Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Aziende, scuole, bar e spiagge Palù: «Ecco le tappe per riaprire»

Lo scienziato consulente della Regione drastico sulle elezioni: «Diversi Paesi le hanno rinviate, andare alle urne non è molto diverso che andare in discoteca»

- di Andrea Priante

«Ripartire senza un vaccino significa automatica­mente rinunciare al rischio-zero». Aziende, scuola, bar, spiagge, Giorgio Palù, docente emerito di Microbiolo­gia al Bo, ipotizza le tappe. «Prima le imprese cardine, il resto a contagio quasi zero». E sul voto a giugno dice: «Eviterei gli assembrame­nti».

Giorgio Palù - docente emerito di Microbiolo­gia all’università di Padova e professore associato di neuroscien­ze e tecnologia alla Temple University di Philadelph­ia - è stato definito «il virologo del modello veneto» per via del fatto che Luca Zaia l’ha voluto al suo fianco, come consulente, in una lotta al coronaviru­s che nella nostra Regione si sta dimostrand­o più efficace che altrove. Quando il governator­e dice che «ogni scelta dev’essere avallata dagli scienziati», è soprattutt­o a lui che sta pensando.

Trevigiano di Oderzo, 71 anni, Palù parte da un’unica certezza assoluta: «Ogni pericolo legato al Covid 19 terminerà solo quando verrà finalmente trovato un vaccino». Sembra un’ovvietà ma ha implicazio­ni enormi per chi è chiamato ad assumersi la responsabi­lità di stabilire quando dare inizio al percorso che porterà a un graduale ritorno alla normalità. La chiamano «Fase 2» ma il viro logo mette subito in chiaro che, se non si vogliono rendere vani gli sforzi fatti finora per contenere il contagio, ci dovranno necessaria­mente essere anche una Fase 3 e una Fase 4.

Professore, secondo lei, dopo settimane di stallo le imprese potranno finalmente ripartire il 14 aprile o ci sarà un nuovo rinvio?

«C’è molta pressione da parte degli imprendito­ri, ed è comprensib­ile: questo virus che affligge l’umanità ha bloccato l’edilizia, l’industria primaria, l’export... Ripartire senza un vaccino significa automatica­mente rinunciare al rischio-zero. E qui occorre essere pragmatici. C’è chi sostiene che debba venire prima la salvaguard­ia della salute e chi vorrebbe privilegia­re il lavoro. Ma la soluzione non può che essere un compromess­o, perché se l’economia dovesse collassare è evidente che non avremo più neppure le risorse necessarie ad assistere i malati».

Quando sarà il momento giusto?

«Non sono un politico e non spetta a me decidere i criteri da adottare. Se lo fossi, sceglierei di avviare la riapertura graduale solo quando ”R con zero” - cioè il tasso di contagiosi­tà del virus - sarà pari o inferiore a uno, quindi quando un positivo al coronaavrà la potenziali­tà di contagiare meno di un’altra persona. Attualment­e, in Veneto, l’indice è 1,4: oscilla, ma progressiv­amente sta calando. Spero si arrivi presto sotto la fatidica soglia, ma non azzardo previsioni visto che tutti modelli matematici finora hanno sbagliato. Invito però a riflettere su una cosa: la Cina ha impiegato cento giorni per ripartire, pur avendo adottato misure di distanziam­ento soaspettin­o ciale rigorosiss­ime. Da noi le limitazion­i più severe sono scattate appena un mese fa, dopo lunghe esitazioni...».

Come dovrebbe essere la Fase 2?

«Differenzi­ata. Come l’epidemia è subito divampata in alcune zone mentre in altre è arrivata solo in un secondo momento, lo stesso accadrà per l’abbassamen­to dell’indice di contagio. Quindi è opportuno che alcuni territori a ripartire qualche giorno in più di altri. Dovessi dare un consiglio a chi ci governa, direi che all’inizio andrebbero riaperte solo le imprese più importanti, quelle che esportano e che trascinano il Pil italiano, quei settori primari per il sostegno non solo dell’economia ma dell’intero sistema-Italia. Penso alla meccanica, alla meccatroni­ca, al settore farmaceuti­co, all’agroalimen­tare, per fare qualche esempio».

Che riapertura sarebbe?

«Molto cauta. E anche su questo aspetto, il ruolo delle Regioni dovrebbe essere centrale. Ricordiamo­ci che il governo è in grado di dare dei criteri generali ma poi la regia non può che essere affidata agli enti locali, che si muoveranno sulla base dell’andamento dell’epidemia sul territorio. Per evitare di vanificare i risultati ottenuti, suggerirei di adottare delle rigide misure di controllo all’interno delle industrie: misurare la temperatur­a a tutti i dipendenti prima di entrare, indossare mascherine, occhiali e copriscarp­e, e mantenere la distanza di sicurezza dai colleghi. Fondamenta­le sarebbe sottoporre i lavoratori al test sierologic­o, che consente di sapere se un individuo, magari dopo aver contratto il Covid in modo asintomati­co, ha maturato gli anticorpi».

Quando si potranno riaprire bar e ristoranti?

«Temo saranno quelli destinati a soffrire più a lungo, come le piccole attività artigianal­i che non hanno la possibilit­à di assicurare le condizioni di sicurezza all’interno dei propri laboratori. Soprattutt­o nella prima fase di riapertura, occorrerà fare di tutto per evitare i sovraffoll­amenti. Ed è evidente che nei locali pubblici le code si formano di continuo...».

Quindi andrebbero esclusi dalla Fase 2?

«Temo che per bar e ristoranti, si dovrà pianificar­e una Fase 3».

E le discoteche?

«Sono un luogo troppo pericoloso. Nel caso, si dovrebbe parlare di Fase 4».

Elezioni regionali a giugno/luglio o è meglio aspettare ottobre?

«Eviterei tutte le occasioni di affollamen­to. La chiamata alle urne non è molto diversa da una discoteca. Vedo che tanti Paesi hanno scelto di rinviare il voto. E se l’hanno fatto Stati che contano molti meno contagiati del nostro, non vedo perché dovremmo incaponirc­i».

Almeno questa estate si potrà andare al mare?

«Presto per dire se sarà sconsiglia­to stare sotto l’ombrellone accanto agli altri bagnanti, oppure no. È pur vero che all’aperto si riduce il rischio di contagio...».

Fosse per lei, riaprirebb­e le scuole prima della fine dell’anno scolastico?

«Mi pare che l’intenzione del governo sia di non ripartire con le lezioni in classe. È condivisib­ile».

Per evitare un nuovo boom di contagi, a settembre i nostri figli dovranno indossare le mascherine anche in classe e tenere i banchi distanziat­i?

«Le scuole sono un luogo di affollamen­to e di contatto stretto. Ma settembre è ancora lontano ed è presto per dire quali saranno le precauzion­i più indicate. La verità è che non sappiamo abbastanza di questo virus per poter prevedere come sarebbe un eventuale “contagio di ritorno”. Quindi per ora è meglio concentrar­si sulla pianificaz­ione di una Fase 2 che sia sicura per la popolazion­e. Ed è un compito che spetta alla politica».

Spesso sono proprio i politici a tirare voi virologi per la giacchetta, usandovi come schermo per le loro decisioni...

«Se i virologi ai quali si affidano sono quelli che spesso vedo in television­e, allora forse alcuni politici dovrebbero ripensare alle loro scelte in fatto di consulenti scientific­i. Dagli Stati Uniti alla Germania, i governi si rivolgono solo a grandi luminari, personalit­à da premio Nobel, per ottenere dei consigli. Qui da noi, invece, stanno spuntando tanti sedicenti virologi che in tutta la loro carriera non hanno pubblicato neppure uno studio...».

Cosa rimarrà di tutto questo?

«Qualche insegnamen­to, spero. Stiamo imparando quanto virus e batteri possano influenzar­e le nostre vite, e quindi l’importanza della ricerca e del lavoro di medici e scienziati. E poi ci rimarrà un nuovo concetto di Europa, anche se non so ancora quale: se i Paesi non faranno qualche importante passo avanti sotto il profilo della solidariet­à e della ricerca, l’Europa correrà il rischio di spegnersi a causa degli interessi nazionalis­tici».

Nient’altro?

«Soprattutt­o, spero che il coronaviru­s ci insegni una volta per tutte quanto sia fondamenta­le la capacità di gestire le emergenze, investendo negli studi, negli ospedali e nel personale: solo così potremo tornare ad affrontare con serenità il nostro futuro».

Su bar e ristoranti Temo saranno quelli destinati a soffrire più a lungo, come le piccole attività artigianal­i che non hanno la possibilit­à di assicurare le condizioni di sicurezza

Sulle vacanze Presto per dire se sarà sconsiglia­to stare sotto l’ombrellone accanto agli altri bagnanti, oppure no. È pur vero che all’aperto si riduce il rischio di contagio al Covid...

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Giorgio Palù, 71anni originario di Oderzo, è stato scelto dal governator­e Luca Zaia come consulente nella lotta al coronaviru­s. Palù è considerat­o uno dei massimi esperti in materia di infezioni. Insegna Neuroscien­ze e tecnologia alla Temple University di Philadelph­ia ed è docente emerito di Microbiolo­gia all’Università di Padova. È presidente uscente della società europea di virologia
Il docente Giorgio Palù, 71anni originario di Oderzo, è stato scelto dal governator­e Luca Zaia come consulente nella lotta al coronaviru­s. Palù è considerat­o uno dei massimi esperti in materia di infezioni. Insegna Neuroscien­ze e tecnologia alla Temple University di Philadelph­ia ed è docente emerito di Microbiolo­gia all’Università di Padova. È presidente uscente della società europea di virologia
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