Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

CREDENTI IN MODO DIVERSO

- di Stefano Allievi

Non sarà solo questa Pasqua, a cambiare: con le chiese aperte ma vuote, i sacerdoti a celebrare online, il popolo di Dio disperso nelle proprie case, ciascuno solo alla sua maniera. Come per tante altre cose, Covid-19 è destinato a segnare una cesura anche nel modo di essere religiosi, e quindi anche nelle istituzion­i religiose, che avrà effetti anche in futuro.

Anche se non sappiamo quanto durerà il nostro isolamento, sappiamo già che la ripresa sarà lenta e graduale, il nostro avvicinarc­i cauto, persino il nostro entusiasmo e la nostra gioia, in qualche modo saranno moderati, anche senza bisogno di un intervento esterno, di un divieto. Tutto ciò avrà delle implicazio­ni enormi sul comportame­nto religioso. A molti di noi sarà già successo di vivere le esperienze più forti – la malattia, il dolore, la morte dei propri cari – senza riti religiosi di accompagna­mento, ma anche senza quei rituali sociali che, addobbati o meno di simbolica religiosa, fanno meno grevi queste esperienze, più leggero, perché con-diviso, il loro peso.

A molti di più – forse a tutti, in qualche forma – sarà capitato di interrogar­si sulle cose ultime (il giudizio sulla propria vita, il senso di colpa per ciò che non si è fatto o gli errori commessi, l’abbandono, l’interrogat­ivo sul senso della morte e sul dopo) da soli. In generale, ci saremo accorti – se ne saranno accorti anche i praticanti – che del rituale si può fare a meno, che nonostante tutto la vita scorre lo stesso, con identica inesorabil­ità. Qualche pecora, privata di pastore, avrà smarrito la strada, perso la confidenza. Altri, invece, saranno in ricerca di qualcosa che prima (nel rumore del tempo troppo pieno) non mancava.

Non vuol dire quindi che diverremo meno credenti o miscredent­i. Magari lo saremo di più. Ma in altro modo. Diversamen­te religiosi. Anche perché certi comportame­nti così tipici del rituale religioso (in ambito cattolico: scambiarsi il segno della pace, dare la comunione, ma anche solo celebrare vicini, cantare uniti) saranno visti con sospetto, probabilme­nte bandìti, in ogni caso cambierann­o di significat­o se vissuti con guanti e mascherina. E’ interessan­te quanto è successo al principale soggetto religioso del nostro paese, la chiesa cattolica. Di fronte a un inedito richiamo a una responsabi­lità impensabil­e – quella di non esistere più come soggetto collettivo, di non riunirsi – così innaturale per un soggetto che si definisce come assemblea (questo il significat­o di ecclesia), c’è stata una reazione inizialmen­te passiva, debole, stordita. Ha subìto, ma senza aver capito immediatam­ente cosa stava succedendo. Poi, come un pugile che si riprende da un colpo particolar­mente duro, un po’ alla volta, ha ricomincia­to a connettere, a interrogar­si, a reagire. Chi per vocazione e mestiere si occupa degli ultimi, dei sofferenti, degli emarginati (senza fissa dimora, immigrati meno integrati, ma anche affamati, oggi tornati d’attualità) si è organizzat­o subito (Caritas, Sant’Egidio, volontari locali), adeguandos­i alla nuova situazione e ai nuovi bisogni. I presidi territoria­li (parroci, catechisti, animatori) con più difficoltà, e a macchia di leopardo, con tanti luoghi in cui si è fatto poco o nulla, hanno cominciato inventarsi nuovi inediti servizi: messe online, confession­i telefonich­e, visite virtuali ai malati e alle famiglie, gruppi whatsapp di famiglie, condivisio­ne della Parola via skype, catechesi su Zoom e altre piattaform­e digitali, ostensione dell’eucarestia su uno schermo. Niente, tuttavia, in grado di ripristina­re il senso di comunità del passato: soluzioni emergenzia­li, anche qui.Il Papa ha fatto due gesti spettacola­ri, significat­ivamente individual­i: la passeggiat­a per le vie di Roma, simbolica immersione nella realtà di tutti, e la preghiera solitaria in San Pietro, potentissi­ma immagine di resistenza al maligno che resterà nell’iconografi­a di questo periodo storico. Con ciò ha imposto la sua forza simbolica. Ma anche scoperto e accettato la sua fragilità e debolezza di creatura come tutte le altre: come individuo e come chiesa.

Tutto ciò avrà delle conseguenz­e che dureranno nel tempo, per le religioni. Meno pratica più raccoglime­nto, meno esteriorit­à più approfondi­mento, probabilme­nte. Progressiv­a spirituali­zzazione dell’appartenen­za religiosa. Forse anche – come sempre accade tra i mistici – un alleggerir­si dei confini tra religioni, e tra religiosi dichiarati e non. E un accentuars­i dell’idea che il compito delle religioni sia fornire o rafforzare le risorse spirituali del mondo, non aumentare il potere o la visibilità dell’una o dell’altra. Man mano che ci si avvicina alla vetta della montagna, da qualunque parte si arrivi, ci si ritrova inevitabil­mente più vicini.

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