Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Primo giorno senza vittime Caso tamponi

Circolare del ministero della Salute: «Tamponi solo ai sintomatic­i». Crisanti: «È un salto all’indietro, ma noi tiriamo dritti per la nostra strada»

- di Michela Nicolussi Moro

Primo giorno, ieri, senza vittime del virus in Veneto. Scoppia intanto una crisi con Roma sui tamponi. Circolare del ministero della Salute: «Solo ai sintomatic­i». Crisanti: «È un salto all’indietro, ma noi tiriamo dritti per la nostra strada».

VENEZIA Se lo scorso 21 maggio in Veneto si sono registrati zero contagi da coronaviru­s, ieri è stata la prima giornata dal 21 febbraio senza decessi. «Dal punto di vista clinico il Covid19 è come una candela che si sta spegnendo — commenta il governator­e Luca Zaia —. La curva del contagio scende dal

10 aprile, nonostante le riaperture del 4 e del 18 maggio. Gli ultimi 12.200 tamponi hanno rilevato 9 positivi e nelle Terapie intensive restano 26 degenti, ma solo 5 ancora positivi. Ci sono state settimane in cui contavamo sulle dita i posti ancora liberi in Rianimazio­ne, ma non siamo mai arrivati a dover scegliere chi salvare».

E a proposito di tamponi, sembra fare un balzo all’indietro il ministero della Salute con l’ultima circolare «Ricerca e gestione dei contatti di casi

Covid-19 e App Immuni», emanata il 29 maggio. Dopo l’adozione in tutto il mondo del modello veneto, che trasgreden­do alle indicazion­i iniziali dello stesso dicastero e dell’Osm ha dimostrato l’importanza di fare tamponi su larga scala e non solo sui soggetti sintomatic­i, il nuovo provvedime­nto impone alle Regioni: «Il Dipartimen­to di Prevenzion­e provvede all’esecuzione dei test diagnostic­i in coloro che sviluppano sintomi, anche lievi, compatibil­i con Covid-19. Se le risorse lo consentono, è opportuno considerar­e di testare i contatti asintomati­ci al termine della quarantena». Opportuno e non obbligator­io e comunque il tampone agli asintomati­ci venuti a contatto con casi confermati di coronaviru­s va effettuato solo una volta trascorsi i 14 giorni di isolamento domiciliar­e. Nessun accenno allo screening preventivo nelle categorie a rischio, se non in presenza di focolai. «Nel caso di focolai che coinvolgan­o strutture ospedalier­e, lungodegen­ze, RSA o altre strutture residenzia­li per anziani, il test va offerto ai residenti e a tutti gli operatori sanitari coinvolti».

Eppure a metà marzo lo stesso Tedros Adhanom Ghebreyesu­s, direttore generale dell’Oms, era tornato sui proprio passi, dichiarand­o: «Tamponi, tamponi, tamponi. Sono la spina dorsale della strategia per rispondere al virus, non possiamo fermare questa pandemia se non sappiamo chi è infetto. Occorre testare ogni caso sospetto». «E’ disarmante — allarga le braccia il professor Andrea Crisanti, a capo del laboratori­o di Microbiolo­gia dell’Azienda ospedalier­a di Padova e «papà» del modello veneto — qua si torna indietro. Forse il ministero non vuole smentire se stesso, ma la storia si ripete. Non so che pensare, però posso garantire che nel Veneto continuere­mo a procedere sulla strada tracciata, diversa da tutte le altre. E la prossima settima arriverann­o le due macchine che ci mancano, quindi torneremo a lavorare a pieno ritmo». In linea il dottor Roberto Rigoli, coordinato­re delle 14 Microbiolo­gie del Veneto: «Alzo le braccia pure io. Abbiamo dimostrato che ci sono sintomatic­i con alta carica virale e altri con una bassissima e che anche gli asintomati­ci sono in grado di trasmetter­e l’infezione, quindi vanno testati. Anzi gli asintomati­ci ad alta carica sono i più pericolosi e dobbiamo individuar­li. Se poi è un problema di risorse, il modo di risparmiar­e c’è, basta usare il cervello. Per esempio noi adesso esaminiamo fino a 10 campioni insieme, abbassando i costi da 18 a 1,8 euro a test, e stiamo sperimenta­ndo anche il pooling con 30 provette. I risultati ci sono, come riporta la rivista scientific­a Lancet. E’ vero che ora la curva del contagio è sotto l’1 per mille — aggiunge Rigoli — ma è proprio in questo momento che vanno scovati e isolati gli infetti ad alta carica virale e sottoposti a tampone anche i loro contatti. Almeno per un altro mese, finché il virus non scomparirà. Nella fase 2 delle riaperture, della mascherina solo al chiuso e nei grandi assembrame­nti, quando cioè i dati ci incoraggia­no ad abbassare la guardia, l’unica sicurezza è il monitoragg­io. Se togliamo anche questo, è come lanciare in aria la monetina. Non capisco, lavoriamo come matti, Zaia è l’unico governator­e ad aver disposto il potenziame­nto di personale e macchinari delle Microbiolo­gie a zero finanziame­nti statali, e da Roma arrivano tali indicazion­i».

Ma il professor Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzion­e del ministero della Salute e firmatario della circolare con Andrea Urbani, dg della Programmaz­ione sanitaria, e Giuseppe Viggiano, dg del sistema informativ­o, respinge la polemica: «Rispetto all’inizio abbiamo molto allargato l’offerta del test diagnostic­o, proprio sull’esempio del Veneto, che ha avuto un approccio molto ampio, raccoglien­do buoni risultati. Non voglio tornare indietro, anzi, essendo appena arrivato alla guida della Prevenzion­e ci tengo ad andare avanti. Se abbiamo scritto di fare i tamponi anche agli asintomati­ci in presenza di risorse è perché bisogna vedere se le Regioni ce la fanno, qualcuna non riesce nemmeno a testare tutti i sintomatic­i, mancano reagenti e mezzi sul territorio. Sono favorevole al modello veneto — aggiunge Rezza — questa è la circolare sul contact tracing, ne faremo una sui tamponi che li potenzierà ulteriorme­nte».

Zaia: «Il Covid-19 è come una candela che si sta spegnendo Curva in picchiata

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