Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LE TRE ACROBAZIE SOCIALI
Come sempre succede, una pandemia non è solo un discorso strettamente sanitario, ma deborda con conseguenze economiche, occupazionali, demografiche. Diventa pandemia sociale creando perfino figure nuove come quelle degli «acrobati della povertà», persone che si barcamenano in maldestro equilibrio sul filo teso della povertà. La definizione sta nel titolo di una ricerca di Confcooperative e Censis sulle «vittime» sociali prodotte appunto dalla pandemia negli ultimi mesi. La ricerca presenta tre tipi di «acrobazie» sociali che rischiano appunto di sfiorare o di far cadere nella povertà.
La prima è quella dei lavori irregolari, che erano già in precario equilibrio prima della pandemia mentre ora si trovano ulteriormente marginalizzati se non proprio fuori del mercato del lavoro. Lavori irregolari a cui si aggiungono tutti quei lavori – o «lavoretti» – formalmente regolari ma semplicemente pagati troppo poco (i cosiddetti «working poor») per poter tirare avanti in modo ragionevole.
Il secondo rischio è di tipo geografico, o meglio geoeconomico: il vasto mondo dei lavori irregolari è perlopiù al sud (con il 44 per cento del totale), mentre la presenza minima si ha al nordest con il 14 per cento. Consola il leggere di avere qui la percentuale più bassa, non consola comunque sapere che si tratta pur sempre di una percentuale socialmente significativa. La terza acrobazia potremmo chiamarla generazionale.
Infatti chi ha avuto maggiormente i redditi tagliati o azzerati dalle conseguenze delle chiusure aziendali dovute alla pandemia sono state le fasce di età comprese tra i 18 ed i 34 anni. Il che significa che la penalizzazione è massima proprio per quelle generazioni (sicuramente «non garantite» come diceva un tempo) che dovrebbero costituire la trama e l’ordito professionale e riproduttivo – del tessuto sociale dell’Italia prossima ventura. Su di loro ricade invece tutta la fragilità del paese per cui non dovrebbero meravigliare i dati crescenti delle nuove emigrazioni giovanili. Sicuramente i prossimi mesi saranno decisivi per capire se vi sarà una ripresa che dovrà essere economicamente sostanziosa e socialmente inclusiva. I due aggettivi devono assolutamente andare di pari passo, questo è evidente. Per ora, dice ad esempio Veneto Lavoro, l’avvio della stagione estiva ha senza dubbio migliorato il mercato del lavoro regionale dopo le pesanti perdite subite nella fase dell’emergenza, ma si conferma insufficiente a ripianare la caduta occupazionale degli ultimi mesi.
Rimangono le paure, è ovvio: secondo il Censis, il 55 per cento della popolazione teme che si possano diffondere rabbia e odio sociale come conseguenze delle difficoltà economiche. Sarebbe una ondata di contagio conflittuale certamente non meno pericolosa di quella virale che abbiamo conosciuto.