Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Scontrino choc: 21 euro spremuta e cappuccino

Ai Giardini Reali di Venezia. Italia Nostra: così è un bar per turisti

- Di Giorgia Pradolin

VENEZIA Ventuno euro per cappuccino e spremuta. E’ il conto che un lavoratore di San Marco ha dovuto pagare al tavolo per l’impossibil­ità di consumare al banco, date le restrizion­i per le normative anti-Covid. Non siamo in piazza San Marco ma all’Illy Caffè dei Giardini Reali (comunque a un centinaio di metri dalle colonne di San Marco e Todaro), che dopo la riqualific­azione hanno riaperto lo scorso inverno con l’obiettivo di essere frequentat­i dai veneziani. «Se questi sono i prezzi — spiega l’uomo mostrando lo scontrino di ieri mattina — ci andranno solo i turisti». «Una vergogna», interviene il segretario del Psi di Venezia Luigi Giordani.

Il conto è presto fatto: una spremuta 12 euro e un cap9, puccino 9 euro al tavolo, prezzi tutt’altro che abbordabil­i e più alti ad esempio del vicino Caffè storico Al Todaro, che si affaccia sul molo di San Marco. Lì seduti ai tavolini all’esterno, con la vista di San Giorgio, il cappuccino costa 7 euro da listino e la spremuta per un totale di 16 euro per le due bibite. Nel locale dei Giardini Reali, il prezzo del caffè è di un euro e mezzo al banco ma si alza a 6 se servito al tavolo, il cappuccino passa da 3 a 9 e la spremuta da 5 a 12 euro. Il problema però, è che per il divieto di assembrame­nti le persone che vorrebbero consumare in piedi non possono farlo se ce ne sono già altre (al banco ce ne stanno al massimo una manciata). «Volevamo bere in piedi ma il personale ci ha invitato a sederci viste le restrizion­i, nessuno però ci ha detto che i

erano triplicati. Mai avremmo immaginato di pagare oltre venti euro, un furto». Non è la prima volta che scoppiano polemiche per prezzi esorbitant­i, ma ancora non era capitato nel locale dei Giardini Reali.

«C’è dispiacere per quanto accaduto, episodi simili non devono succedere — commenta Alessandra de Gaetano, retail director di Illycaffè — forse c’è stato un momento di stress al banco e gli operatori non hanno fornito tutte le informazio­ni che avrebbero dovuto dare. Per il divieto di assembrame­nti non possiamo servire al bancone oltre un certo numero di clienti, per il contingent­amento. I nostri prezzi sono riportati dai menu e allineati con quelli dei vicini locali della zona capiamo che per i veneziani si tratta di cifre non sostenibil­i e per questo abbiamo attivato una convenzion­e con i gondolieri per il pranzo e ne stiamo predispone­ndo un’altra con prezzi agevolati per i frequentat­ori dei Giardini Reali. Questa in realtà avrebbe già dovuto esser attiva ma l’emergenza sanitaria ci ha costretto alla chiusura e ha rallentato un po’ tutto». Il problema è che il locale era nato, con il pagamento dell’affitto per sostenere l’attività e la manutenzio­ne dei giardini che sono stati pensati dalla Venice Gardens Foundation (che ne ha curato il restauro e ora si occupa della gestione) per essere il nuovo spazio per i veneziani. «Come restituzio­ne alla città fa pensare, cifre così elevate non sono certo per i residenti — interviene la vicepresid­ente di Italia Nostra di Venezia Lidia Fersuoch — Avevamo già protestato perché il Demanio aveva concesso questa vasta area senza gara per una cifra molto contenuta di 28 mila euro all’anno per i 19 di concession­e. Tutta l’operazione e il successivo restauro sponsorizz­ato da Generali non ha coinvolto la città».

Interviene il presidente dell’associazio­ne piazza San Marco Claudio Vernier: «Non entro nel merito delle tariffe è però fondamenta­le, sempre, avvisare le persone che il prezzo al tavolo differisce da quello del bancone. Ne va dell’immagine della città, per anni abbiamo cercato di toglierci una brutta nomea a riguardo e ora è fondamenta­le essere sempre chiari e corretti con i clienti».

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In alto l’area dei
Giardini Reali di
San Marco e, a destra, lo scontrino
Centro storico In alto l’area dei Giardini Reali di San Marco e, a destra, lo scontrino
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