Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Voto, la Camera rinvia Scontro con le Regioni
Cortocircuito nel centrodestra, Toti della Liguria propone il 6 settembre, Gasparri accusa i governatori: «Nemici dei territori, antidemocratici come Maduro»
Anche la Camera rinvia la decisione sulla data delle elezioni. Toti della Liguria propone il 6 settembre, Gasparri accusa i governatori. Gli albergatori: si voti a ottobre.
La possibile soluzione Le Regioni voterebbero il 6 settembre, Comuni e referendum si terrebbero invece il 20
VENEZIA Governo, governatori e la data maledetta. Il titolo è da horror ma la trama è quella di una telenovela. Anche l’aula della Camera, a cui la commissione Affari costituzionali aveva passato l’incombenza di decidere la data delle elezioni, ha infatti deciso di rinviare tutto a lunedì 8 giugno, nella speranza che per allora Palazzo Chigi abbia trovato la quadra con le Regioni.
L’orizzonte non è dei migliori: nella notte tra mercoledì e giovedì, dopo la notizia della lettera spedita al Capo dello Stato Sergio Mattarella dai governatori di Veneto, Liguria, Campania, Marche e Puglia, questi ultimi si sono riuniti in videoconferenza con il ministro all’Interno Luciana Lamorgese e quello agli Affari regionali Francesco Boccia per ribadire una volta di più che da parte loro non c’è alcun assenso sulla data del 20 settembre individuata dal governo e annunciata a più riprese dal sottosegretario Achille Variati. «C’è stata tensione, certo - conferma il presidente Luca Zaia - perché noi governatori pensiamo che non sia rispettata la Costituzione. La Carta prevede di sospendere le elezioni in caso di guerra e noi questo articolo lo abbiamo applicato con il coronavirus. È stata messa in discussione la leale collaborazione tra le istituzioni, perché l’indizione delle elezioni spetta ai presidenti di Regione ed è impensabile che la risposta del governo sia “vi abbiamo dato una finestra, voi convocate le elezioni quando volete”. C’è anche chi vorrebbe far saltare il tavolo della Conferenza Stato-Regioni, nel qual caso non daremmo più pareri... vediamo. Per me la data resta quella del 26 luglio e non cambio idea, anche perché alle ragioni sanitarie, confermate dal comitato scientifico, si sono aggiunte quelle relative al calendario scolastico: che facciamo, riapriamo le scuole a inizio settembre e dopo due settimane le richiudiamo per votare e sanificare?».
Anna Bilotti, deputata del Movimento 5 stelle e relatrice del decreto Elezioni, ritiene «impossibile» il voto a luglio: «Ricordiamo che la priorità resta la tutela della salute delle persone e che l’evolversi della situazione dei contagi è ancora in piena fase di monitoraggio. Andare a votare con il grande caldo, e in tempi così ristretti per la partecipazione democratica, non è una possibilità da considerare. D’altro canto il comitato tecnico scientifico, su richiesta del governo, ha suggerito che l’esercizio del diritto di voto si compia nel rispetto del principio di massima precauzione, in considerazione del fatto che l’infezione da Covid- 19 potrebbe aumentare con le basse temperature. Per questo si è trovata l’unica finestra possibile, ovvero quella di settembre».
Se settembre dev’essere, rilancia il governatore della Liguria Giovanni Toti, sia allora nella prima domenica utile, e cioè il 6, così da porre fine a
” Zaia C’è stata tensione nella riunione con il ministro Lamorgese, qui non si rispetta la Carta. Bisogna votare il 26 luglio
questo «dibattito surreale». E però, nel cortocircuito totale che si registra tra la capitale e i territori, sono gli stessi partiti di centrodestra di Zaia e Toti a non essere d’accordo con il voto anticipato. Per il leader della Lega, Matteo Salvini, «adesso bisogna uscire dall’emergenza sanitaria e dare un aiuto economico che molti stanno aspettando da mesi. Prima bisogna ridare certezze, stabilità e soldi alla famiglie. Poi dall’autunno in poi, per quello che mi riguarda, sarebbe giusto che gli italiani tornassero a contare qualcosa in questo Paese». E Maurizio Gasparri di Forza Italia va giù piatto: «Sorprende che alcuni amministratori locali, anche Regioni, chiedano di votare a luglio o il 6 settembre. Eppure guidano Regioni che fondono sul turismo la propria economia e che sanno che in questa fase così difficile gli incassi di alberghi, spiagge e commercianti saranno già ridotti al lumicino. Questi nemici del territorio parlano evidentemente perché non vorrebbero una vera campagna elettorale, che in ottobre potrebbe coinvolgere pienamente i cittadini e consentire loro delle scelte consapevoli. Una campagna elettorale con limitazioni al diritto di incontrarsi e di confrontarsi può piacere a Maduro, non a chi amministra Regioni o città italiane».
In effetti, pure Federalberghi si schiera contro l’Election day a settembre: «Brucerebbe un week end turistico, uno degli ultimi di quella che sarà la stagione più breve della storia. Meglio votare a ottobre dice il direttore generale Alessandro Nucara -. E i weekend sacrificati diventeranno due nei casi in cui si rendesse necessario il ricorso al ballottaggio. È un lusso che non ci possiamo permettere». Argomenti che ovviamente valgono a maggior ragione per luglio.
Un caos totale che sta facendo maturare in una parte del governo la convinzione che sia meglio non forzare, lasciando libere le Regioni che insistono di indire i comizi fissando la data del 6 settembre (in ogni caso sarebbe quindi escluso luglio) mentre l’Esecutivo si riserverebbe di organizzare l’election day con le Comunali e il referendum per il taglio dei parlamentari domenica 20 e lunedì 21 settembre, con gli eventuali ballottaggi da tenersi il 4 ottobre. Nei prossimi giorni sono attesi nuovi incontri tra i governatori e il ministro all’Interno Lamorgese.