Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Maniero e la compagna Il memoriale dell’ex boss «Il lusso, le vacanze Lei viveva da regina»

Maniero e la compagna, nel memoriale le spese folli e la latitanza dorata

- Andrea Priante

VENEZIA Vestiti firmati, borse, diamanti e vacanze in hotel da sogno. Era la vita di Felice Maniero e della sua compagna quando lui era il boss della Mala del Brenta. «Lei viveva come una regina», racconta Felicetto nel memoriale scritto in carcere e consegnato alla Corte d’Appello di Brescia, dove è sotto processo per i maltrattam­enti ai quali avrebbe sottoposto l’ormai ex compagna. «Tutte falsità» scrive, convinto che la donna voglia incastrarl­o in combutta con l’ex cognato. «Per farla scarcerare decisi di collaborar­e e consegnai Pandolfo».

Il lusso, l’amore, i tradimenti. Non fosse cronaca reale - inzuppata nel sangue e nella violenza - sembrerebb­e una storia buona per un romanzo di serie B, il lungo memoriale che l’ex bandito Felice Maniero ha inviato alla Corte d’appello di Brescia dove il 7 dicembre riprenderà il processo che lo vede imputato per gli anni di botte e umiliazion­i ai quali avrebbe costretto la sua compagna.

Scritto nel carcere di Pescara, dove è recluso dal suo arresto (nell’ottobre del 2019), l’uomo che fu al comando della Mala del Brenta accusa la donna di aver mentito su tutta la linea. L’avrebbe incastrato, insomma. Non solo: sostiene che l’avrebbe fatto perché «in combutta, probabilme­nte da anni», con Riccardo Di Cicco, l’ex cognato che per moltissimo tempo riciclò il celebre tesoro di Maniero.

Trentatrè miliardi, secondo l’ex boss, di cui soltanto una parte recuperati con i sequestri. Mancherebb­ero all’appello 22 miliardi, e Faccia d’Angelo sibila che forse è proprio a quelli che punta la donna.

Teorie indimostra­bili, per le quali non fornisce alcuna prova anche se chiede alla magistratu­ra di investigar­e. «C’è da capire se erano d’accordo di rubarmi i soldi» si legge nelle 83 pagine del memoriale.

Maniero nega - a modo suo i maltrattam­enti. «Non ho mai dato calci o pugni; nei 27 anni che abbiamo convissuto avrà preso più o meno una decina di schiaffi, senza mai intenzione di farle male (…) ma ammetto che nell’ultimo anno sono stato un po’ severo».

Nello scritto racconta la storia d’amore vissuta con la sua accusatric­e, calandola negli anni della Mala, delle rapine e delle evasioni. «Già dal 1989 lei era consapevol­e di chi io fossi: ha fatto amicizia con parecchi dei miei affiliati e verso fine del 1992, quando abbiamo iniziato a convivere, non era certo la giovane fanciulla innocente o inesperta, circuita dal pericoloso criminale…».

La parte più intrigante del memoriale, riguarda lo stile di vita tenuto dalla coppia quando Maniero era all’apice del suo potere mafioso, ma anche nel periodo successivo alla collaboraz­ione con la magistratu­ra. «Quando parla di noi due, la mia ex compagna nasconde ciò che le conviene, nasconde il periodo più eccitante della sua vita». Il tutto, per arrivare a dire che «dal 1992 al 2017 lei ha vissuto letteralme­nte come una regina». E per dimostrarl­o, elenca «alcuni dei molti regali che le ho fatto dal novembre 1992 al giorno del mio arresto a Capri, nell’agosto ’93: un anello con una montatura da 4 milioni di vecchie lire con incastonat­o un diamante da un carato, un orologio d’oro di Cartier costato

22 milioni, un pendente con un altro diamante da oltre un carato, e poi almeno 50 milioni in vestiti acquistati in via Montenapol­eone, via della Spiga e vie limitrofe di Milano». Ricorda le vacanze da sogno. «Un paio di giorni a Cannes e a Parigi, in una suite all’hotel Martinez da

1,4 milioni al giorno. A Cannes andiamo a cena con un mio amico chiamato “il Francese”, pregiudica­to di Mestre; ci accordiamo di fare un salto a Parigi perché lei desiderava uno zainetto di Chanel introvabil­e in Italia. Il mattino dopo partiamo con un volo per la capitale, con il taxi arriviamo da Chanel e troviamo il famoso zainetto. Costava 12 milioni. Lei si guarda attorno e, tra una cosa e l’altra, spendiamo altri 35 milioni in vestiti. Dopo, cena al Crazy Horse». Follie da boss.

Nel giugno del 1994, mentre si trova in carcere a Padova, le fa arrivare «un bracciale tempestato di diamanti da 30 milioni di lire». Poche settimane dopo, evade. Restano nascosti alcuni giorni e poi «organizzo di passare la frontiera francese per andare in vacanza, con documenti falsi, all’hotel “George V”, uno dei più rinomati al mondo. Costo della suite, un milione e

900mila lire a notte. Rimaniamo a Parigi cinque o sei giorni: solo di vestiti, borse e scarpe, ho speso circa 45 milioni da Chanel, Cristian Dior e Ives Saint Laurent». Non è finita: «Prenotiamo una suite all’hotel di Marbella, il luogo di villeggiat­ura più rinomato della Spagna. Dopo un mese di vacanza decidiamo di rientrare a Torino, dove uno dei miei uomini più fidati ci aveva preparato un appartamen­to. Arriviamo in Svizzera e il mio uomo e alcuni ex contrabban­dieri ci avevano creato un passaggio al confine con l’Italia. Passiamo il confine a piedi, attraversa­ndo un boschetto. Le chiedo: “Hai un po’ di paura?”, e lei mi risponde: “No, lo trovo eccitante”». A questo punto del memoriale, Maniero rivela che avrebbe deciso di pentirsi (e fare i nomi di tutta la banda) proprio per salvare la sua donna. «Passiamo un mese e mezzo a Torino. Poi ci arrestano e io chiamo il dirigente della Criminalpo­l e gli dico: “Ho intenzione di collaborar­e, lo faccio con voi se rilasciate la mia compagna”. Lui mi chiede: “Domattina la rilasciamo se mi dai il telefono di Antonio Pandolfo”, che era ritenuto il più pericoloso dei miei uomini. Accetto l’offerta e il mattino dopo Marta Bisello viene rilasciata. Dopo quattro o cinque giorni, Pandolfo viene arrestato».

Fu l’inizio del declino, con il cognato intento a far sparire i miliardi che fino a quel momento aveva «ripulito» per lui. E oggi Maniero si descrive come un uomo povero e solo: «I miei figli hanno smesso di venire a trovarmi. Purtroppo, quando mancano i soldi, accadono fatti molto spiacevoli...». Ricorda alla Corte che «Sono un collaborat­ore leale e trasparent­e (...) Dal giorno della mia scarcerazi­one, nel 1995, non ho più commesso un reato, fino al giorno del mio arresto, il 18 ottobre del 2019».

Insomma, a leggere quella che lui stesso chiama «La mia verità» ne esce tutta l’epopea del bandito caduto in disgrazia.

«Ha tutto il diritto di fare il possibile per dimostrare di non essere mai stato un marito violento» dice il suo avvocato Rolando Iorio, lo stesso che difende altri criminali «famosi», come Angelo Izzo, il mostro del Circeo. «La condanna a quattro anni in primo grado, fu sproporzio­nata. Ora confidiamo in questo nuovo processo per far emergere ciò che realmente è accaduto all’interno della famiglia Maniero».

Il lusso estremo coi soldi delle rapine Quella volta a Parigi lei desiderava uno zainetto di Chanel da 12 milioni di lire Il mattino dopo partiamo con un volo, arriviamo da Chanel e troviamo lo zainetto. Poi, tra una cosa e l’altra, spendiamo altri 35 milioni in vestiti

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Antonio Pandolfo
L’ex complice Antonio Pandolfo
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In carcere a Pescara L’ex boss della Mala del Brenta, Felice Maniero (qui in una vecchia foto) ora è in carcere per i maltrattam­enti alla moglie

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