Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
PROGRESSO PANDEMIA E DOVERI
Il dubbio è che ci siamo persi lungo il cammino l’idea stessa di progresso. Quest’anno ci si è messa anche la pandemia, e così pare essersi sgretolata perfino l’aspettativa che la giornata di domani sia migliore di quella di oggi. Progredire nel significato più generale, semplicemente andare in avanti.
Una riflessione quantomai lucida, sul punto, viene ora da una pubblicazione di Aldo Schiavone, il quale mette in contrappunto il tumultuoso progresso tecnologico, per un verso, e lo smarrimento dell’idea di progresso quanto al nostro vivere associato, per altro verso. Eppure, il progresso era stato un motore sociale efficacissimo in anni passati.
In nome del progresso, si sono scagliate pietre e alzate barricate. Ma oggi sembra che, di progresso, sia rimasto solo quello tecnologico.
Questa parte del paese, fino a un passato piuttosto recente, è apparsa dinamica: molto da un punto di vista economico, forse un po’ meno da un punto di vista sociale. Comunque, la domanda rimane centrale: quale progresso? Quali linee di avanzamento è possibile darsi? In una cornice di contrazione di risorse – e quelle che si stanno utilizzando oggi sono a debito – il salvataggio dell’idea di progresso può passare attraverso un ribaltamento di paradigma. A cosa alludo? Per tanto tempo si è collocato il progresso in relazione diretta con una linea di avanzamento dei diritti.
Diritti dei lavoratori, diritti dei consumatori e via dicendo. Sembra invece che la salvezza del progresso passi oggi attraverso una maggiore distribuzione del carico dei doveri. In altre parole, si riceve l’impressione che l’avanzamento sul piano sociale imponga – pena la rinuncia all’idea di perseguirlo – che ciascuno si faccia carico di un piccolo peso in più.
Piccolo e proporzionale alle forze di ciascuno, certo.
Esempi di questo genere si sono moltiplicati, proprio in questo annus horribilis, tra emergenze sanitarie e calamità devastanti. Il Nordest ha riscoperto la sua anima solidaristica e ha messo in campo energie inattese. Assistenza sanitaria, aiuto alle persone in difficoltà, ripristino delle città sfregiate dagli eventi: c’è un mondo di cittadini che ha sospinto il progresso sociale. E lo ha fatto mettendo a proprio carico doveri che da principio non erano tali.
In tanti si sono impegnati a fare, a dare. Mi sembra allora di poter dire che, sotto il profilo dell’architettura delle regole, questo territorio ha mostrato di saper reinventare il paradigma tradizionale sul quale si è sempre pensato di far poggiare l’idea di progresso: non tanto un progresso che scaturisce dal riconoscimento di nuovi diritti, ma un progresso che fa leva su una nuova distribuzione di doveri. È un segnale.
In nome di questo nuovo civismo, sarebbe importante che il sistema delle regole aprisse tutti gli spazi possibili: per esempio, il mondo del terzo settore dispone adesso di una normativa più organica.
C’è tantissimo da riprogettare: dalla sanità ai servizi sociali, dalla cura dei monumenti feriti all’impiego degli spazi inutilizzati.
Le amministrazioni fino al più piccolo Comune - non meno che i privati hanno la possibilità di stimolare e accompagnare questa sorprendente energia civica. Sembra che si tratti dell’ultimo viatico per la sopravvivenza dell’idea di progresso.