Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Elezioni, Zaia: ora voglio tutte le carte
Il governatore fa richiesta di accesso agli atti e sferza Pd e M5S: «Facciano campagna, usino i social» La replica degli sfidanti: «Ossessionato dal consenso»
Decreto elezioni, Zaia, che vuole il voto a luglio, fa richiesta di accesso agli atti e sferza Pd e M5S: «Facciano campagna, usino i social». Gli sfidanti contrattaccano.
Siamo dentro il Truman Show di Zaia. Lo preoccupa che, passata l’emergenza, si parli di crisi economica e tagli in sanità
VENEZIA In vista dell’approdo in aula alla Camera del decreto Elezioni, la prossima settimana, da mercoledì a venerdì, oggi la commissione Affari costituzionali di Montecitorio dovrebbe stabilire le finestre per il voto delle Regionali e delle Comunali, mettendo così fine ad una querelle che si trascina ormai da qualche settimana, nonostante l’emergenza coronavirus.
Nonostante Matteo Salvini sia apparso piuttosto titubante sull’argomento (e d’altra parte è chiamato a gestire la campagna elettorale sia Regioni in cui è in vantaggio, sia in
Regioni in cui deve recuperare terreno), la Lega ha presentato col deputato padovano Alberto Stefani un emendamento con cui chiede che forte di un parere del Dipartimento di prevenzione sanitaria, la Regione possa procedere all’indizione delle elezioni a luglio, «nel rispetto delle misure di distanziamento sociale previste per il contenimento del contagio da Covid19». Si sa che a voler andare al voto subito è il governatore Luca Zaia, osteggiato dal Pd e dal Movimento Cinque Stelle qui come a Roma. Entrambi i contendenti adducono ragioni di ordine sanitario: per Zaia è una farsa sostenere che non si può votare in estate per via del rischio contagi, posto che oramai è stato riaperto tutto e l’Italia si prepara ad accogliere - se va bene - milioni di turisti («Ormai siamo Covid-free»); per le forze di maggioranza nel governo, invece, il rischio di una ripresa dell’epidemia in coda al seggio resta alto, «lo dicono gli scienziati». Zaia, che nel frattempo si sta prendendo avanti predisponendo tra giunta e consiglio tutti gli atti necessari a mettere in moto la macchina elettorale (è bene ricordare, infatti, che l’indizione delle elezioni è competenza delle Regioni, dunque il confronto con Roma è dettato esclusivamente da «leale collaborazione» e «cortesia istituzionale»), Zaia dicevamo continua ad incalzare Palazzo Chigi e ieri è arrivato a minacciare «una richiesta di accesso agli atti» perché vuole leggere «questo fantomatico parere del comitato scientifico dietro cui tutti si trincerano ma che nessuno ha mai visto».
In realtà è evidente che dietro lo scontro sul calendario ci sono opposte strategie elettorali. Zaia preme per monetizzare subito il consenso maturato durante l’emergenza (i sondaggi non si fermano più, ormai lo danno al 90%) e per contenere il calo della Lega; Pd e M5s, invece, confidano di poter recuperare terreno col tempo, specie se bonus, aiuti e contributi del decreto Rilancio avranno gli effetti sperati. Ne fanno, le opposizioni, anche una questione di democrazia: come possono affrontare Zaia, stra-favorito, se non possono fare un comizio, un evento, una raccolta firme? Il governatore non si fa impietosire: «È il massimo che io mi debba giustificare per la visibilità che ho come amministratore. Fossero andate male le cose col Covid, non ne avrebbero approfittato? Per la campagna elettorale ci sono due mesi e la possono fare anche sui social. Quando si tratta di sputtanarmi, ad esempio dicendo che ho dimezzato le terapie intensive, si dimostrano performanti, no? E poi cosa vieta loro di fare un banchetto al mercato, se hanno le mascherine e rispettano il droplet? Quanto ai piccoli partiti, se non riescono a raccogliere le firme, tranquilli, li aiutiamo noi della Lega». Replica ironico Gianluca Schiavon di Rifondazione: «È apprezzabile la sensibilità democratica, non disinteressata, di Zaia, ma basterebbe una legge di una riga approvabile in un giorno tra commissione e aula per equiparare il numero di firme per le Regionali al numero di firme raccolte alle scorse Politiche».
Sferzante Arturo Lorenzoni, vice sindaco di Padova e candidato del centrosinistra: «Siamo dentro il personale Truman Show di Zaia. Ogni giorno un monologo senza contraddittorio nel quale dire tutto e il contrario di tutto. Evidentemente gli argomenti scarseggiano e le dirette tendono a diventare fiacche. E lo saranno sempre di più sino a diventare pericolose quando l’argomento principale non sarà più l’emergenza sanitaria, brillantemente affrontata dai medici e dal mondo scientifico veneto, ma il futuro degli ospedali, i tagli alla sanità e la pochezza delle risorse stanziate dalla Regione per fronteggiare la crisi economica di famiglie e imprese».
Enrico Cappelletti, alfiere dei Cinque Stelle, si domanda invece «perché Zaia pensa sempre alla data delle elezioni? Perché su questa questione, oggettivamente marginale rispetto a ciò che stiamo passando, non ci dorme la notte? In autunno bisognerà votare comunque, per il referendum voluto dalla Lega e per le amministrative. Tanto vale fare un election day e risparmiare in questo modo qualche centinaio di milioni. Che cosa teme il presidente, forse conseguenze per le indagini in corso? Forse sa cose che noi non sappiamo?».