Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I tre medici di famiglia a Vo’ «Dedicato a chi non c’è più»
PADOVA Maria Teresa Gallea, padovana di 33 anni, Paolo Simonato, 29 di Albignasego, e Luca Sostini, 34 di Este, non ci hanno pensato due volte quando il 21 febbraio la Fimmg, sigla dei medici di famiglia, ha iniziato la ricerca di tre camici bianchi che potessero sostituire i colleghi messi in isolamento domiciliare a Vo’ Euganeo. Divenuto zona rossa dopo la scoperta dei primi due contagiati dal coronavirus in Veneto: Adriano Trevisan, 77 anni, spirato nella notte all’ospedale di Schiavonia, e Renato Turetta, 67, che morirà l’11 marzo. «Ci siamo consultati e abbiamo deciso che il lavoro di squadra sarebbe stata la risposta migliore a un’emergenza ancora sconosciuta — racconta la dottoressa Gallea, per due settimane in trincea —. Siamo andati alla cieca, ma il 24 febbraio eravamo in servizio. La motivazione più forte è stata l’aiuto a una popolazione già penalizzata dalla chiusura al pubblico del proprio ospedale di riferimento, quello di Schiavonia, e per di più isolata. Ma sempre al centro dei bisogni di salute ordinari. Lo sforzo più grande? Riorganizzare il lavoro in 24 ore: abbiamo faticato così tanto da dimenticare la paura».
Luca Sostini, 34 anni di Este, ha lo studio a Cinto Euganeo, a pochi chilometri da Vo’, dove abitano diversi suoi pazienti, perciò la decisione di spostarsi nel piccolo paese per un mese è stata «naturale». «Mi ero già posto il problema di come fare a seguirli — ricorda — quando nessuno si è offerto di andare a sostituire i tre colleghi in quarantena, ho detto sì, anche se pensavo si sarebbero proposti medici con più esperienza». «Il premio — aggiunge Gallea — è anche di tutti i camici bianchi che hanno perso la vita e dei colleghi protagonisti di un silenzioso lavoro di arginamento: hanno curato i malati a casa per evitare di intasare gli ospedali».