortei, i concerti, ovunque dove le persone diventano azione. Angelo era in mezzo, e ci porta con sé, siamo lì anche noi, in mezzo ai rumori, alle grida, magari agli eccessi. Le foto dell’ «assalto» contro le Grandi Navi a Venezia sono tra le più belle mai viste, molto più pregnanti di quelle documentarie che hanno riempito i giornali, iconiche ma ferme. Con Angelo ci arrivano in faccia gli spruzzi della laguna, il fumo delle torce vi brucia gli occhi. Chiudono il libro, è l’ultimo omaggio prima del ritratto di Angelo.
Il senso di tutto il lavoro di Aprile - e di questo libro importante, Senza Confini, curato da Massimo Sormonta, è che le disuguaglianze non cancellano l’uguaglianza. Scorre sotto gli occhi una storia umana che cerca fratellanza, diritti comuni e tutto quel che c’è da fare perché ciò avvenga. Quindi opposizione, antagonismo, protesta, la lunga marcia di Angelo che per lui s’è fermata qualche mese fa, e che ora è affidata a queste immagini. Grazie a lui, ci sentiamo più uomini in mezzo agli uomini, persone e non corpi. Cosa che, sia detto in una riga, vale anche per gli animali: il loro sguardo è come il nostro, ci dice Angelo, uomo gentile che si ficcava convinto in mezzo alle passioni. E allora possiamo davvero chiamarla solo fotografia?