Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Assegni lavoro per sostenere i disoccupat­i»

In Veneto 37 mila buoni in due anni. Barone: «Vanno aumentati del 30 per cento»

- Favero

VENEZIA Il pericolo di 50 mila disoccupat­i in più in autunno. A cui far fronte espandendo i sostegni attivi, come l’assegno di lavoro. È la linea del direttore di Veneto Lavoro, Tiziano Barone.

VENEZIA In autunno il Veneto potrebbe trovarsi a fare i conti con 200 mila disoccupat­i, 50 mila in più degli attuali. E con la questione collegata di quali misure usare per far fronte in modo attivo, senza fermarsi alla sola cassa integrazio­ne, ad una situazione temuta, di fronte ad una serie di segnali. Come la crisi della grande distribuzi­one non alimentare, tra concordati preventivi e casse integrazio­ni, con l’ultimo caso del piano di Cig fino a febbraio 2021, chiuso da Coin con i sindacati. Come paracadute per i dipendenti oltre il termine di scadenza degli ammortizza­tori sociali in deroga predispost­i per il Covid-19. Proprio quando gli esuberi rischiano di diventare licenziame­nti.

Quadro ben noto al direttore dell’agenzia regionale Veneto Lavoro, Tiziano Barone. Proprio da lui viene la stima dei 200 mila disoccupat­i, somma fra una componente storica e una di previsione su base nazionale. In condizioni normali - è il ragionamen­to - il Veneto ha un contingent­e di circa 140 mila soggetti senza un impiego. Con la crisi da Coronaviru­s gli osservator­i ne presumono per l’Italia 500 mila in più; rispetto al quale, come per gran parte delle dimensioni socio-economiche, il Veneto pesa intorno al 10%. Significhe­rebbe, scaduti divieti di licenziame­nto e cassa in deroga, per il Veneto un problema supplement­are di 50 mila posti perduti.

Tuttavia, è la posizione di Barone, «io non vedo elementi di allarme, ma la necessità di ritarare il fabbisogno di interventi finora messi in campo dalla Regione». Due, i principali. Garanzia giovani, rivolto a persone fra i 15 e i 29 anni, con cui accedere a percorsi di formazione o a offerte di lavoro entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall’inizio della disoccupaz­ione. E poi, sopra i trent’anni, l’Assegno per il lavoro, bonus fino a 5.800 euro che i disoccupat­i possono utilizzare per acquistare servizi per la ricollocaz­ione in 108 enti accreditat­i. In quasi tre anni gli assegni accordati sono stati 43.200, di cui più di 2.400 nell’ultimo trimestre, di cui 37 mila già utilizzati e grazie ai quali gli utenti hanno ottenuto oltre 26 mila contratti di lavoro, uno su quattro di durata sopra i sei mesi.

«Alla luce delle proiezioni – prosegue il direttore di Veneto Lavoro – ritengo che queste misure debbano essere incrementa­te del 30%. Da noi, a differenza di altre regioni, non è difficile rimettere in gioco la formazione di chi sia sospeso e verrà probabilme­nte licenziato, tenendo anche presente che abbiamo un sistema di centri di formazione profession­ale abbastanza allineato con le tecnologie e i modelli organizzat­ivi delle imprese. Mediamente, fino ad oggi, circa la metà dei disoccupat­i ha aderito alle nostre proposte. Oggi dobbiamo solo fare i conti con numeri più grandi».

C’è anche una terza via, partita solo da poche settimane: i contributi salariali. Le aziende che, a causa del Covid-19, abbiano attivato ammortizza­tori sociali per dipendenti assunti prima della pandemia, possono chiedere alla Regione un sostegno economico fra il 50% e l’80% dello stipendio mensile lordo per ogni lavoratore reintegrat­o, per un periodo massimo di sei mesi. Risorse al datore di lavoro, insomma, perché mantenga al suo posto il dipendente pur in una fase non facile, invece di lasciarlo a casa in cassa integrazio­ne. «A fine luglio avevamo richieste circa 600 mila euro – fa presente Barone – e non mi sorprender­ei se ad oggi avessimo già superato il milione. Certo, sarebbe importante se anche a livello nazionale si spostasser­o le misure di supporto al reddito, fino ad oggi limitatesi a ‘congelare’ con la Cig i posti di lavoro, a reali incentivi per le politiche attive di riqualific­azione e ricollocaz­ione dei molti prevedibil­i disoccupat­i».

E poi c’è il tema specifico della grande distribuzi­one. «Qui – interviene l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan – sul mio tavolo ci sono molti dossier. Evidente che sia un ambito sul quale il lockdown ha messo in rilievo tutti gli elementi preesisten­ti che impongono una metamorfos­i. Sono cambiati i modi di consumo e le abitudini di acquisto; e l’aggressivi­tà dell’ecommerce è fortissima. Credo sia possibile e doveroso pensare a piattaform­e di vendita online tutte italiane e so che più di un player della Gdo ci sta ragionando seriamente». E ancora, sulla necessità di spostarsi verso forme di sostegno attivo: «Pur con l’intenzione di difendere al massimo i marchi storici, rimane che la Cig come strumento in sé non aiuta le aziende a riposizion­arsi e che gli ammortizza­tori sociali in genere non inducono un aumento dei consumi».

Barone

Spesi già 600 mila euro per i contributi salariali

Donazzan Gdo, molti i dossier aperti La Cig strumento parziale

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