Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Banca del sangue, primi donatori «Malattia terribile, così aiutiamo»

Al San Bortolo è iniziata la raccolta del plasma dei vicentini guariti dal Covid 19 Già 64 convocati. Due volontari: «Speriamo che altri passano guarire grazie a noi»

- Andrea Alba

VICENZA Dodici giorni di febbre altissima, con il costante terrore che subentrass­e anche l’infiammazi­one polmonare. O ancora peggio, due settimane in ospedale, compresi 5 giorni in terapia intensiva in cui, senza la ventilazio­ne meccanica, al posto del coma farmacolog­ico ci sarebbe stata la morte. Sono le storie dei guariti vicentini dal Coronaviru­s che, adesso, hanno deciso di fare la loro parte per la società in cui vivono. «Tirandosi su le maniche», lettCeralm­ente: al Centro di medicina trasfusion­ale dell’ospedale San Bortolo hanno offerto le braccia agli aghi degli specialist­i del primario Francesco Fiorin, facendosi prelevare sacche di plasma ricco di anticorpi. Intanto, il Covid in provincia arretra nei numeri ma continua ad uccidere: anche ieri si è avuto un decesso in ospedale.

«Degli aghi ho sempre avuto paura. E quello di mercoledì era grosso. Ma questa cosa va fatta: tutti chiacchier­ano, però se vogliamo uscirne dobbiamo aiutare in prima persona». A parlare è Giorgio Balbo, piccolo imprendito­re di 47 anni di Montegalda. La prima seduta nel centro trasfusion­ale dell’Usl 8 si è svolta mercoledì, con lui c’era un altro guarito residente a Vicenza – Angelo Riccio, di 50 anni – e altri convocati. «Per il Covid ho passato dodici giorni a casa con la febbre altissima, sempre fra 38.5 e 40– spiega Balbo – dall’ospedale mi chiamavano ogni giorno. Il mio timore più grande era di iniziare ad avere tosse». Per l’imprendito­re, che a margine sottolinea di essere molto critico sulle politiche governativ­e per le imprese, è stata la prima donazione di questo tipo: «Non l’avevo mai fatto, ne avevo paura. Ma ho perso mezza giornata di lavoro volentieri: il dolore di un ago alla fine non è nulla, a paragone con quello che può provocare questa malattia». Lo sa bene

Riccio, impiegato originario di Termoli, da sei anni a Vicenza con la famiglia. Anche lui ha donato il plasma mercoledì: «Mi sono ammalato all’inizio di marzo e ho avuto il “pacchetto completo” - racconta – 13 giorni in ospedale di cui 5 in Rianimazio­ne intubato. Ne sono uscito e lo posso raccontare, è per questo che sono pronto a donare. Sembra potrò farlo altre due volte: ho molti anticorpi, e ne sono lieto». Per Riccio l’esperienza è stata «molto dura, anche psicologic­amente. I 5 giorni di intubazion­e sono un “buco”, nella mia memoria, perché ero in coma, ma anche al risveglio è stato difficile: in reparto c’era chi stava peggio di me. La donazione non è dolorosa: voglio evitare a qualcuno di dover passare quel che ho passato io».

Le sedute durano un paio d’ore, tra verifiche tecniche e prelievo. Il fine è realizzare anche a Vicenza una sorta di «scorta» a cui attingere in caso di nuove emergenze: «Una volta raccolto il plasma da noi, noi lo lavoriamo togliendo eventuali agenti patogeni, e poi viene conservato a meno 40 gradi – specifica il primario Fiorin – dura un anno. Non tutti i guariti possono essere donatori, solo la metà sono idonei, e va verificata una presenza sufficient­e di anticorpi». Per ora sono stati convocati 64 potenziali donatori, ma si spera di arrivare a 400 in tutta la provincia entro l’estate: abbastanza per raccoglier­e plasma sufficient­e per la cura di altre 500 persone. Perché una ripresa dell’epidemia è un’eventualit­à da non scartare, anche se i dati provincial­i continuano ad essere positivi. Ieri si è registrato un decesso al San Bortolo, un 92enne di Arzignano. Il numero complessiv­o dei ricoveri fra le due Usl è però sceso da 90 a 84, e i nuovi positivi sono 6 a fronte di 1521 tamponi eseguiti.

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Giorgio Balbo, il primo donatore, mercoledì al
Centro di medicina trasfusion­ale guidato dal primario
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Prelievi Giorgio Balbo, il primo donatore, mercoledì al Centro di medicina trasfusion­ale guidato dal primario Francesco Fiorin

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