Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Beghetto: «Vicenza, base solida per poter volare molto in alto»

L’ex biancoross­o fu tra i primi calciatori a laurearsi: «Studiare ti apre la mente»

- Luisa Nicoli

«Vicenza mi è rimasta nel cuore e mi fa molto piacere il ritorno in B. Ha una base solida alle spalle con la famiglia Rosso, conosco Mimmo Di Carlo, allenatore preparato e gli faccio i compliment­i e un grosso in bocca al lupo. La serie B è un altro palcosceni­co ma credo ci siano tutte le componenti, per la storia e la piazza di Vicenza, per la voglia di calcio, per tornare dove merita».

Parola di Luigi Beghetto, 47 anni, bassanese di nascita ma residente a Tombolo, osservator­e per il settore giovanile dell’Inter, una carriera iniziata a Bassano e Vicenza e poi Carpi, Andria, Genoa, Pescara, Treviso (in momenti diversi), Cagliari, Chievo e Piacenza. Un nome che in questi giorni hanno ricordato molti dopo la scelta di Spanò, capitano della Reggiana che alla conquista della B ha lasciato il calcio per una Business School internazio­nale. Appunto: se oggi la percentual­e dei calciatori profession­isti laureati è aumentata, vent’anni fa i «dottori» del mondo del pallone erano veramente pochi. E uno di questi era proprio Beghetto, laureato a Padova in Scienze politiche con una tesi sulla violenza negli stadi.

«Per me e la famiglia la scuola ha sempre avuto un ruolo importante - ricorda Beghetto - la mia carriera tra l’altro si è sviluppata in modo particolar­e. A 18 anni giocavo in seconda categoria per scelta, dopo un anno al Vicenza in Primavera in cui faticavo nell’anno della maturità in ragioneria sperimenta­le a fare avanti e indietro per gli allenament­i. Non avevo certezze nel calcio e ci tenevo agli studi. E quando ho iniziato a girare da giocatore profession­ista, Andria, Pescara, dopo il diploma mi sono iscritto a Scienze politiche, che non aveva l’obbligo di frequenza.

Ci ho messo un po’ ma sono arrivato alla laurea».

Tra l’altro su un tema, la violenza negli stadi, molto sentito in quel momento. «Ero in A e quel fenomeno faceva parte del mondo a cui appartenev­o: ho studiato cause e possibili soluzioni. Adesso ci sono molti più strumenti rispetto al passato per studiare, anche online. Certo comporta qualche sacrificio ma è utile perché ti apre la mente, ti aiuta. Oggi rispetto a 20 anni fa il calcio è cambiato, a 16 anni un ragazzo ha già il procurator­e, ma la laurea è uno strumento in più».

La scelta di Spanò ha fatto parlare molto: «Perché è in controtend­enza con l’importanza che ha acquisito il mondo del pallone, perché per i ragazzi oggi fare carriera nel calcio sembra l’unica via. Anche per me è stata una grande passione e ho giocato fino a 10 anni fa, ma c’è anche altro nella vita. Ho il cruccio da giovane di non aver potuto giocare molto a Vicenza. Nel Bassano sono stato due anni in serie D, ho ricordi molto belli. Ma sono stato bene dappertutt­o, anche a Piacenza. Treviso però è la piazza, anche per i tanti anni in cui ho giocato, a cui sono più legato».

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Precursore Luigi Beghetto con la maglia del Piacenza

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