Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
RIVEDERE LE SECONDE CASE
Una delle pagine meno nobili della recente pandemia è stata la guerra delle seconde case. Certo non drammatica come tante altre vicende riservateci dal virus, ma spiacevole e imbarazzante per i protagonisti schierati sui fronti opposti. Da sempre ricercati, blanditi, accolti dagli amministratori locali e dagli operatori, i turisti più fedeli, che avevano tradotto il loro grande amore.
Amore per una località in un di solito oneroso investimento immobiliare e che in ogni periodo di vacanza portavano ricchezza nella stazioni climatiche, di colpo si sono visti trasformati in ospiti indesiderati.
Nei loro alloggi sui monti e al mare avevano cercato riparo dalle città devastate dall’epidemia, ma le popolazioni locali, terrorizzate dal contagio, esercitarono pressioni sugli amministratori e sulle forze dell’ordine perché fossero respinti al mittente.
Il 27 febbraio il presidente della Valle d’Aosta richiamava i turisti, spiegando che lì non c’erano casi e il protocollo di prevenzione era il migliore d’Italia, salvo poi rimangiarsi tutto e invitare la gente a tornarsene a casa, perché la sanità locale non ce l’avrebbe fatta a occuparsi anche di loro. Vicende analoghe o poco diverse si sono ripetute lungo tutto l’arco alpino. Nella catena delle ritorsioni non è mancato chi ha fatto notare che gli abitanti dei monti e del mare, in trasferta in pianura alla ricerca di cure negli ospedali più qualificati e presso medici di elevata professionalizzazione, aveva ricevuto un trattamento ben diverso. L’emergenza fa brutti scherzi, ma anche su questo come su altre vicende è giusto che ora si volti pagina e si valutino invece le opportunità che la recente esperienza ha dischiuso.
Architetti e urbanisti ne stanno già discutendo e Anna Giorgi, instancabile promotrice dell’università della Montagna di Edolo, ha messo in agenda la questione per una think tank che dovrebbe riunirsi a breve. Di cosa si tratta? Il protrarsi della convivenza con il virus potrebbe indurre molti proprietari di seconde case a prendere in considerazione la possibilità di godere più a lungo dei vantaggi del lavoro a distanza.
Ci sono le premesse per l’avvio di forme di residenzialità ibrida, in cui periodi trascorsi in città si alternerebbero a periodi trascorsi al mare o in montagna. Questa soluzione presenterebbe indubbi vantaggi. Per gli interessati periodi di vita più piacevoli, rilassanti, in ambienti più salubri, per località sottoposte a ondate di pieni e vuoti stagionali una nuova, più stabile socialità, la riduzione dei rischi della perifericità, il rafforzamento della contribuzione alla finanza locale.
Tuttavia affinché la montagna e il mare si candidino effettivamente come un’alternativa periodica e temporanea alla residenza in pianura occorre che servizi, collegamenti, sanità siano potenziati, in modo da garantire un livello di efficienza, che attrarrebbe chi viene da fuori e migliorerebbe la vita di chi vi abita stabilmente. Sono ipotesi allo studio degli esperti, per le quali si attende ovviamente la prova dei fatti. Ma vale la pena che fin d’ora i territori si preparino a cogliere queste opportunità.