Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Il Covid è una farsa» Se la famiglia negazionista rifiuta di fare il tampone
Verona, marito e moglie contro i medici. Il legale: «Se contagia, però, va in galera»
La moglie era stata ricoverata in ospedale a Verona, perché accusava difficoltà respiratorie. Ma ha rifiutato di sottoporti al tampone». «Il Covid è una farsa» racconta il marito, che spiega: «Siamo negazionisti».
«Il Covid 19 è poco più di un’influenza. Sono i poteri forti che hanno creato l’allarme per costringerci a vivere da reclusi» tuona il pensionato veronese Gianluca Caneva.
Ex carabiniere, ex vigilante, ex candidato (era il 2012) in consiglio comunale nella fila venetiste, oggi è il fiero marito di Giovanna, pure lei pensionata e con diversi problemi di salute. «Onore a mia moglie e a tutte le persone intelligenti che non si fanno intimorire», ha scritto tre giorni fa sulla sua pagina Facebook. Un messaggio diventato virale, condiviso migliaia di volte e al quale hanno fatto seguito centinaia di messaggi. Molti, di insulti. Perché? La sua versione l’ha fornita lui stesso sui social: «Giovanna, al pronto soccorso dell’ospedale di Borgo Trento, si è opposta con tutte le sue forze al tampone (...) È stata accerchiata da tutta l’equipe medica, ma non ci sono riusciti... Questo è per dire che siamo sotto dittatura sanitaria,ma basta opporsi e applicare la Costituzione, e tutto crolla».
Ecco qui. Contattato dal Corriere del Veneto, Caneva la mette in questi termini: «Sono un negazionista. E lo è anche mia moglie. Da qualche giorno aveva difficoltà respiratorie e venerdì abbiamo chiamato l’ambulanza. Al pronto soccorso pretendevano di farle il tampone ma lei si è rifiutata e alla fine ha lasciato l’ospedale». La donna è altrettanto battagliera: «Lo scriva pure: faticavo a respirare ma ero certa di non avere il coronavirus perché non avevo febbre e perché tre mesi fa ho dovuto effettivamente sottopormi a tampone, che risultò negativo». Inutile spiegarle che in tre mesi può essersi ammalata e che le difficoltà respiratorie rientrano tra i principali sintomi del virus. «Sono d’accordo con mio marito: il Covid è soltanto un’influenza, mica si muore».
Sui social la coppia di negazionisti si è attirata le ire di tanti: «Ha messo a repentaglio pazienti e personale», «Una struttura rischia di chiudere se al suo interno si sviluppano focolai, e il rifiuto del tampone incrementa questo pericolo» sono alcuni dei commenti seguiti al post. Ma Caneva non arretra: «Il Covid è una farsa», scrive. E c’è pure chi gli dà ragione: «I diritti vanno rispettati», «Avanti, resistete!».
Dall’ospedale spiegano di non poter commentare per questioni di privacy, ma pare che il racconto presenti parecchie lacune. A cominciare dal fatto che, dopo una lunga discussione, il tampone sarebbe stato fatto, sebbene Giovanna si affretti a precisare che «secondo loro dovevo stare rinchiusa in una stanza, in isolamento, in attesa del risultato e io mi sono rifiutata e ho preteso di tornare a casa mia. Quindi non so neppure se il campione sia stato analizzato».
A prescindere da come sia andata realmente, l’episodio fa emergere diversi interrogativi sui comportamenti tenuti (non solo) dai negazionisti. Il principale: è davvero possibile entrare in ospedale con sintomi da Covid e rifiutare il test?
L’avvocato Matteo Mion, specializzato in cause legali di ambito sanitario, la mette in questi termini: «La Costituzione dice che nessuna persona, se capace di intendere e volere, può essere costretta a subire un trattamento sanitario. Tradotto: non si può essere obbligati a fare il tampone. Però esiste anche il reato di epidemia colposa. Quindi ciascun può rifiutare il test, ma se poi contagia altri individui dovrà risponderne in tribunale e rischia fino a 12 anni di carcere». Non solo. «La morte di tanti operatori della Sanità conclude Mion - spinge a dire che il medico ha il diritto di rifiutarsi di visitare chi, pur presentando dei sintomi evidenti, non vuole sottoporsi alle analisi».