Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Taglio dei parlamentari, in Veneto passa senza plebiscito
Referendum, trionfa il sì al taglio dei parlamentari
Avrebbe potuto essere
VENEZIA un trionfo, quello espresso dai veneti per il «sì» al taglio dei parlamentari. In realtà sarebbe più opportuno parlare di vittoria sia pure schiacciante. Perché vittoria, in effetti, è stata con quel 62,44% ottenuto dalla scure su deputati e senatori, ma a fronte di un (inatteso?) 37,55% conquistato dal «no». Ossia quasi otto punti in meno rispetto alla media nazionale. Nessun plebiscito alla Zaia, tanto per intenderci. Al punto che, non fosse stato per il Friuli Venezia Giulia, il Veneto avrebbe potuto fregiarsi dello scettro di regione meno entusiasta rispetto alla rivoluzione copernicana che attende le due Camere. Anche perché l’affluenza è stata molto alta: il 67,55%, con il massimo raggiunto a Padova (69,90%) e il minimo a Belluno (61,89%). In sostanza l’affluenza più elevata d’Italia dopo quella, superiore al 70%, del Trentino Alto Adige.
C’è una provincia, in particolare, dove il «no» ha raggiunto il 43,85%: è Belluno, seconda solo a Trieste con il suo 46,06%. E il capoluogo
montano conquista pure il primato degli elettori più scettici sul taglio: il 47,14%.
Tutte le province venete restano sensibilmente al di sotto della media italiana: a Treviso, infatti, la consultazione
è passata con il 60,18%, a Padova con il 62,45%, a Vicenza con il 62,72%, a Verona con il
61,84% mentre un dato maggiore proviene da Venezia, dove il «sì» ha rastrellato il
65,24%. «Baluardo» del taglio dei parlamentar è Rovigo, con quel 67,15% di «sì» che pone il Polesine non troppo distante dal dato nazionale. Sensibile anche la differenza, da 5 a 7 punti a favore del «no», nei capoluoghi rispetto alle rispettive province.
Nel complesso, dunque, una vittoria evidente ma non clamorosa. E c’è chi interpreta questi risultati come il timore, da parte delle aree periferiche del Paese, di perdere fin troppo peso in termini di rappresentanza. Oltretutto, a meno di tre anni di distanza da quelle Politiche che segnarono un successo per il Nordest, ed un record di eletti (sei) proprio per il Bellunese. Da cui, peraltro, proviene anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, esponente di quel Movimento
5 Stelle che si è battuto per ridurre a 600 deputati senatori. «Non è semplicemente un timore, il problema è reale», sostiene Roger De Menech, deputato bellunese del Partito Democratico che, pur sostenendo il taglio, ha già posto il problema in sede parlamentare. «Sarà fondamentale procedere con attenzione alla “fase 2”, ossia alla riforma elettorale. I collegi non dovranno considerare esclusivamente il numero dei residenti ma la territorialità. Una questione che riguarda tutta Italia, non solo il Veneto», puntualizza De Menech.
Ma il ministro Federico d’Incà è certo che nessun territorio verrà penalizzato. Anzi. «La nuova legge elettorale ne terrà conto - assicura il ministro per i Rapporti con il Parlamento - e nessuno sarà lasciato indietro: con 600 fra deputati e senatori avremo un parlamentare ogni 100 mila abitanti. Sono abbastanza per rappresentare ogni parte del Paese. Mi farò carico personalmente delle preoccupazioni dei cittadini». Quanto al risultato veneto, D’Incà si dice «assolutamente soddisfatto» del 62,(...)% ottenuto dal taglio, e giustifica il dato inferiore alla media «con la presa di distanze, riguardo al sì, da parte di alcuni esponenti della Lega». «Saranno sicuramente di meno in Parlamento e qualcuno ha condotto una campagna contraria». L’esponente del governo Conte, inoltre, plaude «all’alta affluenza» e «all’organizzazione impeccabile dei seggi, grazie alla collaborazione dei Comuni e alle indicazioni del governo stesso». Chi, invece, prevede scenari non del tutto ottimistici è Renato Brunetta, ex ministro e deputato di Forza Italia. Che non risparmia critiche agli alleati della Lega. «Se il centrodestra avesse dato un’indicazione netta avrebbe vinto il no, anche e soprattutto in Veneto. È stata una grande occasione mancata per noi: mentre capisco il centrosinistra, infatti, non comprendo la posizione della nostra coalizione». Il risultato, secondo Brunetta, sarà «una frittata». «Il taglio dei parlamentari penalizzerà i territori marginali, i partiti più piccoli, le minoranze, il Sud e persino le aree marginali delle Regioni principali, come appunto il Veneto. Non sarà mica facile porvi rimedio con la nuova legge elettorale, che vorrei puramente proporzionale. Si verrà a creare uno squilibrio politico ed economico».
Squilibrio su cui chiosa anche il sociologo bellunese Diego Cason: «La provincia di Belluno è Medaglia d’Oro alla Resistenza, sappiamo quanto sangue ci è costata ognuna di quelle poltrone. Certo, non è che sia cambiato qualcosa in questi due anni e mezzo di maggior rappresentanza del territorio in Parlamento. Ma, del resto, della montagna è sempre importato ben poco anche alla Regione».
D’Incà
I risultati condizionati dal dietrofront di alcuni leghisti. Nessun territorio periferico sarà penalizz ato