Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Decreto liquidità gli artigiani: «Così non va»
Carraro (Confindustria): «Nodo rapidità, ma direzione giusta»
VENEZIA Tempi lunghi e automatismi sulle garanzie, non sui finanziamenti. Con tempi e tetti sui prestiti da rivedere. Alla prova dei fatti, sono molte le critiche degli artigiani al Decreto Liquidità entrato ieri nel vivo.
VENEZIA Decreto liquidità, le piccole imprese ci guardano dentro e vedono ancora troppe ombre. Il rischio del collo di bottiglia in banca, con tempi comunque troppo lenti rispetto all’urgenza dell’ossigeno subito alle imprese. Con una serie di limiti operativi che spuntano all’ultimo momento e il subordine al via libera dell’Unione europea. Alla prova dei fatti, del decreto legge pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale e messo in moto dalle banche con la prima circolare operativa dell’Abi, le associazioni di categoria vanno subito alla carica della poderosa manovra di liquidità per le imprese da 200 miliardi garantita dallo Stato, attraverso Sace e Fondo centrale di garanzia. In concreto ovviamente diversa dalla promessa suonata quasi come generalizzata di avere almeno 25 mila euro pronto cassa in banca senza valutazioni. Perché di automatico c’è sì la garanzia, ma non l’affidamento.
La reazione è quasi ovvia. «Oggi dobbiamo dire che così non va - dice per esempio tra gli artigiani il presidente regionale di Cna, Alessandro Conte Il testo non soddisfa l’esigenza degli operatori di avere la liquidità per le spese correnti. Governo e parlamento modifichino subito il testo per non seminare sconcerto e rabbia tra chi confidava di poter avere i mezzi per non dover chiudere».
E sul fronte Confartigianato, il timore del presidente regionale, Agostino Bonomo, si concentra sui timori di sovraccarico delle filiali bancarie, che lavorano in parte in smart working. Bonomo punta poi sulla necessità di alzare il tetto dei finanziamenti garantiti al
100%, senza istruttoria, da 25 a
50 mila euro. «E poi il decreto è subordinato alla spada di Damocle della Commissione europea. E riprendendo il premier Conte sulla necessità degli Eurobond, ribadisco che l’Europa non può perder l’occasione».
Le critiche vanno poi nel merito. Dice ancora Conte, della Cna: «L’automatismo della garanzia non assicura la consconfinati cessione del credito neanche fino a 25mila euro, lasciando alle banche la valutazione su merito, durata e condizioni. E non è sicuro che si possa ottenere credito aggiuntivo: il decreto prevede che il debitore possa consentire alla banca di non aumentare l’esposizione. E lo stanziamento di 1,7 miliardi potrà assicurare al massimo 20 miliardi di nuovo credito».
Il punto, però, come fanno capire nelle direzioni delle banche impegnate a studiare il decreto, è forse di non pretendere oltre il possibile dal canale bancario che si è deciso di percorrere. Che, anche con le garanzie, non può derogare dalle regole minime sulla concessione del credito, che, per dire, impediscono di finanziare chi chiaramente non può restituire i prestiti.
Già così le banche possono andare ben oltre i limiti ordinari. Per dire: secondo le istruzioni Abi, le banche possono garantire con il fondo centrale di garanzia credito anche alle aziende con prestiti scaduti, o in inadempienza probabile dopo il 31 gennaio a seguito della crisi. E se è vero che la garanzia può coprire pratiche che non aumentano gli affidamenti, il cosiddetto consolido, è pur vero che la pratica si collega comunque ad un’espansione del 10% sull’utilizzato e ad una rimodulazione dei prestiti confermati con le garanzie, che evita comunque il rischio di messa a rientro.
La politica si è venduta la pelle prima dell’orso? «Il tentativo di buttare la palla in tribuna c’è», dice Lando Sileoni, segretario nazionale del sindacato autonomo dei bancari Fabi, che non a caso ha chiesto ieri direttive chiare ai bancari, «per rendere facilmente applicabile il decreto», temendo che la differenza tra il dire e il fare si scarichi sugli operatori allo sportello seduti di fronte ai clienti. «Se si voleva una politica a fondo perduto si doveva scegliere un’altra strada. Molti argomenti sono stati trattati in maniera semplicistica e una serie di paletti chiariti solo nel testo finale - dice ora Sileoni -. Semplicistico, ad esempio che nessuno abbia tenuto conto che per adeguare le procedure interne delle banche alle nuove garanzie serviranno dieci giorni. Vuol dire andare a metà della prossima settimana».
«La direzione è giusta. E penso che le banche abbiano tutto l’interesse a rimettere in moto l’economia - sostiene per parte sua il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro
-. Vediamo possibili problemi sui tempi d’istruttoria così come sui tempi di restituzione limitati a sei anni: ne servivano almeno 15. Ma dobbiamo fare i conti con la situazione». «Le cifre destinate a credito e garanzie sono importanti ed è chiaro che non si possono fare i miracoli con il debito di questo Paese - aggiunge Mirko Bragagnolo, delegato credito di Confindustria Vicenza -. Soprattutto per le Pmi, le banche saranno fondamentale. Auspichiamo, con garanzie statali per lo più del 100% e del 90%, che siano valutate con rapidità le richieste di imprese che vogliono assolutamente ripartire».
” Conte Nemmeno le garanzie assicurano il credito Tutto lasciato alle banche
” Bonomo Preoccupati dai tempi I prestiti garantiti al 100% vanno alzati a 50 mila euro