Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Più paletti alle Regioni: ira della Lega

Marcato: «Colpa dei 5s centralist­i» La ricetta di Baretta: «Norme uniche ma concordate»

- Zambon

Il giro di vite annunciato da Roma sui margini di manovra delle Regioni per la gestione dell’emergenza Covid non piace ai governator­i. Toti (Liguria) parla di «esproprio democratic­o». Il dem Bonaccini (Emilia) annuncia battaglia. In Veneto Lega sulle barricate.

Il governator­e della Liguria, Giovanni Toti, parla di «esproprio democratic­o». Il giro di vite annunciato da Roma sui margini di manovra delle Regioni non piace ai governator­i (che oggi vedranno il governo). Men che meno al dem emiliano Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni che parla di «flessibile differenzi­azione regionale» in vista della seconda ondata di Covid. Tanto che già ieri pomeriggio il premier Conte annunciava il dietro front sulle chiusure serali dei locali proprio dopo un primo confronto con le Regioni. La faccenda è apparentem­ente tecnica ma, in realtà, squisitame­nte politica. Lo schema è il seguente: Dpcm ed, eventualme­nte, ordinanze regionali solo se più restrittiv­e. Insomma, un flashback del marzo scorso. Di acqua sotto i ponti, però, ne è passata parecchia e quella che ormai per tutti è «la terza Camera», la Conferenza Stato-Regioni, non ci sta a tornare nell’angolino come organismo vagamente consultivo. L’asse trasversal­e dei governator­i cementato proprio dalle mille battaglie su chiusure e riaperture che ha nel duo Bonaccini-Zaia l’emblema più evidente, non ha nessuna intenzione di deporre le armi verso quello che in molti bollano come «rigurgito neo centralist­a».

Prendiamo il Veneto, ligio ad applicare i primi Dpcm e pronto pure ad applicarli in maniera anche più restrittiv­a ma altrettant­o lesto a rivendicar­e la riapertura di parrucchie­ri ed estetisti con una settimana d’anticipo, il 18 maggio scorso. O dell’Arena di Verona poco dopo o degli stadi dopo l’Emilia apripista. Vero è che ogni mini «fuga in avanti» del Veneto è stata concordata con Roma in base ai galloni guadagnati sul campo della gestione del contagio. «La nuova stretta serve ad evitare che si torni indietro», chiarisce il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia. E, in effetti, sull’obbligo di mascherina all’aperto le Regioni non fiatano, ma sul resto è un altro paio di maniche. Le Regioni sembrano ben decise a rivendicar­e una competenza maggiore. Soprattutt­o in Veneto dove l’eco delle grida di giubilo per quel quasi 77% alle Regionali non si sono ancora spente. Luca Zaia, durante un intervento a «Non è la D’Urso» un paio di giorni fa (comparsata tv accolta con grande disappunto del suo esercito di followers sui social, va detto) ha ricordato come «fra governator­i ci coordiniam­o e condividia­mo le buone pratiche, ce lo siamo dovuti inventare questo percorso, se avessimo aspettato gli scienziati...». Il messaggio è chiaro, chi ha combattuto in prima linea sui territori va ascoltato. Si spinge oltre Roberto Marcato, assessore regionale alle Attività Produttive uscente e in predicato per la riconferma: «La matrice cultura

Ciambetti Chiusure generalizz­ate senza un confronto con i territori non avrebbe senso

le dei grillini, che nel paese reale non esistono più, continua imperterri­ta a essere centralist­a e Conte ne è espression­e. È il fronte unico delle Regioni a far paura al governo perché le Regioni hanno trovato su alcuni temi convergenz­e inesplorat­e. La Conferenza delle Regioni è diventata davvero il terreno di dialogo con lo Stato centrale e il tentativo di sottrazion­e di poteri dà la misura del tasso di centralism­o del M5s».

Marcato, mister preferenze anche alle ultime Regionali si chiede: «L’unione trasversal­e delle Regioni che hanno sistemi sanitari, morfologia e caratteris­tiche economiche diverse fa male o bene al Paese? Sono tutte domande che “quelli lì”, quelli che volevano aprire le Camere come scatolette di tonno dovrebbero porsi. È surreale traccino loro la politica di governo con il 34% in Parlamento e l’1% sui territori». Quindi no, non è questione tecnica. «Il contagio cresce anche in Veneto? Sì - ragiona Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale - ma su cluster circoscriv­ibili. Estendere chiusure generalizz­ate senza un confronto serio con i territori non ha senso. Anche in Parlamento qualcuno comincia ad avere dei dubbi sulla delega in bianco di un nuovo stato di emergenza con indicazion­i che escono dal sottoscala di qualche ministero».

C’è una parola non detta che aleggia: autonomia. «L’esperienza di questi mesi ha dimostrato che il rapporto Stato centrale e Regioni funziona dice il sottosegre­tario all’Economia, Pier Paolo Baretta - poi ovviamente è dialettico che dipende da condizioni specifiche dei territori ma si è visto in questi mesi che alla fine un rapporto concertati­vo paga. Al di là dell’abile propaganda di Zaia, i provvedime­nti statali sono stati applicati con precisione in Veneto e le decisioni sono state più o meno tutte discusse, è quello che bisogna fare. Concertazi­one ma anche decisioni più omogenee possibili, questa è la strada».

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Mascherine all’aperto Fra i provvedime­nti contenuti nel nuovo Dpcm c’è l’estensione dell’obbligo di mascherina anche all’aperto
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