Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Operaio ucciso da una fresa È il quinto morto post lockdown
Quinta vittima in Veneto dalla fine del lockdown. I sindacati: «Chi deve vigilare lo faccia seriamente»
VICENZA Un operaio di 49 anni, Giuliano Pandolfo, è morto schiacciato da una fresa, nel Vicentino. È la quinta morte bianca dalla fine del lockdown.
CHIAMPO (VICENZA) Stava lavorando a una grossa fresa a controllo numerico, quando è rimasto agganciato con la tuta agli ingranaggi, venendo risucchiato dal macchinario che non gli ha dato scampo.
È morto così ieri, poco dopo le 11, Giuliano Pandolfo, 49 anni di Chiampo, in provincia di Vicenza. Stava lavorando nell’azienda «Meccanica Lovato», che ha sede nello stesso comune in cui la vittima abitava. A dare l’allarme è stato un collega, richiamato dalle grida, ma la tempestività di vigili del fuoco e personale medico del Suem non ha comunque salvato l’operaio e ora la procura, sulla base degli accertamenti di carabinieri e tecnici dello Spisal, aprirà un’inchiesta per capire come sia potuto accadere. Se possa esserci stato un errore umano o un guasto, un’anomalia, all’origine della morte del 49enne.
Pandolfo viene descritto come un dipendente «esperto», uno «di quelli che sapeva lavorare», stando alle testimonianze. Un padre di famiglia, sposato e con una bimba di dieci anni. «Un tragico evento, una terribile notizia» commenta il sindaco Matteo Macilotti che descrive la ditta di lavorazioni meccaniche teatro dell’incidente come «un’eccellenza del territorio».
Pandolfo è il secondo operaio che perde la vita nel Vicentino in appena dieci giorni, dopo la fine del lockdown e la riapertura delle attività. Il
27 maggio un apprendista di
22 anni, figlio di uno dei titolari di una carpenteria metallica a Zané, era rimasto schiacciato da una lastra che stava saldando e che si era staccata dal carroponte. Un altro morto sul lavoro c’è stato a Limena, nel Padovano, il 22 maggio: un
75enne titolare di azienda è stato travolto da una macchina fresatrice col muletto che stava caricando su un autocarro. Altri due decessi sul lavoro si sono registrati nel Rodigino. Nel Veronese, a Castel D’Azzano, lo scorso mese un operaio è caduto dal tetto, riportando seri traumi, mentre nel Bellunese solo negli ultimi giorni ci sono stati cinque feriti.
Le organizzazioni sindacali di Vicenza tornano a chiedere la «sicurezza salvavita». I comitati di sicurezza «possono essere lo strumento di prevenzione dal virus Covid-19 ma sopratutto dagli infortuni sul lavoro, bisogna crederci» fanno sapere Stefano Chemello (Fim Cisl), Morgan Prebianca (Fiom Cgil) e Carlo Biasin (Uilm Uil). «Tutte le aziende, grandi o piccole, devono adeguare gli standard di sicurezza e chi deve vigilare lo faccia seriamente non a parole». Insomma, per i sindacalisti «non basta avere previsto per decreto legge in tutti i luoghi di lavoro il comitato di sicurezza aziendale per l’emergenza, evidentemente in tutti i luoghi di lavoro dove non sono presenti le organizzazioni sindacali il problema sicurezza è trascurato, si spiega solo così il fatto che la ripresa lavorativa coincida in provincia di Vicenza con due infortuni mortali. Davvero insistono - è urgente mettere al centro la sicurezza». E tornano a chiedere di «potenziare lo Spisal con più risorse, con più addetti per poter effettuare i controlli di prevenzione».