Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Dalla farmacia alla Borsa Labomar dopo il debutto vuole allargarsi in Europa
(g.f.) «Non scaricherò mai la app per tenere sotto controllo le quotazioni. Non voglio perderci la testa come fanno molti altri». Walter Bertin, fondatore e presidente di Labomar (al centro nella foto tra i collaboratori), farmacista di Istrana (Treviso) che in pochi anni ha creato una società della nutraceutica partita dal suo retrobottega e ieri approdata ieri in Borsa, sembra indifferen-te al fatto che a pochi minuti dal debutto sull’Aim il suo titolo fosse già salito del 22% (in chiusura + 19,2% a
7,15 euro). Fenomeno peraltro non così sorprendente dato che la domanda degli investitori in fase di offerta iniziale era stata pari a 4,2 volte l’offerta e Labomar era stata ammessa giovedì scorso alle negoziazioni con un prezzo di collocamento di 6 euro, cioè con 5 milioni di azioni che hanno portato quasi 30 milioni di nuovo patrimonio. La capitalizzazione è così balzata a 110,9 milioni. «Tutte risorse – ha ribadito ieri Bertin – che dedicheremo alla crescita. Cercando belle realtà magari con una struttura familiare e che la pensano come noi. Aziende piccole animate dallo spirito di migliorarsi: guardiamo all’Europa, magari Francia o Spagna. Anche all’ Italia purché si tratti di player con una buona proiezione sul mercato estero». L’ideale, prosegue, sarebbero aziende che abbiano sviluppato tecnologie che interessino a Labomar, o altri operatori strategici come avvenuto nella recente acquisizione della della canadese ImportFab. Un’operazione condotta interamente da remoto, dato che la pandemia ha reso impossibile qualsiasi accesso fisico al Canada, e che garantisce un accesso privilegiato verso il primo mercato al mondo del settore degli integratori alimentari, cioè quello Usa.
E poi c’è la dimensione dei manager. «Ci sono persone che lavorano con me a 360 gradi e che si mettono in gioco a tutti i livelli, partendo dal basso. Da quando ho conseguito un master in lean management al Cuoa di Vicenza, nel 2017 – prosegue il presidente – abbiamo maturato un modo di operare in cui chiunque ha la possibilità di proporre innovazioni, così come esiste un team dedicato essenzialmente alla ricerca di possibili interlocutori per acquisizioni e fusioni».
La prima metà dell’anno si è chiusa con ricavi pari a 33 milioni di euro, dato che va confrontato con i 56,6 milioni toccati nell’intero arco del 2019, esercizio chiuso con un utile netto di 5,7 milioni. La società di controllo, la Lbm Holding, appartenente alla famiglia Bertin, qualora la greenshoe avanzata con la Ipo fosse praticata integralmente, si troverebbe on il 71,1% del capitale, Il 2,7% e il 6,3%, rispettivamente, appartengono ai fondi Value First e Master Lab, ai quali si aggiungono altri soci già legati a Labomar fra cui la brianzola Fidim
(1,5%), l’imprenditore montebellunese Claudio De Nadai (Bmodel, con lo 0,3%). Nel cda, oltre a De Nadai e a rappresentanti dei due fondi, anche Alberto Baban, presidente della rete di imprenditori Venetwork.