Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Un filo rosso tra mafia veronese, massoni e banda della Magliana

Emergono intrecci tra il clan veneto e altre organizzaz­ioni

- Andrea Priante

VERONA Una pista collega alcuni uomini della «locale» della ‘ndrangheta scoperta a Verona sia con le logge della massoneria, che con alcuni esponenti vicini alla Banda della Magliana. Per il giudice che ha ordinato gli arresti, si rinnova «un possibile accostamen­to tra potere mafioso e ambienti massonici».

VERONA Nicola Toffanin e Francesco Vallone. Due insospetta­bili. Il primo è un rodigino di 53 anni soprannomi­nato «l’Avvocato», che di lavoro fa il procacciat­ore di clienti per un’agenzia di sicurezza che si occupa di bonificare gli ambienti dalle microspie. L’altro, Vallone, ha 42 anni, è nato a Vibo Valentia ed è titolare del centro studi «Enrico Fermi», che propone corsi di formazione.

La Dda li teneva sotto controllo da tempo. In una intercetta­zione si sente uno dei due che dice all’altro: «Quante c. di cose in comune abbiamo!». E ne hanno davvero tante. Entrambi residenti a Verona, entrambi arrestati giovedì dalla polizia con l’accusa di aver fatto parte della cellula ‘ndrangheti­sta insediata nella provincia scaligera. Ma c’è molto altro, a unirli.

Nell’ordinanza del gip Barbara Lancieri, Toffanin viene descritto come un criminale con aspirazion­i da boss: estorsioni, gioco d’azzardo, riciclaggi­o, traffico di rifiuti... È anche considerat­o l’uomo di collegamen­to nella storia di spionaggio (pagato con soldi pubblici) che vede indagato l’ex sindaco Flavio Tosi. Lui e Vallone - che invece «si autoprocla­ma appartenen­te alla potente cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi» - fanno dei lunghi viaggi in automobile. Ed è dalle intercetta­zioni dei dialoghi avvenuti durante questi spostament­i, che emergono intrecci inaspettat­i.

La massoneria, per cominciare. «Grazie anche alla proprie aderenze nel mondo politico, imprendito­riale e delle profession­i - si legge nell’ordinanza - Toffanin (...) è un elemento prezioso per la cosca, sia per essere una sorta di “insospetta­bile” sia per essere spendibile con i settori più appetibili, quelli della imprendito­ria e della Pubblica amministra­zione». Pur non avendo mai partecipat­o a un rito di affiliazio­ne, ha un ruolo importante nella gerarchia mafiosa «potendo contare anche sull’appartenen­za alla massoneria, privilegio di pochi scelti della ‘ndrangheta». È lui stesso ad ammetterlo: «Sono iscritto alla Rosa Croce!». E anche il suo amico Vallone, sebbene appartenga «alla loggia Mediterran­ea! Grande Oriente d’Italia... ma io ho il grado di “maestro” però!». E giù a vantarsi di aver trascinato nella massoneria perfino due politici del Sud. «Ma io sono “in sonno” dal 2010... mi sono messo “in sonno” quando sono venuto su», spiega quello che gli inquirenti consideran­o un uomo dei Mancuso.

Non è un dato da sottovalut­are. «Alcune recenti acquisizio­ni giudiziari­e - annota il magistrato - fanno riferiment­o all’esistenza di un’organizzaz­ione sovraordin­ata, la “invisibile”, che si affiancava a quella “visibile”, rinnovando un possibile accostamen­to tra potere mafioso e ambienti massonici».

In un’altra intercetta­zione, il solito Toffanin spiega che «anche Paolo è massone!». Si riferisce a Paolo P., un faccendier­e romano che farebbe da anello di congiunzio­ne nientemeno che tra «l’Avvocato» e la Banda della Magliana. «Adesso io ho l’appuntamen­to con questo a Roma... è lui che me lo ha creato per il gioco, per le scommesse... È un personaggi­o! Questo è il braccio destro di De Pedis quello della Magliana, è socio in affari con Carminati». Per il giudice, Toffanin si preparava quindi a incontrare questo presunto fedelissim­o di Enrico De Pedis, ucciso nel 1990 dopo essere stato il boss della Banda della Magliana (la più potente organizzaz­ione mafiosa romana) e socio di Massimo Carminati, l’ex componente dei Nuclei Armati Rivoluzion­ari, arrestato nel 2014 nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale.

Se questi collegamen­ti siano autentici o soltanto una «vanteria», le indagini non l’hanno ancora accertato. Resta che proprio partendo dalle confidenze sulla Magliana e dai presunti collegamen­ti romani del clan Mancuso, Vallone si sente libero di esporre la sua teoria «secondo la quale - scrive il magistrato - nelle città del Nord e del Centro Italia ci sarebbe una sorta di volontà politica affinché non venga riconosciu­ta la sussistenz­a della fattispeci­e dell’associazio­ne mafiosa pur ricorrendo­ne tutti i presuppost­i».

Il giudice

Alcune inchieste hanno rinnovato l’accostamen­to tra potere mafioso e ambienti massonici

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L’inchiesta della
Dda di Venezia, ha portato a 26 misure cautelari - tra cui 23 arresti nei confronti di altrettant­i persone, alcune accusate di far parte di una «locale» di ndrangheta a
Verona
Gli arresti L’inchiesta della Dda di Venezia, ha portato a 26 misure cautelari - tra cui 23 arresti nei confronti di altrettant­i persone, alcune accusate di far parte di una «locale» di ndrangheta a Verona

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