Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Primo giorno senza vittime Caso tamponi
Circolare del ministero della Salute: «Tamponi solo ai sintomatici». Crisanti: «È un salto all’indietro, ma noi tiriamo dritti per la nostra strada»
Primo giorno, ieri, senza vittime del virus in Veneto. Scoppia intanto una crisi con Roma sui tamponi. Circolare del ministero della Salute: «Solo ai sintomatici». Crisanti: «È un salto all’indietro, ma noi tiriamo dritti per la nostra strada».
VENEZIA Se lo scorso 21 maggio in Veneto si sono registrati zero contagi da coronavirus, ieri è stata la prima giornata dal 21 febbraio senza decessi. «Dal punto di vista clinico il Covid19 è come una candela che si sta spegnendo — commenta il governatore Luca Zaia —. La curva del contagio scende dal
10 aprile, nonostante le riaperture del 4 e del 18 maggio. Gli ultimi 12.200 tamponi hanno rilevato 9 positivi e nelle Terapie intensive restano 26 degenti, ma solo 5 ancora positivi. Ci sono state settimane in cui contavamo sulle dita i posti ancora liberi in Rianimazione, ma non siamo mai arrivati a dover scegliere chi salvare».
E a proposito di tamponi, sembra fare un balzo all’indietro il ministero della Salute con l’ultima circolare «Ricerca e gestione dei contatti di casi
Covid-19 e App Immuni», emanata il 29 maggio. Dopo l’adozione in tutto il mondo del modello veneto, che trasgredendo alle indicazioni iniziali dello stesso dicastero e dell’Osm ha dimostrato l’importanza di fare tamponi su larga scala e non solo sui soggetti sintomatici, il nuovo provvedimento impone alle Regioni: «Il Dipartimento di Prevenzione provvede all’esecuzione dei test diagnostici in coloro che sviluppano sintomi, anche lievi, compatibili con Covid-19. Se le risorse lo consentono, è opportuno considerare di testare i contatti asintomatici al termine della quarantena». Opportuno e non obbligatorio e comunque il tampone agli asintomatici venuti a contatto con casi confermati di coronavirus va effettuato solo una volta trascorsi i 14 giorni di isolamento domiciliare. Nessun accenno allo screening preventivo nelle categorie a rischio, se non in presenza di focolai. «Nel caso di focolai che coinvolgano strutture ospedaliere, lungodegenze, RSA o altre strutture residenziali per anziani, il test va offerto ai residenti e a tutti gli operatori sanitari coinvolti».
Eppure a metà marzo lo stesso Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, era tornato sui proprio passi, dichiarando: «Tamponi, tamponi, tamponi. Sono la spina dorsale della strategia per rispondere al virus, non possiamo fermare questa pandemia se non sappiamo chi è infetto. Occorre testare ogni caso sospetto». «E’ disarmante — allarga le braccia il professor Andrea Crisanti, a capo del laboratorio di Microbiologia dell’Azienda ospedaliera di Padova e «papà» del modello veneto — qua si torna indietro. Forse il ministero non vuole smentire se stesso, ma la storia si ripete. Non so che pensare, però posso garantire che nel Veneto continueremo a procedere sulla strada tracciata, diversa da tutte le altre. E la prossima settima arriveranno le due macchine che ci mancano, quindi torneremo a lavorare a pieno ritmo». In linea il dottor Roberto Rigoli, coordinatore delle 14 Microbiologie del Veneto: «Alzo le braccia pure io. Abbiamo dimostrato che ci sono sintomatici con alta carica virale e altri con una bassissima e che anche gli asintomatici sono in grado di trasmettere l’infezione, quindi vanno testati. Anzi gli asintomatici ad alta carica sono i più pericolosi e dobbiamo individuarli. Se poi è un problema di risorse, il modo di risparmiare c’è, basta usare il cervello. Per esempio noi adesso esaminiamo fino a 10 campioni insieme, abbassando i costi da 18 a 1,8 euro a test, e stiamo sperimentando anche il pooling con 30 provette. I risultati ci sono, come riporta la rivista scientifica Lancet. E’ vero che ora la curva del contagio è sotto l’1 per mille — aggiunge Rigoli — ma è proprio in questo momento che vanno scovati e isolati gli infetti ad alta carica virale e sottoposti a tampone anche i loro contatti. Almeno per un altro mese, finché il virus non scomparirà. Nella fase 2 delle riaperture, della mascherina solo al chiuso e nei grandi assembramenti, quando cioè i dati ci incoraggiano ad abbassare la guardia, l’unica sicurezza è il monitoraggio. Se togliamo anche questo, è come lanciare in aria la monetina. Non capisco, lavoriamo come matti, Zaia è l’unico governatore ad aver disposto il potenziamento di personale e macchinari delle Microbiologie a zero finanziamenti statali, e da Roma arrivano tali indicazioni».
Ma il professor Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute e firmatario della circolare con Andrea Urbani, dg della Programmazione sanitaria, e Giuseppe Viggiano, dg del sistema informativo, respinge la polemica: «Rispetto all’inizio abbiamo molto allargato l’offerta del test diagnostico, proprio sull’esempio del Veneto, che ha avuto un approccio molto ampio, raccogliendo buoni risultati. Non voglio tornare indietro, anzi, essendo appena arrivato alla guida della Prevenzione ci tengo ad andare avanti. Se abbiamo scritto di fare i tamponi anche agli asintomatici in presenza di risorse è perché bisogna vedere se le Regioni ce la fanno, qualcuna non riesce nemmeno a testare tutti i sintomatici, mancano reagenti e mezzi sul territorio. Sono favorevole al modello veneto — aggiunge Rezza — questa è la circolare sul contact tracing, ne faremo una sui tamponi che li potenzierà ulteriormente».
Zaia: «Il Covid-19 è come una candela che si sta spegnendo Curva in picchiata