Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
L’agente Soprani-Miguel «Un onore portare in tv la seconda generazione»
È tornato l’agente Soprani e stavolta è una vicenda personale. Lo si vede in «Nero a Metà», su Rai 1. Malik Soprani è Miguel Gobbo Diaz, vicentino di origini dominicane che, a 31 anni, ha alle spalle una gavetta fatta di scuole di cinema, esperienze all’estero e a teatro.
Il suo è un personaggio che racconta i «nuovi italiani». Quanto si sente vicentino? Quanto dominicano?
«A Santo Domingo sono nato, ma ho vissuto a Creazzo da quando avevo tre anni. A Vicenza ho fatto le scuole, dalle elementari fino alle superiori, al Lampertico. Tutti i miei amici sono vicentini, non posso sentirmi altrimenti».
Dov’è nata la passione per la recitazione?
«Proprio a scuola. All’istituto frequentavo il laboratorio di teatro. Poi il mio insegnante mi ha consigliato di iscrivermi alla nazionale di cinema di Roma. In seguito, a Londra, ho studiato recitazione in inglese. Per pagarmi gli studi ho lavorato in un cinema di lusso. Con un grosso vantaggio: fuori dal lavoro potevo guardarmi i film gratis».
Prima della tv, c’è stato il teatro.
«Certo, e continua a darmi grandi soddisfazioni. La più grande è stata proprio a Creazzo, nel 2016, quando assieme al mio amico Giorgio Cantarini (attore cinematografico e teatrale, ndr) ho portato un riadattamento di un testo del premio nobel Harold Pinter, il Calapranzi. Era la prima volta che tornavo a casa da attore professionista e portavo qualcosa di mio. È stato emozionante».
Quello di Malik Soprani in «Nero a metà» è un ruolo impegnativo anche dal punto di vista simbolico. Si dà voce alla seconda generazione.
«Sì, per me è un onore recitare in questa produzione, con attori di lungo corso. Il personaggio è interessantissimo e ha il pregio di essere uno dei primi neri in divisa visti in Italia. La prima stagione si è conclusa con un bel finale aperto, anche la seconda conquisterà il pubblico».
Progetti per il futuro?
«Nel 2021 sarò nel cast di “Zero” su Netflix, produzione tutta italiana che conta solo persone di colore, che hanno in comune il fatto di amare l’Italia. Sarà un messaggio molto positivo».
Non ha mai temuto di poter perdere dei ruoli per il colore della pelle?
«È successo. Dieci anni fa mi sentivo molto poco “utilizzabile nel mercato”. Poi le cose sono cambiate. Oggi c’è molta più attenzione per la diversità».
In Italia c’è un problema di razzismo?
«Le esperienze al riguardo sono molto soggettive e personali. Io sono stato fortunato, sono cresciuto in un ambiente dove mi sono sentito subito incluso. Ad altre persone non è andata così. Quel che è certo è che l’odio crea solo violenza e caos. È importante fare qualcosa per rispondere alle ingiustizie, ma bisogna farlo mantenendo la calma».