Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Banca del sangue, primi donatori «Malattia terribile, così aiutiamo»
Al San Bortolo è iniziata la raccolta del plasma dei vicentini guariti dal Covid 19 Già 64 convocati. Due volontari: «Speriamo che altri passano guarire grazie a noi»
VICENZA Dodici giorni di febbre altissima, con il costante terrore che subentrasse anche l’infiammazione polmonare. O ancora peggio, due settimane in ospedale, compresi 5 giorni in terapia intensiva in cui, senza la ventilazione meccanica, al posto del coma farmacologico ci sarebbe stata la morte. Sono le storie dei guariti vicentini dal Coronavirus che, adesso, hanno deciso di fare la loro parte per la società in cui vivono. «Tirandosi su le maniche», lettCeralmente: al Centro di medicina trasfusionale dell’ospedale San Bortolo hanno offerto le braccia agli aghi degli specialisti del primario Francesco Fiorin, facendosi prelevare sacche di plasma ricco di anticorpi. Intanto, il Covid in provincia arretra nei numeri ma continua ad uccidere: anche ieri si è avuto un decesso in ospedale.
«Degli aghi ho sempre avuto paura. E quello di mercoledì era grosso. Ma questa cosa va fatta: tutti chiacchierano, però se vogliamo uscirne dobbiamo aiutare in prima persona». A parlare è Giorgio Balbo, piccolo imprenditore di 47 anni di Montegalda. La prima seduta nel centro trasfusionale dell’Usl 8 si è svolta mercoledì, con lui c’era un altro guarito residente a Vicenza – Angelo Riccio, di 50 anni – e altri convocati. «Per il Covid ho passato dodici giorni a casa con la febbre altissima, sempre fra 38.5 e 40– spiega Balbo – dall’ospedale mi chiamavano ogni giorno. Il mio timore più grande era di iniziare ad avere tosse». Per l’imprenditore, che a margine sottolinea di essere molto critico sulle politiche governative per le imprese, è stata la prima donazione di questo tipo: «Non l’avevo mai fatto, ne avevo paura. Ma ho perso mezza giornata di lavoro volentieri: il dolore di un ago alla fine non è nulla, a paragone con quello che può provocare questa malattia». Lo sa bene
Riccio, impiegato originario di Termoli, da sei anni a Vicenza con la famiglia. Anche lui ha donato il plasma mercoledì: «Mi sono ammalato all’inizio di marzo e ho avuto il “pacchetto completo” - racconta – 13 giorni in ospedale di cui 5 in Rianimazione intubato. Ne sono uscito e lo posso raccontare, è per questo che sono pronto a donare. Sembra potrò farlo altre due volte: ho molti anticorpi, e ne sono lieto». Per Riccio l’esperienza è stata «molto dura, anche psicologicamente. I 5 giorni di intubazione sono un “buco”, nella mia memoria, perché ero in coma, ma anche al risveglio è stato difficile: in reparto c’era chi stava peggio di me. La donazione non è dolorosa: voglio evitare a qualcuno di dover passare quel che ho passato io».
Le sedute durano un paio d’ore, tra verifiche tecniche e prelievo. Il fine è realizzare anche a Vicenza una sorta di «scorta» a cui attingere in caso di nuove emergenze: «Una volta raccolto il plasma da noi, noi lo lavoriamo togliendo eventuali agenti patogeni, e poi viene conservato a meno 40 gradi – specifica il primario Fiorin – dura un anno. Non tutti i guariti possono essere donatori, solo la metà sono idonei, e va verificata una presenza sufficiente di anticorpi». Per ora sono stati convocati 64 potenziali donatori, ma si spera di arrivare a 400 in tutta la provincia entro l’estate: abbastanza per raccogliere plasma sufficiente per la cura di altre 500 persone. Perché una ripresa dell’epidemia è un’eventualità da non scartare, anche se i dati provinciali continuano ad essere positivi. Ieri si è registrato un decesso al San Bortolo, un 92enne di Arzignano. Il numero complessivo dei ricoveri fra le due Usl è però sceso da 90 a 84, e i nuovi positivi sono 6 a fronte di 1521 tamponi eseguiti.