Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il vescovo: «Risorgeremo dal dolore, ma questo dramma impone saggezza»
Monsignor Pizziol e la Pasqua: «Essenziali i comportamenti responsabili»
VICENZA Dallo stop alle messe all’atto di affidamento alla Madonna di Monte Berico: anche la Chiesa vicentina ha subito stravolgimenti a causa del Coronavirus. Il vescovo Beniamino Pizziol ha celebrato a porte chiuse, rimanendo in contatto con i fedeli attraverso internet, radio e tv. E, in apertura della Settimana Santa, fa sbocciare una speranza: «Da una situazione di dolore e sofferenza - dice - possono fiorire segni inediti di crescita umana e spirituale».
Come ha vissuto questa Quaresima?
«È un tempo straordinario, vale a dire fuori dell’ordinarietà, che speriamo sia limitato, ma sicuramente sarà definito storico. Mi auguro e prego non si ripeta. Ho vissuto una Quaresima più convinta, più sentita, più sobria, più concreta, più vera. Su sollecitazione di tanti confratelli e di tanti religiosi e laici, ho posto un segno di grande significato e coinvolgimento comunitario: l’affidamento alla Madonna di Monte Berico».
Le restrizioni hanno allontanato i credenti o, al contrario, la fede si è rinnovata?
«Sono convinto che questo tempo di “digiuno eucaristico” abbia provocato un rinnovato desiderio della comunione sacramentale, come segno di rinnovamento spirituale. Sia i fedeli che i pastori sado pranno vivere con più consapevolezza e intensità il dono dei sacramenti, l’importanza della Parola di Dio e il valore degli incontri comunitari».
Alla domanda «perché Dio non ha impedito questo flagello?», cosa risponde?
«Mi pare che la domanda, seppur legittima, nasconda una concezione sbagliata di Dio, pagana. Ha detto bene Papa Francesco nella meditazione sul sagrato di San Pietro: “Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un monmalato”. Per i credenti il mondo è stato creato buono e sano da Dio e noi poi l’abbiamo fatto ammalare con la nostra sete di possesso ed egoismo».
Che insegnamento si può trarre dalla pandemia?
«Ci sono molti insegnamenti, a patto che tutti insieme decidiamo di riflettere con realismo e saggezza. Se invece l’atteggiamento è quello di non veder l’ora di uscire da questo dramma per riprendere la vita di sempre, magari con la prospettiva di recuperare il tempo perduto in modo superficiale e insensato, allora non ci avrà insegnato niente. A me ha insegnato ad essere più consapevole della mia precarietà e fragilità. Mi ha fatto capire che esistono persone (come medici e infermieri) con la forza di mettersi al servizio degli ammalati, anche a rischio di perdere la propria vita, come è avvenuto. Questo tempo mi ha fatto sperimentare il valore inestimabile della fede, del silenzio, della preghiera, della meditazione della Scritture, e così pure l’importanza dell’amicizia, della solidarietà verso i più fragili, della cura della propria salute e di quella delle altre persone attraverso comportamenti responsabili e rispettosi».