Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
IL CAPITALE UMANO SOSTENIBILE
Da una parte, c’è la povertà educativa negli anni dell’infanzia e della prima adolescenza, che priva le giovani generazioni del diritto all’apprendimento (gioco, educazione, cultura).
Openpolis dice che nel
2018 il 7% delle famiglie italiane era in povertà assoluta (cioè, senza possedere le risorse per avere un livello di vita accettabile), ma questo valore saliva al 9,7%, all’11%, al 19,7% rispettivamente per le famiglie con uno, due o almeno tre figli minori.
Save the Children nel suo «Atlante dell’infanzia a rischio 2019» segnalava da parte sua che il 14,8% dei minori in Veneto sperimentava una vita in povertà relativa. Ovvero, quei minori vivevano in famiglie prive delle risorse per accedere a opportunità e servizi offerti sul territorio.
È un valore inferiore al
22% rilevato a livello nazionale, ma resta un dato deprimente: da noi nascono sempre meno figli, e ai pochi che ci sono non riusciamo a dare nemmeno un livello minimo di ricchezza educativa a prescindere dalla famiglia di origine.
Dall’altra, c’è la città alfabetica, in cui la vocazione di ogni area è cristallizzata nei piani di organizzazione urbana, sempre meno capace di combinare le esigenze, a volte contrapposte, tra ciò che è immobile (spazi fisici, beni urbani culturali e ambientali), mobile (capitali, lavoro, mercati) e ipermobile (abitanti delle regioni urbane).
LLa qualità e la densità delle relazioni e dei flussi tra queste componenti possono trasformare intere città, singoli quartieri o piccoli borghi in un autentico «laboratorio a cielo aperto» per generare capitale umano, creando occasioni di apprendimento non formale (nel lavoro e nella società) e informale (nella vita quotidiana) rese accessibili in modo capillare e democratico.
Tra questi due estremi, ci sono i ben noti punti intermedi sui quali (anche su queste colonne) ci si confronta e si fanno proposte: qual è il capitale umano che serve veramente per accompagnare le esigenze economiche e sociali del territorio, quali sono le responsabilità delle istituzioni che lo devono formare e manutenzionare nel tempo in linea con le traiettorie dell’innovazione (reskilling, upskilling), come devono essere e cosa devono saper fare le imprese sia per valorizzarlo e trattenerlo sia per attirarlo da altri luoghi.
La proposta che vi faccio è di unire tutti questi puntini, di attribuire il nome di «filiera sostenibile del capitale umano» al segmento (non lineare) che uscirà, e di fare anche vostra l’idea che il capitale umano si genera in momenti e luoghi diversi con il contributo sia di istituzioni dedicate (scuole, università, centri di formazione) sia di altri attori sociali che abitano gli spazi del lavoro e animano la vita di comunità.
Con questo cambio di prospettiva (reframing) emergono due fattori promettenti: le interdipendenze e le transizioni.
Il contributo di ogni attore lungo la filiera è specifico, ma non è isolato. Alla filiera sostenibile del capitale umano servono ingenti investimenti per azioni incisive, creative ed equilibrate su tutte le componenti della filiera: debellare la povertà educativa; formare le persone per i lavori che verranno; uscire dalla trappola della contrapposizione tra lavori ricchi e poveri; ripensare spazi, relazioni e flussi tra i territori.
La transizione tra una fase e l’altra della filiera è un tema vecchio che ha bisogno di nuovi modelli di gestione.
A volte, la transizione è lineare e gerarchica e si coordina con le procedure (istruzione primaria e secondaria). Altre volte è meno lineare e poco gerarchica (dal diploma al lavoro, o agli ITS, o all’Università; dalla laurea triennale al lavoro, o alla magistrale, o al master o altro) e l’uso di procedure standard deprime il valore del capitale umano.
Altre volte ancora, la transizione è un percorso lungo itinerari sia noti (vere e proprie «navette») sia inediti o inesplorati.
Alla filiera sostenibile del capitale umano spetta il compito di combinare e ricombinare tempi¸ spazi e modelli di apprendimento, di tracciare il segmento che unisce i puntini e di dargli un significato.