Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Aziende, scuole, bar e spiagge Palù: «Ecco le tappe per riaprire»
Lo scienziato consulente della Regione drastico sulle elezioni: «Diversi Paesi le hanno rinviate, andare alle urne non è molto diverso che andare in discoteca»
«Ripartire senza un vaccino significa automaticamente rinunciare al rischio-zero». Aziende, scuola, bar, spiagge, Giorgio Palù, docente emerito di Microbiologia al Bo, ipotizza le tappe. «Prima le imprese cardine, il resto a contagio quasi zero». E sul voto a giugno dice: «Eviterei gli assembramenti».
Giorgio Palù - docente emerito di Microbiologia all’università di Padova e professore associato di neuroscienze e tecnologia alla Temple University di Philadelphia - è stato definito «il virologo del modello veneto» per via del fatto che Luca Zaia l’ha voluto al suo fianco, come consulente, in una lotta al coronavirus che nella nostra Regione si sta dimostrando più efficace che altrove. Quando il governatore dice che «ogni scelta dev’essere avallata dagli scienziati», è soprattutto a lui che sta pensando.
Trevigiano di Oderzo, 71 anni, Palù parte da un’unica certezza assoluta: «Ogni pericolo legato al Covid 19 terminerà solo quando verrà finalmente trovato un vaccino». Sembra un’ovvietà ma ha implicazioni enormi per chi è chiamato ad assumersi la responsabilità di stabilire quando dare inizio al percorso che porterà a un graduale ritorno alla normalità. La chiamano «Fase 2» ma il viro logo mette subito in chiaro che, se non si vogliono rendere vani gli sforzi fatti finora per contenere il contagio, ci dovranno necessariamente essere anche una Fase 3 e una Fase 4.
Professore, secondo lei, dopo settimane di stallo le imprese potranno finalmente ripartire il 14 aprile o ci sarà un nuovo rinvio?
«C’è molta pressione da parte degli imprenditori, ed è comprensibile: questo virus che affligge l’umanità ha bloccato l’edilizia, l’industria primaria, l’export... Ripartire senza un vaccino significa automaticamente rinunciare al rischio-zero. E qui occorre essere pragmatici. C’è chi sostiene che debba venire prima la salvaguardia della salute e chi vorrebbe privilegiare il lavoro. Ma la soluzione non può che essere un compromesso, perché se l’economia dovesse collassare è evidente che non avremo più neppure le risorse necessarie ad assistere i malati».
Quando sarà il momento giusto?
«Non sono un politico e non spetta a me decidere i criteri da adottare. Se lo fossi, sceglierei di avviare la riapertura graduale solo quando ”R con zero” - cioè il tasso di contagiosità del virus - sarà pari o inferiore a uno, quindi quando un positivo al coronaavrà la potenzialità di contagiare meno di un’altra persona. Attualmente, in Veneto, l’indice è 1,4: oscilla, ma progressivamente sta calando. Spero si arrivi presto sotto la fatidica soglia, ma non azzardo previsioni visto che tutti modelli matematici finora hanno sbagliato. Invito però a riflettere su una cosa: la Cina ha impiegato cento giorni per ripartire, pur avendo adottato misure di distanziamento soaspettino ciale rigorosissime. Da noi le limitazioni più severe sono scattate appena un mese fa, dopo lunghe esitazioni...».
Come dovrebbe essere la Fase 2?
«Differenziata. Come l’epidemia è subito divampata in alcune zone mentre in altre è arrivata solo in un secondo momento, lo stesso accadrà per l’abbassamento dell’indice di contagio. Quindi è opportuno che alcuni territori a ripartire qualche giorno in più di altri. Dovessi dare un consiglio a chi ci governa, direi che all’inizio andrebbero riaperte solo le imprese più importanti, quelle che esportano e che trascinano il Pil italiano, quei settori primari per il sostegno non solo dell’economia ma dell’intero sistema-Italia. Penso alla meccanica, alla meccatronica, al settore farmaceutico, all’agroalimentare, per fare qualche esempio».
Che riapertura sarebbe?
«Molto cauta. E anche su questo aspetto, il ruolo delle Regioni dovrebbe essere centrale. Ricordiamoci che il governo è in grado di dare dei criteri generali ma poi la regia non può che essere affidata agli enti locali, che si muoveranno sulla base dell’andamento dell’epidemia sul territorio. Per evitare di vanificare i risultati ottenuti, suggerirei di adottare delle rigide misure di controllo all’interno delle industrie: misurare la temperatura a tutti i dipendenti prima di entrare, indossare mascherine, occhiali e copriscarpe, e mantenere la distanza di sicurezza dai colleghi. Fondamentale sarebbe sottoporre i lavoratori al test sierologico, che consente di sapere se un individuo, magari dopo aver contratto il Covid in modo asintomatico, ha maturato gli anticorpi».
Quando si potranno riaprire bar e ristoranti?
«Temo saranno quelli destinati a soffrire più a lungo, come le piccole attività artigianali che non hanno la possibilità di assicurare le condizioni di sicurezza all’interno dei propri laboratori. Soprattutto nella prima fase di riapertura, occorrerà fare di tutto per evitare i sovraffollamenti. Ed è evidente che nei locali pubblici le code si formano di continuo...».
Quindi andrebbero esclusi dalla Fase 2?
«Temo che per bar e ristoranti, si dovrà pianificare una Fase 3».
E le discoteche?
«Sono un luogo troppo pericoloso. Nel caso, si dovrebbe parlare di Fase 4».
Elezioni regionali a giugno/luglio o è meglio aspettare ottobre?
«Eviterei tutte le occasioni di affollamento. La chiamata alle urne non è molto diversa da una discoteca. Vedo che tanti Paesi hanno scelto di rinviare il voto. E se l’hanno fatto Stati che contano molti meno contagiati del nostro, non vedo perché dovremmo incaponirci».
Almeno questa estate si potrà andare al mare?
«Presto per dire se sarà sconsigliato stare sotto l’ombrellone accanto agli altri bagnanti, oppure no. È pur vero che all’aperto si riduce il rischio di contagio...».
Fosse per lei, riaprirebbe le scuole prima della fine dell’anno scolastico?
«Mi pare che l’intenzione del governo sia di non ripartire con le lezioni in classe. È condivisibile».
Per evitare un nuovo boom di contagi, a settembre i nostri figli dovranno indossare le mascherine anche in classe e tenere i banchi distanziati?
«Le scuole sono un luogo di affollamento e di contatto stretto. Ma settembre è ancora lontano ed è presto per dire quali saranno le precauzioni più indicate. La verità è che non sappiamo abbastanza di questo virus per poter prevedere come sarebbe un eventuale “contagio di ritorno”. Quindi per ora è meglio concentrarsi sulla pianificazione di una Fase 2 che sia sicura per la popolazione. Ed è un compito che spetta alla politica».
Spesso sono proprio i politici a tirare voi virologi per la giacchetta, usandovi come schermo per le loro decisioni...
«Se i virologi ai quali si affidano sono quelli che spesso vedo in televisione, allora forse alcuni politici dovrebbero ripensare alle loro scelte in fatto di consulenti scientifici. Dagli Stati Uniti alla Germania, i governi si rivolgono solo a grandi luminari, personalità da premio Nobel, per ottenere dei consigli. Qui da noi, invece, stanno spuntando tanti sedicenti virologi che in tutta la loro carriera non hanno pubblicato neppure uno studio...».
Cosa rimarrà di tutto questo?
«Qualche insegnamento, spero. Stiamo imparando quanto virus e batteri possano influenzare le nostre vite, e quindi l’importanza della ricerca e del lavoro di medici e scienziati. E poi ci rimarrà un nuovo concetto di Europa, anche se non so ancora quale: se i Paesi non faranno qualche importante passo avanti sotto il profilo della solidarietà e della ricerca, l’Europa correrà il rischio di spegnersi a causa degli interessi nazionalistici».
Nient’altro?
«Soprattutto, spero che il coronavirus ci insegni una volta per tutte quanto sia fondamentale la capacità di gestire le emergenze, investendo negli studi, negli ospedali e nel personale: solo così potremo tornare ad affrontare con serenità il nostro futuro».
Su bar e ristoranti Temo saranno quelli destinati a soffrire più a lungo, come le piccole attività artigianali che non hanno la possibilità di assicurare le condizioni di sicurezza
Sulle vacanze Presto per dire se sarà sconsigliato stare sotto l’ombrellone accanto agli altri bagnanti, oppure no. È pur vero che all’aperto si riduce il rischio di contagio al Covid...