Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La Cortina di Forster Tra nostalgia e nuovo turismo

La protagonis­ta racconta l’identità in pericolo nella poesia del paesaggio

- Chiamulera

«Miss Raby non era più tornata al villaggio. Era corsa voce che una classe inferiore di turisti avesse scoperto la località, e, temendo di ritrovarla rovinata in qualche aspetto, aveva nutrito una certa diffidenza nel tornare a quei paesaggi, che al tempo le avevano dato così tanto piacere». Sono passati quasi centoventi anni da quando E.M. Forster scrisse queste righe, ma, come avviene con la grande letteratur­a, non sono invecchiat­e. Anzi, non ci sentiamo un po’ così tutti noi, al momento di tornare in un luogo di vacanza che abbiamo amato e che non vediamo da molto? Ma di quale villaggio parla qui l’autore di Camera con vista? Non è un borgo toscano, bensì un luogo che da sempre si attira proprio quell’ozioso refrain, e cioè l’eterna, ciclica decadenza rispetto a quello che era prima: Cortina d’Ampezzo. Quella che ancora adesso, a detta della matrona borghese nel salotto di Cianderies come dell’avvocato padovano che fa l’aperitivo su Corso Italia, «non è più la stessa». Forster l’aveva già capito nel 1905, quando pubblicò il racconto The Eternal Moment, «L’attimo eterno», che doveva essere quella la colonna sonora di un posto così bello e così prezioso. E capì molte altre cose, che balzano subito agli occhi del lettore attento. Sì, ci sono le montagne che fanno da corona a un paesino alpino, ma questa «Vorta» di cui parla Forster sarà davvero Cortina? Come capiamo che la carrozza su cui viaggiano Miss Raby, scrittrice britannica di mezza età, la sua accompagna­trice Elizabeth e l’ufficiale in congedo Leyland, sta facendo il suo ingresso nella valle d’Ampezzo, allora l’asburgica Hayden? Intanto dalle parole di Miss Raby stessa, quando afferma che questa località «si trova nell’Italia irredenta», passa la dogana (dal tricolore italiano al giallo e nero della bandiera imperiale) ma, avverte, «per sette o otto miglia vi si parla ancora italiano». E poi un fiume di indizi gustosi. I nomi degli alberghi e delle pensioni, ad esempio: Grand Hotel des Alpes, Hotel des Londres, Pensione Belle Vue. Alcuni suonano familiari: esistono ancora oggi. Infine, la descrizion­e del paesaggio di Vorta, non appena la carrozza si fa largo tra i pini e gli abeti: «Una valle i cui fianchi erano prati smeraldini», dove «la roccia scoppiava fuori dall’erba e creava montagne i cui pinnacoli erano delicati nella purezza della sera». In mezzo ad essa, il «grande villaggio bianco si lanciava su prati ondulati come una nave sul mare», e «sulla prua, con un netto drizzarsi, stava una maestosa torre di una recente pietra grigia». È proprio il campanile cortinese, realizzato a metà Ottocento. «Mi aspetto che abbiate una bella accoglienz­a in uno di questi alberghi», dice Leyland a Miss Raby, «se la gente qui sa che cos’è la gratitudin­e». Il riferiment­o è al fatto che la scrittrice ha ambientato proprio a Vorta, alias Cortina, il suo romanzo più importante, intitolato The Eternal Moment, che oltre a rendere famosa l’autrice «aveva reso famoso anche il paese di Vorta». Un libro ha dunque il potere di interferir­e a tal punto con un luogo da cambiarne per sempre i connotati? È l’inizio di una bella meditazion­e sul rapporto che lega il turista ai luoghi visitati, alla spoliazion­e quasi colonizzat­rice dei paesini italiani, accentuata e ingigantit­a in questo caso dalla sensibilit­à dell’artista, la scrittrice, che nel suo piccolo delirio si sente quasi responsabi­le per tutti i cambiament­i impressi agli autoctoni. Resta al lettore, nel piacere di rileggere questo racconto che fu palestra narrativa di Forster verso i romanzi celebri, di confrontar­si con il timore iniziale di Miss Raby. Intanto, qualcosa di interiore si è scatenato nella protagonis­ta. E non è solo un vecchio amore, che si affaccerà col suo carico inevitabil­e di delusioni. A voler essere cattivi, è il dispiacere dell’invecchiam­ento, del peso degli anni, che dall’interiorit­à viene proiettato sul luogo che ci ospita, che non si trova uguale a com’era e che dunque viene reso responsabi­le, colpevole dei nostri malanni. A voler essere indulgenti, è la malinconia struggente del tempo che passa inesorabil­e, e che vorremmo fermare. Fermarci nel tempo, e con noi tutto quello che ci circondava: amori, montagne, amicizie, conversazi­oni, risate. L’attimo eterno.

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Pagine Lo scrittore inglese Edward Morgan Forster, autore del racconto «The Eternal Moment», «L’attimo eterno»

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